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HANUMAN


HANUMAN

La bellissima apsara (ninfa celeste) Punjikasthala, per una maledizione del saggio Brihaspati, al quale aveva disobbedito, si era incarnata in una scimmia, Anjana, la figlia del vanara (scimmia) Kunjara.

Nel Ramayana di Valmiky si narra che il re di Ayodhya, Dasharatha, stava svolgendo severe austerità e incessanti riti per ottenere la benedizione di un figlio. Shiva, compiaciuto di quella devozione, fornì al re tre porzioni di cibo sacrificale affinchè le facesse mangiare alle sue tre mogli: Kausalya, Sumitra e Kaikeyi. Ma a Kaikeyi cadde la propria parte di cibo che Vayu, Dio del vento, fece volare fino ad Anjana intenta in preghiera. La giovane mangiò il cibo portato dal vento così concependo Hanuman.

Una volta nato, il bambino si dimostrò subito vivace e vorace; un giorno, vedendo il sole e credendolo un frutto cercò di coglierlo per mangiarlo. Indra si arrabbiò molto per quel gesto e colpì il piccolo con un fulmine gettandolo a terra. Nella caduta il dio scimmia si ruppe la mandibola, da qui il nome Hanuman in quanto hanu in sanscrito significa appunto mascella.

Hanuman è chiamato anche Anjaneya, cioè figlio di Anjana.

Hanuman è forte, veloce e vola come il vento (suo padre), ma a causa di una maledizione di Brahma, che lo punì in quanto disturbava la meditazione di alcuni santi, non è consapevole dei propri poteri fino a che qualcun altro non glieli ricorda come accadde nel Ramayana.
Hanuman è altresì fratello di Bhima, che incontra, in un breve episodio, nel Mahamantra.

Brani su Hanuman

“Brahma riunì tutti i Deva e disse loro:

‘Vishnu vuole aiutarci. A questo scopo è già sceso sulla Terra, e voi dovete aiutarlo nella sua missione. Scendete nel mondo degli uomini e incarnatevi anche voi in forme diverse. Dal ventre delle Apsara producete una razza di Vanara veloci come il vento e invincibili in guerra, e che siano estremamente forti e intelligenti. Agite così, dunque, senza nessun indugio, per il bene della popolazione dell’universo.”

Brahma dette l’esempio: fu il primo e generò Jambavan, il re degli orsi, nato da uno sbadiglio. Indra produsse Vali, che era alto come una montagna; e Vivasvan procreò Sugriva; e Brihaspati l’intelligente Taraka; e Kuvera generò Gandhamadana. Da Visvakarma nacque Nala; e da Agni, Nila; dai due Asvini Kumara, Mahinda e Dvivida; da Varuna, Sushena; e da Paijanya, Sarava. Vayu, il Deva del vento, generò il grande devoto Hanuman. Tutti i grandi Deva e saggi celesti procrearono potenti scimmie e orsi, dai corpi duri come il diamante e valorosissimi in guerra, che velocemente cominciarono a discendere sulla Terra’ (cfr Ramayana).

<Ogni Vanara dichiarò le proprie capacità, ma nessuno si sentì in grado di saltare le ottocento miglia di oceano. Allorché Jambavan intervenne.

“Io sono in grado di saltare ottocento miglia,” disse, “ma non so se poi sarei in grado di tornare.”

“Anch’io so di poter saltare ottocento miglia,” dichiarò poi Angada stesso, “ma non sono sicuro di essere in grado di tornare.”

A questo punto un silenzio agghiacciante scese tra gli eroici Vanara: tutti avevano parlato e nessuno si riteneva capace di una simile impresa. Solo Hanuman non si era ancora pronunciato. Stava seduto in disparte e non partecipava alla discussione. Tutti lo guardavano, ora. Jambavan si avvicinò a lui.

“Hanuman, tu sei capace di saltare ottocento miglia,” gli disse. “Io lo so.”

Hanuman lo guardò, sinceramente stupito.

“Io non ne sono capace. Cosa dici? Come potrei fare una cosa simile?”

