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SRILA RUPA E SANATANA GOSVAMI


biografia di

SRILA RUPA E SANATANA GOSVAMI

Secondo la tradizione, Kumardev e Revatidevi ebbero una figlia e cinque maschi. Tra questi figli, Sanatana, Rupa (1489-1564), e Ballabha furono rinomati come puri devoti. La loro prestigiosa discendenza come Sarasvati Brahman proveniva originariamente dal Karnataka, nel sud dell’India, ma Kumardev si trasferì a Baklachandradvip (la moderna Barisal), nei pressi di Ramasharai, nel distretto di Jessore nel Bengala orientale. Fu qui che crebbero i tre virtuosi ragazzi. Alcuni studiosi asseriscono che Rupa e Sanatana a quel tempo erano conosciuti rispettivamente come Amara e Santosh. I nomi “Rupa” e “Sanatana” furono conferiti loro molto più tardi da Sri Caitanya.

Quando incontrarono per la prima volta il Maestro, Rupa e Sanatana lavoravano per il ‘Governo Islamico di Occupazione del Bengala’, agli ordini di Nawab Hussein Shah, l’allora imperatore di Gauda. A quel tempo furono conferiti loro i titoli persiani di Dabira Khasa (“segretario privato”) e Sakara Mallika (“funzionario doganale”), ed essi godettero di una grande ricchezza e di prestigio, quali capi politici di un regime in via di sviluppo.

Tuttavia, essi erano avidi studiosi delle Scritture e non dimenticarono mai i piedi di loto del Signore. Erano rinomati in tutta l’India per la loro vasta cultura e l’intensa devozione, anche prima di incontrare Sri Caitanya. Rupa aveva già scritto diversi libri sulla filosofia vedica, tra i quali il suo ormai famoso Hamsadutta, e Sanatana aveva l’abitudine di recitare regolarmente lo Srimad Bhagavatam, versando lacrime di estasi per tutti coloro che volessero ascoltare. Sorge qui spontanea una domanda: Perché questi due fratelli dalla mentalità spirituale, occupavano il loro tempo prezioso in una carriera politica mondana?

Secondo il Bhakti-ratnakara, essi furono chiamati ai loro doveri governativi dal Nawab Hussein Shah, il quale li minacciò di espulsione fisica nonché furono accusati dell’assassinio di devoti virtuosi. Egli sapeva quanto Rupa e Sanatana fossero amati dalla gente comune e come erano conosciuti quali raj-a-shishta (“i re della cultura”) per la loro competenza senza precedenti nella conoscenza delle Scritture. “Se riesco a costringerli al mio servizio,” rifletté il Nawab, “potrò avere miglior fortuna nel ricevere il sostegno della massa”.

A quel punto il Nawab minacciò di causare la distruzione della comunità brahminica. Completamente certi che il Nawab, assetato di potere, avrebbe davvero messo in pratica il suo atroce piano, Dabira Khasa e Sakara Mallika furono ricattati virtualmente a lavorare sotto il regime musulmano. È specificamente descritto che essi avevano “timore dei governanti incivili” (mleccha-bhoja), e quindi accondiscesero ai suoi desideri.

Va comunque compreso che la loro paura non aveva motivazioni personali. Il Bhakti-ratnakara asserisce chiaramente che essi erano piuttosto preoccupati della minaccia del Nawab di causare oppressioni alla società dei vaisnava. Se avessero disobbedito, le ripercussioni sarebbero state terribili. Per conseguenza, furono obbligati ad accettare il servizio alle dipendenze di Hussein Shah. Felicissimo di questa vittoria, il Nawab, conferì grandi ricchezze ai due fratelli, perché essi svolgevano scrupolosamente il loro lavoro.

Kumardeva, il loro padre, pregava per loro, ma nel profondo del suo cuore sapeva che essi erano dei grandi devoti, e Krishna quindi doveva avere qualche piano per loro. Gli stessi Dabira Khasa e Sakara Mallika erano preoccupati, e corrisposero con Sri Caitanya, sperando che Egli avrebbe un giorno concesso loro la Sua compagnia, e magari avrebbe potuto risolvere il loro dilemma.

Rassegnandosi temporaneamente al loro destino, si stabilirono a Ramakeli, un villaggio a circa diciotto miglia a sud-est di Maldah (nel distretto Rajashahi del Bengala settentrionale). Là, essi impegnavano la loro vasta ricchezza per costruire una replica della dimora di Sri Krishna —una “Vrindavana nascosta (gupta)”— completa di luoghi elaborati dove bagnarsi, e dedicarsi a costanti letture riguardanti i divertimenti del Signore. In questo modo, essi cercavano di alleviare la loro “condanna” a funzionari governativi.

