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AJAMILA


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AJAMILA

Ajamila era un giovane brahmana residente a Kanyakubja (la moderna Kanauj). Figlio di brahmana, trascorreva le proprie giornate studiando i Veda e seguendo i principi regolatori.
Di carattere mite, molto rispettoso nei confronti del proprio maestro spirituale e gentile con tutti, riusciva facilmente a tenere sotto controllo la mente ed i sensi.

Un giorno il brahmana incrociò, sulla strada, un sudra, un uomo di quarta classe che, senza vergogna, se ne stava in atteggiamenti affatto corretti con una prostituta. Erano entrambi ubriachi, e ridevano e cantavano all’impazzata. La donna aveva un portamento lascivo ed era quasi priva di vesti.

A questa scena, Ajamila non riuscì più a dominare i desideri lussuriosi che erano rimasti dormienti sino ad allora nel suo subconscio. Tentò disperatamente di riportare alla mente le istruzioni delle Scritture che ingiungono di non guardare le altre donne se si è sposati e di non guardarne affatto se si è brahmacarin, ma Kama-Deva, il deva dell’amore, aveva oramai fatto breccia nel suo cuore.
Quella donna gli era entrata nel sangue e gli aveva fatto perdere completamente i sensi.
In brevissimo tempo, abbandonò la compagnia della giovane e bellissima moglie (proveniente da una rispettabile famiglia di brahmana), tralasciò quelle che erano le attività che gli competevano in quanto brahmana, e prese a sperperare tutti i soldi che gli erano stati lasciati in eredità dal padre, al fine di soddisfare ogni desiderio dell’amata.

Le azioni nefande di Ajamila oramai non conoscevano limiti: pur di guadagnare quanto più denaro possibile, cominciò persino a commettere atti al di là della legalità. La sua era diventata una ricerca esasperata di gratificazione dei sensi, scevra della benchè minima traccia di ravvedimento.
Ajamila aveva la veneranda età di ottantotto anni quando la morte sopravvenne. Al pari di qualunque altro grande peccatore, anche a lui sarebbero dovute toccare le pene degli inferi….
Ajamila aveva dieci figli, l’ultimo dei quali, Narayana, lo aveva avuto in età piuttosto avanzata.
E questo figlio che, in qualche modo, gli aveva fatto rivivere una seconda giovinezza, era il suo prediletto.
Giunto il momento della morte, al suo capezzale comparvero tre figure dall’aspetto spaventoso intenzionate a portarlo al regno di Yamaraja: erano gli Yamaduta, i messaggeri di Yama-Deva.
Appena li vide, il poverino cominciò ad invocare con tutta la voce che aveva in gola il nome di Narayana; sebbene si fosse riferito al figlio, Ajamila aveva in realtà cantato le quattro sillabe del Narayana-Hari-Nama.
Per questo motivo, nel momento in cui gli Yamaduta stavano per strappargli l’anima dal cuore, sopraggiunsero quattro figure celestiali, dagli occhi simili ai petali dei fiori di loto, con indosso vesti di seta gialla, decorate di ghirlande di loto. Avevano la leggiadria e la freschezza della giovinezza in fiore.

Le loro lunghe braccia erano decorate di archi e faretre, di spade, mazze, conchiglie, dischi e fiori di loto. Dai loro corpi emanava uno straordinario fulgore. Erano i Visnuduta, gli abitanti del VaikunthaLoka.
Con voci talmente profonde da ricordare il rombo di nubi cariche di fulmini, i Visnuduta proibirono ai messaggeri di Yama di portare a compimento l’opera iniziata…

Allorchè gli Yamaduta, convinti dai saggi discorsi dei Visnuduta fecero ritorno a Pitrloka, Ajamila, che nel frattempo aveva potuto comprendere l’insania dei suoi gesti passati, decise di trascorrere i suoi ultimi giorni di vita a Hardwar, sulle rive del Gange.

Lì, preso rifugio in un tempio di Visnu, si diede ad un completo servizio di devozione.

Quando la sua intelligenza fu fermamente fissa sulla forma del Signore, abbandonò le sue spoglie mortali e, accompagnato dai Visnuduta, raggiunse Vaikuntha-Loka. (Atmarama das)

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