“Tu non ricordi chi sei e i poteri che possiedi,” incalzò Jambavan. “Ascoltami pazientemente e ti narrerò la storia della tua gioventù e di come tu l’abbia dimenticata.”

Jambavan gli raccontò tutta la storia e Hanuman ricordò di avere straordinari poteri che gli potevano permettere fantastiche imprese. Così decise di andare a Lanka saltando oltre l’oceano. Salì sul monte Mahendra e si concentrò. Poi fletté le gambe contro il terreno per darsi la spinta e l’enorme montagna gridò di dolore. Dentro di sé Hanuman pensava solo a Lanka (cfr Ramayana).>

< (Draupadi) “Bhima, guarda quanto è bello questo loto, e senti che profumo. Sicuramente è stato portato fin qui dal vento e ce ne dovranno essere molti altri in qualche bosco non lontano. Per favore, procuramene più che puoi, ché voglio piantarli dietro la capanna.”

Dopo tutti i disagi che aveva sopportato, qualche fiore era fin troppo poca cosa per farla felice, così il Pandava le assicurò che gliene avrebbe portati al più presto. Si alzò e andò a cercarli.

Arrivato nel fitto della boscaglia, cominciò a procedere con l’impeto prepotente che gli era peculiare, abbattendo alberi e causando un frastuono tale che spaventava e faceva fuggire gli animali.

Non molto lontano da lì viveva Hanuman.

“Che strano rumore! Chi può essere a fare tutto questo baccano? E’ meglio andare a dare un’occhiata,” pensò.

Saltando di albero in albero arrivò in prossimità di Bhima. Lo vide avanzare con grande velocità, incurante di qualsiasi ostacolo che si frapponeva al suo cammino. Non vi erano dubbi: quella figura possente, che incuteva un senso di timore solo a guardarla, non poteva essere altri che suo fratello, nato dalla stessa energia di Vayu: pensò che sarebbe stato bello per entrambi incontrarsi. Allora si sdraiò in terra fingendo di essere una scimmia vecchia e stanca, che si era addormentata nel mezzo del sentiero.

Quando Bhima lo vide disse:

“Spostati, che devo andare a cercare dei fiori per mia moglie. Non farmi perdere del tempo, lasciami passare. Se ti travolgo ti faccio male.”

“Sono troppo vecchio e stanco e non riesco neanche più a spostarmi. Ma visto che sei giovane e forte fallo tu, oppure se proprio hai così tanta fretta, fa un salto sopra il mio corpo.”

“Non è corretto saltare sopra nessuno,” rispose Bhima, “perchè nel corpo di ogni entità vivente risiede il Signore Supremo nella

forma di Paramatma ed è offensivo passarvi sopra. Ma siccome sei così vecchio ti sposterò più in là.”

Al pensiero di Draupadi che aspettava i fiori di loto e quindi leggermente irritato per quella perdita di tempo, Vrikodara afferrò Hanuman per la coda e con noncuranza si apprestò a trascinarlo; ma quale fu la sorpresa quando si accorse che non riusciva a spostarlo neanche di un millimetro. Stupito da tanto peso, afferrò la coda con ambedue le mani e diede un possente strappo, ma il risultato non fu diverso. Voltatosi verso la scimmia si avvide che questa lo osservava con aria ironica. Bhima allora, al culmine della rabbia, impiegò tutte le sue forze; ma l’esito non fu migliore.

“Chi sei?” gli chiese a quel punto con tono umile. “Tu sembri privo di energie, ma per resistere alla mia forza devi essere qualche deva, o qualche gandharva, o qualche forte asura. Dimmi chi sei”.

La scimmia si alzò in piedi e sorrise.

“Io sono tuo fratello Hanuman, nato dal tuo stesso padre, il deva del vento. Milioni di anni fa aiutai Shri Rama a debellare la peste di treta-yuga. Ormai da molti millenni vivo su queste alture e oggi, appena ti ho visto, ho provato un grande desiderio di parlarti”. Bhima, riconosciuto finalmente il Vanara Hanuman, lo abbracciò con affetto fraterno. Poi si sedettero a parlare. (cfr Mahabharata)>

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