Studiando e trasmettendo le Scritture ai loro colleghi musulmani, i due fratelli raggiunsero la competenza nel Sanscrito, nell’Arabo, nel Persiano, e anche in altri dialetti locali. È noto che essi avevano studiato sotto la cura del famoso Sarvananda Vidya Vachaspati (il fratello di Sarvabhauma Bhattacarya) e che la loro conoscenza dell’Arabo e del Persiano fu acquisita con l’aiuto di Syed Fakir-ud-Din, uno stimato erudito e proprietario terriero di Saptagrama. Fu così che essi trascorsero il tempo a Ramakeli, mentre esteriormente (anche se con competenza) si occupavano degli affari di Stato.

Una volta, quando Sri Caitanya decise di recarsi a Vrindavana (nel 1514), Egli si fermò a Ramakeli appositamente per incontrare Dabira Khasa e Sakara Mallika. A quel tempo Egli era accompagnato da migliaia di seguaci che cantavano e danzavano con Lui. Sentendo che Egli era arrivato, i due fratelli fecero dei piani per vederLo. Essendo funzionari musulmani, decisero di raggiungerLo nel cuore della notte, per passare inosservati.

Passando in mezzo alla folla di zelanti devoti, essi incontrarono dapprima Nityananda Prabhu e Haridasa Thakura, i quali informarono immediatamente Sri Caitanya del loro arrivo. Il Maestro fu felicissimo di vedere i Suoi due eterni associati, ed essi, a loro volta, furono felicissimi di vedere Lui.
Come simbolo della loro umiltà, entrambi i fratelli raccolsero alcuni fili d’erba e li misero tra i denti. Cadendo ai piedi di loto di Sri Caitanya, piansero per la gioia sconfinata. Erano finalmente riuniti col loro Signore e salvatore, e sapevano che ora Egli avrebbe messo fine alla loro condizione agli ordini di Hussein Shah.

Rialzandosi da terra, Dabira Khasa e Sakara Mallika (era presente anche il loro fratello minore Ballabha) offrirono sincere preghiere a Sri Caitanya: “Tutte le glorie a Sri Caitanya Mahaprabhu! Tu sei il più misericordioso salvatore di tutte le anime cadute. Tutte le glorie alla Tua Suprema Personalità!”
“Noi apparteniamo alla categoria più bassa di uomini,” continuarono, “e anche i nostri compagni e la nostra occupazione lo sono. Per questo troviamo strano presentarci a Te. Siamo intimiditi, perché Tu sei così puro. Caro Signore, permettici di informarti che non esistono peccatori più grandi di noi, né offensori simili a noi. Poiché Tu Ti sei incarnato in modo specifico per liberare le anime cadute, Ti preghiamo, considera che non esiste nessuno che sia caduto più in basso di noi due, perché siamo peggiori di Jagai e Madhai.” I due fratelli si presentarono umilmente davanti a Sri Caitanya in questa maniera.

Quando essi si paragonarono a Jagai e Madhai, due dei ricettacoli più peccaminosi della misericordia del Signore, Sri Caitanya disse loro: “Voi due fratelli siete Miei eterni servitori. Da oggi, i vostri nomi vengono cambiati in Sri Rupa e Sri Sanatana. Ora vi prego, abbandonate la vostra umiltà, perché il Mio cuore si spezza nel vedervi tanto umili.” Sri Caitanya iniziò così i Suoi due più grandi seguaci sul sentiero del vaisnavismo Gaudiya. Egli continuò: “Avete scritto molte lettere che dimostravano la vostra umiltà. Io posso discernere il vostro reale livello di avanzamento da quelle lettere. Per inciso, Io non avevo alcun impegno a Ramakeli, sono venuto qui appositamente per voi due.” Assicurando Rupa e Sanatana che il loro impegno mondano nel Governo di Hussein Shah sarebbe terminato presto, li consigliò di tornare a casa e di non preoccuparsi del proprio futuro. Ora che erano davvero arresi, il loro futuro era nelle mani di Krishna.

“Vita dopo vita”, disse Sri Caitanya, “voi siete stati Miei eterni servitori. Sono sicuro che Krishna vi libererà molto presto.” Il Maestro, quindi, pose le Sue mani sul loro capo. Sentendosi mortificati per questo gesto, essi caddero di fronte a Lui e posero i Suoi piedi, al posto delle mani, sul loro capo. Poi Sri Caitanya li abbracciò e chiese a tutti i devoti di versare la loro misericordia su di loro.
Prima di andarsene, Rupa e Sanatana espressero preoccupazione per Sri Caitanya che doveva continuare lungo la Sua strada verso Vrindavana. Essi Lo avvisarono che Hussein Shah, sebbene rispettoso, era comunque preoccupato del proprio potere politico e avrebbe potuto causare delle noie a un potente predicatore religioso come Sri Caitanya, specialmente se avesse scoperto che i suoi due uomini migliori avrebbero presto lasciato il suo servizio proprio a favore di tale predicatore.

Vedendo che questo argomento non aveva scoraggiato Sri Caitanya, essi Gli ricordarono che non si confaceva all’etichetta di un sannyasi viaggiare verso un luogo santo come Vrindavana con un grande seguito. Questa considerazione finale fu sufficiente a convincerLo, e Sri Caitanya presto tornò a Puri. Naturalmente, dopo diversi mesi, il Maestro cercò ancora di recarsi a Vrindavana e Vi giunse senza incidenti.

Sri Rupa Gosvami e suo fratello minore Ballabha (che Sri Caitanya aveva chiamato “Anupama”), a quel punto riuscirono a rinunciare al mondo e a vivere come mendicanti erranti. Sanatana Gosvami, da parte sua, era ancora legato dai suoi precedenti impegni nell’amministrazione del Nawab, e non fu in grado quindi di lasciare il suo posto nello stesso momento dei suoi entusiasti fratelli minori.

Recandosi a Prayag (l’odierna Allahabad), Rupa e Anupama incontrarono ancora una volta Sri Caitanya, perché stavano diffondendo il Suo messaggio in quel distretto, ed Egli stava tornando a Puri dopo il Suo riuscito pellegrinaggio a Vrindavana. Traendo vantaggio dal felice incontro, per dieci giorni Egli istruì i due fratelli sulla krishna-tattva, la Verità definitiva riguardante Sri Krishna; sulla bhakti-tattva, la verità riguardo alla devozione per Krishna e sulla rasa-tattva, la verità che si riferisce all’amorosa devozione trascendentale con Krishna.

Appena incontrarono Sri Caitanya Mahaprabhu, ancora una volta mossi dalla più grande umiltà, essi offrirono una memorabile preghiera:

namo maha-vadanyaya, krishna prema pradaya te
krishnaya-krishna-caitanya, namne gaura-tvise namah

“Offro il mio rispettoso omaggio all’avatara più misericordioso, che distribuisce liberamente il puro amore per Dio. Egli è Krishna Stesso nella forma di Sri Caitanya Mahaprabhu, chiamato anche Gauranga perché il Suo corpo ha il colore dell’oro fuso”.

Compiaciuto di questa preghiera, Sri Caitanya iniziò a istruire Rupa e Anupama: “L’oceano delle relazioni spirituali nell’ambito del servizio devozionale è tanto grande che è impossibile descriverlo completamente. Nessuno è in grado di calcolarne l’estensione e la profondità. È solo per aiutarvi a valutare le sue incalcolabili dimensioni che ne dividerò una goccia con voi.” Quindi, egli procedette descrivendo la natura dell’anima con particolari precisi, sostenendo le Sue affermazioni con riferimenti tratti dalla letteratura vedica.

Sri Caitanya spiegò che le dimensioni dell’anima spirituale sono molto, molto minute: un decimillesimo della punta di un capello. Queste esseri viventi infinitesimali sono di numero illimitato e si distinguono in due categorie: esseri mobili e immobili. Gli esseri mobili sono divisi in specie umane e non-umane, e le specie umane sono ulteriormente divise in culture civilizzate e incivili. Coloro che seguono i principi spirituali, in particolare come sono enunciati nella cultura vedica, sono considerati civilizzati. E tra questi, molti sono soltanto praticanti superficiali.

Tra i seri seguaci della cultura spirituale, la maggior parte si interessa al massimo della salvezza personale (quando non è interessata a vere e proprie ricerche di carattere materiale, paragonabili soltanto a confetti ricoperti di un aroma spirituale). Tra queste, precisò Sri Caitanya, è davvero rara la persona che progredisce abbastanza da porre domande utili per avanzare verso il fine supremo della vita. Tra i molti milioni di questi individui spiritualmente maturi, uno riuscirà veramente a ottenere la salvezza autentica. E tra milioni di queste anime particolarmente fortunate, sono molto poche a raggiungere il livello della pura devozione.

Sri Caitanya scelse di sviluppare questo importantissimo punto: Quando gli illimitati esseri viventi vagano nei molteplici universi materiali, vita dopo vita in differenti specie, proseguono nella loro ricerca senza fine di pace e di felicità. A volte essi godono di piaceri paradisiaci, e a volte soffrono di tormenti infernali. Se però, un’anima diventa una di quelle poche fortunate, e coglie l’opportunità di associarsi con un maestro spirituale autentico (un puro devoto che fa parte della successione di maestri), a quel punto riceve l’ambíto bhakti-lata-bija, ossia il seme del puro servizio devozionale (che viene così radicato saldamente nel suo cuore).

Rupa e Anupama gustavano queste spiegazioni, e quindi il Maestro delucidò ulteriormente: “Una persona tanto fortunata”, disse Sri Caitanya, “deve curare attentamente il seme della devozione come fa un giardiniere competente. Egli lo deve annaffiare regolarmente con l’ascolto e col canto delle glorie di Sri Krishna. Gradualmente, il santo seme germoglia e la pianticella del servizio devozionale cresce e cresce, perforando le pareti del nostro universo condizionato, e proiettando quella persona nel mondo spirituale”.

“Quando l’anima che incorpora la pianticella della devozione giunge infine a Goloka Vrindavana, la più elevata dimora di Sri Krishna, produce un’abbondante quantità di prema-phala, i frutti dell’amore divino. Questi doni eterni sostengono l’intera manifestazione cosmica e sono gli unici oggetti che offrono il vero piacere, sia per l’essere vivente sia per Dio, la Persona Suprema.”
Rupa e Anupama furono poi messi in guardia affinché, coltivando la pianticella della devozione, il candidato al puro servizio di devozione sia attento a non commettere offese ai vaisnava. Queste offese sono paragonate a un elefante impazzito che sradica la pianticella devozionale, facendola soffocare e morire. Il giardiniere spirituale deve imparare a proteggere la sua pianticella devozionale dall’offesa dell’elefante impazzito.

Sri Caitanya descrisse un altro possibile pericolo sulla via della devozione: Le erbacce dei desideri materiali possono anche crescere accanto alla pianticella della devozione. Le varietà sottili e grossolane di tali erbacce sono illimitate, e il giardiniere deve fare attenzione a non nutrirle mentre annaffia la sua pianticella devozionale. Ascoltando questa analogia della “pianticella devozionale”, la comprensione spirituale di Rupa e Anupama parve sbocciare.

Sri Caitanya usò anche l’analogia dello “zucchero” per spiegare ulteriormente i progressivi livelli di prema, l’amore per Dio. Dapprima vi è il seme della canna da zucchero e poi la pianta della canna da zucchero. Dalla pianta, si può estrarre il dolce succo della canna da zucchero. Quando questo succo viene bollito, diventa melassa liquida e, quando viene ulteriormente cotto, diventa melassa solida. Questa melassa si trasforma poi in zucchero e, alla fine, in zucchero candito. In questo modo, lo zucchero si sviluppa gradualmente da uno stato grezzo a uno stadio raffinato. Similmente, l’amore per Dio evolve in questi stadi accuratamente tracciati, e ognuno di essi è più condensato del precedente.

Sviluppando scientificamente ognuno di questi stadi e utilizzando una complessa terminologia sanscrita, Sri Caitanya spiegò poi ai due fratelli che il puro amore culmina nella realizzazione spirituale, e a questo punto l’anima comincia a ristabilirsi nella propria relazione originale con Krishna. Queste relazioni (rasa-tattva) esistono nelle cinque forme principali: santa-rati, apprezzamento neutrale del Signore; dasya-rati, attaccamento in forma di servizio; sakhya-rati, attaccamento in forma di amicizia; vatsalya-rati, attaccamento di affetto parentale; e madhurya-rati, attaccamento di amore coniugale. Questa teoria dei rasa venne più tardi sistematizzata da Rupa Gosvami nel Bhakti-rasamrita-sindhu e sviluppata ancor di più nell’Ujjvala-nilamani.

Poi, Sri Caitanya spiegò a Rupa e ad Anupama che l’attaccamento a Krishna si trova sia nella forma di timore reverenziale sia nella forma del puro amore spontaneo. Questa discussione era simile, per contenuto, alle Sue conversazioni con Vyenkata Bhatta, il padre di Gopala Bhatta Gosvami. L’attaccamento secondo timore e reverenza, Egli disse, si trova su tutti i pianeti spirituali del regno di Dio.

Tuttavia, vi è un eccezione, e Sri Caitanya fu rapido nel sottolinearlo. Questa eccezione si trova a Goloka Vrindavana, il più elevato dei pianeti spirituali. Su altri livelli spirituali le opulenze del Signore sono preminenti, e il servizio devozionale in neutralità e in servitù predominano. Ma a Goloka Vrindavana le relazioni preminenti con Sri Krishna sono quella fraterna, parentale, e coniugale —cioè quelle relazioni intime che sono in realtà impedite dai sentimenti di timore e reverenza. I devoti di Goloka, sperimentano l’illimitata opulenza del Signore, ma non ne sono intimoriti, perché la loro enfasi si basa su una relazione naturale d’amore e spontanea per Krishna.

Ogni successivo grado d’amore è caratterizzato dal mantenimento delle qualità dello stadio precedente, oltre a un aumento dei sentimenti di intimità col Signore. Il servizio, per esempio, include la neutralità, e l’attaccamento fraterno include sia elementi di neutralità sia elementi di servitù. A differenza del servizio e della neutralità, tuttavia, la fraternità di solito è priva di formalità e di venerazione, almeno ai livelli più intimi. La stessa cosa è vera per l’amore parentale e coniugale.
I devoti situati nell’attaccamento di amore parentale, oltre a possedere i sentimenti di neutralità, di servizio e amicizia, possono anche pensare a sé stessi come a coloro che mantengono il Signore. Infatti, questa relazione è apportatrice di un dolce gusto per Krishna mentre Egli permette al Suo devoto di prendere una posizione estremamente responsabile. A questo punto, Egli si fida illimitatamente di loro e Si rimette alle loro cure senza riserva alcuna.

Tutte e quattro le relazioni menzionate prima culminano nella relazione d’amore coniugale. Qui l’attaccamento fondamentale a Krishna, il servizio a Lui, il sentimento intimo di fraternità, e la matura concezione di mantenimento, aumentano tutti in intensità, e l’amore romantico regna supremo. Il lettore deve essere avvertito, tuttavia, che “l’amore” di cui discutiamo non è del genere a cui siamo abituati nel mondo di nascita e morte. L’amore spirituale, così come viene descritto da Sri Caitanya, non conosce la carnalità, la superficialità e la transitorietà che sono caratteristiche “dell’amore” all’interno della sfera materiale. Per contrasto, il rasa coniugale è completamente spirituale, intensamente profondo ed eterno. Questo livello di amore divino è tanto elevato che Sri Caitanya disse a Rupa e ad Anupama che esso non può essere pienamente descritto. Ciònonostante, tutti e tre gustarono un’immensa estasi spirituale appena toccarono questo argomento, e più tardi, a Sri Rupa fu conferito il titolo di “Rasacarya” in riconoscimento della sua padronanza nella teologia dei rasa.

Sri Caitanya concluse così le Sue istruzioni a Rupa e Anupama dicendo: “Vi ho dato soltanto una visione generale delle verità del servizio devozionale. Considerate voi come adattare ed estendere tutto ciò. Quando si pensa a Krishna costantemente, l’amore per Lui diventa palese all’interno del cuore. Sebbene una persona possa essere ignorante, grazie alla misericordia di Sri Krishna e dei Suoi rappresentanti può raggiungere la riva dell’oceano dell’amore spirituale”.

Dopo questi dieci giorni trascorsi assieme, Rupa e Anupama non volevano allontanarsi dal Maestro. Essi Lo accompagnarono fino a Benares e Lo supplicarono di procedere fino a Puri. Ma Sri Caitanya chiese loro di visitare prima Vrindavana e di incontrarLo in seguito a Puri, dopo aver attraversato il Bengala. Obbedendo alla richiesta del Maestro, i due fratelli si recarono a Vrindavana e, dopo una breve permanenza, decisero che era il momento di incontrarsi con Lui a Puri. Durante il cammino Anupama lasciò questo mondo. Mentre viaggiava verso Puri Rupa Gosvami pensò per la prima volta a una commedia teatrale come mezzo proficuo per trasmettere i divertimenti di Krishna.

Preparando uno schema di base per questa rappresentazione, egli scrisse un abbozzo per una recita imperniata sulle attività di Krishna come pastorello a Vrindavana e come re a Dvaraka. Subito dopo aver iniziato questo lavoro, Rupa giunse in un villaggio conosciuto come Satyabhamapur (in Orissa). Quella sera, egli ebbe un sogno in cui una donna bellissima gli era apparsa per chiedergli di scrivere una sceneggiatura separata per lei. Il mattino seguente egli realizzò che si trattava di Satyabhama, la regina di Krishna, che gli chiedeva di scrivere due commedie separate: una sui divertimenti del Signore a Vrindavana e l’altra sui divertimenti di Dvaraka.

Quando finalmente Rupa Gosvami raggiunse Puri, mostrò gli schemi per queste due commedie a Sri Caitanya, il quale ribadì che tra i divertimenti di Krishna a Vrindavana e quelli di Dvaraka vi è una grande differenza, ed era quindi preferibile descriverli in due testi diversi. I divertimenti di Vrindavana mostrano l’intimo aspetto madhurya del Signore, mentre i maestosi divertimenti di Dvaraka sono caratteristici del Suo aspetto aisvarya. Unirli sarebbe stato un inopportuno miscuglio di rasa.

La Caitanya-caritamrita descrive il grande piacere di Sri Caitanya e di Ramananda Raya nel leggere la prima stesura dell’opera di Rupa Gosvami. Ma dobbiamo far notare qui che i libri furono terminati più tardi negli anni. I divertimenti di Vrindavana furono completati nel 1532 e intitolati Vidagdha-madhava. L’episodio della vita di Krishna a Dvaraka fu completato nel 1546 e fu intitolato Lalita-madhava. I Gaudiya vaisnava oggi considerano questi due libri la letteratura più importante in lingua sanscrita.

Prima di descrivere il lavoro di Rupa Gosvami per esteso, è significativo notare che egli rimase a Puri per dieci mesi con Sri Caitanya e ricevette ulteriori istruzioni a proposito della scienza di Krishna. Poi, dopo aver saputo da Sri Caitanya che egli doveva recarsi nella santa terra di Vrindavana a scoprire i luoghi santi celati, a stabilire importanti templi e, a scrivere libri a proposito della filosofia che Egli gli aveva trasmesso, Sri Rupa partì per adempiere la missione del suo Maestro.

Egli attraversò il Bengala e ritardò di dodici mesi interi. Sentendo che la sua rinuncia al mondo poteva causare inconvenienti alla sua famiglia e ai suoi parenti, Sri Rupa decise di dividere la propria ricchezza per dare loro una certa sicurezza. Donò inoltre una vasta porzione della sua ricchezza alla comunità brahminica e ai templi del Bengala. Le azioni legali dovettero richiedere molto tempo perché egli giunse a Vrindavana più di un anno dopo.

Sebbene ciò sia stato oggetto di controversie, è stato asserito che poco dopo il suo arrivo, Sri Rupa Gosvami installò una Divinità di Vrindadevi, una dea che “non solo porta il nome della città, ma era anche considerata un aspetto personificato di Krishna.” Vrindadevi, infatti è conosciuta come la proprietaria di Vrindavana ed è un incarnazione di una gopi della categoria sakhi. Poiché appare preminentemente nei divertimenti quotidiani di Krishna (asta-kaliya-lila) e negli scritti dei sei Gosvami, si deve concludere che Vrindadevi è una compagna molto intima di Krishna. Lo storico F.S. Growse afferma che la Divinità in origine era ubicata nell’attuale seva-kunja, nei pressi del centro di Vrindavana. La tradizione narra, però, che la Divinità di Vrindadevi in origine si trovava nel luogo che in seguito avrebbe sostenuto il tempio della Divinità Govindadeva di Rupa Gosvami: Oggi, questa Divinità di Vrindadevi si può ammirare al tempio di Madhan-mohan (da non confondere con il tempio di Sanatana Gosvami) in Kamyavan (nella Vraja occidentale).

Adempiere il desiderio di Sri Caitanya fu difficile all’inizio, e Sri Rupa lamentava la sua incapacità di farlo; Lokanatha e Bhugarba erano stati inviati a Vrindavana molto prima, ma non avevano ricevuto sostegni di rilievo. Così, mentre stava seduto sulle rive del fiume Yamuna, Rupa pensò alla difficoltà che gli si presentava dinanzi. Proprio allora, gli si avvicinò un ragazzino che gli chiese la ragione del suo sconforto. Egli raccontò al ragazzo della missione di far rivivere Vrindavana come luogo di pellegrinaggio vaisnava e come quartier generale del Movimento. Inoltre, informò il ragazzo della sua missione di costruire meravigliosi templi per l’adorazione di Radha e Krishna, e di fondare una comunità culturale e letteraria per la produzione di una teologia sistematica.

Dopo aver ascoltato l’elaborata spiegazione di Sri Rupa Gosvami, il ragazzino gli fece segno di seguirlo e condusse Sri Rupa a una collinetta. ”Dentro”, egli disse al Gosvami, “c’è la magnifica Divinità di Govindadeva, installata quasi cinquemila anni fa da Vraja, il pronipote di Sri Krishna. Durante una delle invasioni musulmane, gli abitanti del villaggio avevano seppellito la Divinità in questa collina per prevenire la Sua distruzione, ma in seguito la Divinità andò perduta.

“Ogni giorno”, continuò il ragazzo, “una grande mucca viene in questo luogo e versa il proprio latte su tutta la collina. In questo modo, il latte filtra nel terreno e Govindadeva gusta il Suo pasto quotidiano. ”Dopo aver descritto questa storia miracolosa a Sri Rupa Gosvami, il ragazzino scomparve. Piuttosto scettico, Rupa si recò in quello stesso luogo il mattino seguente, proprio per vedere se una mucca arrivava a versare il suo latte su tutta l’area. Con sua sorpresa, una mucca arrivò davvero e l’evento si verificò proprio come gli aveva narrato il ragazzo. Esaltato, Rupa chiamò diversi abitanti del locale villaggio per scavare in quel luogo, perché ormai era convinto che la Divinità di Govindadeva era sepolta lì.

Dopo un grande sforzo, essi alla fine trovarono la Divinità, e seguendo le direttive di Rupa Gosvami, furono entusiasti di erigere un tempio e di iniziare l’adorazione appropriata. I vrajavasi erano grati a Rupa Gosvami per aver iniziato questa ricerca di Govindadeva e divennero presto suoi rigidi seguaci. Rupa allora inviò a Puri le notizie che la sua missione a Vrindavana era in corso, e dopo averlo saputo Sri Caitanya inviò felicemente Kasisvara Pandit e altre persone ad assisterlo.

Col patrocinio del famoso imperatore Akbar, venne presto costruito il tempio, tempio che però non poté essere completato fino al 1590 (come afferma l’iscrizione sul tempio stesso) se non addirittura fino al 1593,27 cioè alcuni anni dopo la dipartita di Rupa Gosvami da questo mondo. La costruzione di questo tempio, tuttavia, conferì un grande successo alla missione di Rupa Gosvami, il quale convinse perfino il potente Maharaja Man Singh di Amber (Jaipur) a donare enormi quantità di pietra arenaria rossa e a diventare, alla fine, un discepolo degno di nota (sebbene alcuni affermino che in realtà egli era un discepolo di Raghunatha Bhatta Gosvami —ma anche a questo proposito c’è una polemica). I devoti e i loro templi prosperarono durante i molti anni della costruzione del tempio di Govindadeva.

Molto più tardi, al principio del diciottesimo secolo, durante un’invasione musulmana guidata dal tiranno Aurangzeb, il tempio venne distrutto e la Divinità, per protezione, fu trasferita a Jaipur (dove è ancora attualmente adorata). Nel tempio originale di Govindadeva a sette piani, i piani superiori furono completamente distrutti. Soltanto l’enorme, cruciforme maha-mandap rimase intatto. Questo monumento residuo, tuttavia, ha un elevazione pari a quella dei molti piani che si trovano alla sua destra, e contiene arcate aperte e una cupola a volta, costituita di archi appuntiti che si intersecano.

Con i suoi archi accentrati e le sue aperture, il tempio di Govindadeva è stato glorificato per la sua struttura, come una innovazione nel campo dell’architettura. Storici ed esperti dello sviluppo architettonico lo hanno definito “l’edificio più interessante ed elegante che l’India induista abbia mai prodotto, quantomeno nell’India settentrionale, e l’unico forse, da cui un architetto europeo potrebbe certo trarre qualche piccola idea innovativa”.

Se il tempio di Sri Rupa fu una testimonianza della sua dedizione e devozione, ancor di più lo fu la sua attività letteraria. La Caitanya-caritamrita menziona in maniera specifica che Sri Caitanya potenziò il Gosvami per compiere questo imponente sforzo. Per conseguenza, egli compilò molti volumi imponenti, dei quali sedici sono considerati i più importanti. In totale egli scrisse almeno 10.000 versi! Le opere più famose sono Vidagdha-madhava, Lalita-madhava, Bhakti-rasamrita-sindhu, Ujjvala-nilamani, Upadesamrita, Dana-keli-kaumudi, e Laghu-bhagavatamrita. Di queste molte opere si fa cenno più avanti.

Come è stato affermato in precedenza, i due testi teatrali, Vidagdha-madhava e Lalita-madhava, trattano rispettivamente dei divertimenti di Krishna a Vrindavana e a Dvaraka. Le indicazioni segrete e i rasa esoterici per questi testi teatrali furono divulgati da Sri Caitanya Stesso quando Egli a casa di Chandrasekara Acarya, recitò in alcune esibizioni teatrali per il piacere dei devoti. Questi testi teatrali sono stati esposti minuziosamente dai biografi autorizzati di Sri Caitanya e furono di ispirazione per Rupa Gosvami durante la stesura della sua letteratura drammatica.

Come è stato affermato, il Vidagdha-madhava descrive gli intimi divertimenti di Radha e Krishna a Vrindavana. Secondo Rupa Gosvami, la Coppia Divina nei Suoi divertimenti è assistita da Paurnamasi, che agisce dall’inizio alla fine come una scrupolosa servitrice. Il tema primario della commedia si concentra sulla preoccupazione essenziale che il marito di Radharani potesse allontanarLa da Sri Krishna, creando così un serio ostacolo alla Loro unione. Candravali, inoltre, cerca di competere con Radharani per l’affetto di Krishna. La rappresentazione permette così di sperimentare l’intima turbolenza di un altrimenti felice rasa coniugale. Ciò nonostante, essa rassicura il pubblico della vittoria finale, che è praticamente inevitabile nelle relazioni spirituali. L’intera recita è completata in sette atti.

Il Lalita-madhava è stato brevemente sintetizzato da Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada nel modo seguente:

“Il Lalita-madhava è una descrizione dei divertimenti di Krishna a Dvaraka. Da questi racconti fu tratta un’opera teatrale, e l’opera fu terminata nell’anno 1459 Sakabda. La prima parte parla delle feste della sera, la seconda dell’uccisione di Sankacuda, la terza della pazzia di Srimati Radharani, la quarta di Radharani che va incontro a Krishna, la quinta del successo di Candravali, la sesta del successo di Lalita, la settima dell’incontro a Nava-Vrindavana, l’ottava del godimento a Nava-Vrindavana, la nona dell’osservazione di figure e la decima della completa soddisfazione della mente. L’opera teatrale si divide dunque in dieci parti”.

A proposito di questi due atti teatrali, la Caitanya-caritamrita afferma: “Sri Rupa Gosvami compilò due importanti opere teatrali intitolate Vidagdha-madhava e Lalita-madhava, che permettono di assaporare tutto il nettare emanante dai divertimenti di Sri Krishna.” Questa non è una pretesa di poco conto, ma i Gaudiya vaisnava, dal tempo dei sei Gosvami fino ad oggi, accettano questa conclusione.

Forse ancor più importanti di queste due opere teatrali, tuttavia, sono il Bhakti-rasamrita-sindhu e il suo Ujjvala-nilamani. A proposito di essi, la Caitanya-caritamrita afferma: “Srila Rupa Gosvami scrisse molti libri, il più famoso dei quali è il Bhakti-rasamrita-sindhu. Da quel libro si può comprendere l’essenza del servizio devozionale a Krishna e la dolcezza trascendentale che può derivare da quel servizio. Srila Rupa Gosvami ha compilato anche un importante libro intitolato Ujjvala-nilamani, grazie al quale è possibile comprendere, fino ai limiti più reconditi, le relazioni amorose di Sri Sri Radha e Krishna”.

È in questi libri che egli sviluppa il suo bhakti-rasa-sastra a beneficio di tutta l’umanità. Nel paragonare queste ultime due opere ai due testi teatrali, David Haberman afferma:

“Quando giungiamo alla teoria dei rasa di Rupa Gosvami, ci troviamo in un contesto completamente diverso. Per Rupa esiste solo un testo teatrale che può produrre il rasa reale —la divina recita di Krishna. Quando l’analisi si trasforma in un’opera teatrale singola, che è ritenuta essere la stessa realtà suprema, ne derivano cambiamenti significativi. L’enfasi per Rupa non è per l’abilità dell’opera teatrale generica di elevare una persona dall’esperienza quotidiana —ma riguarda in profondità i mezzi grazie ai quali si riesce a partecipare alla rappresentazione reale. Per i veri Gaudiya vaisnava la salvezza giunge a essere definita una partecipazione eterna in questa commedia assoluta.

Il Bhakti-rasamrita-sindhu, in realtà, è un’analisi scientifica propria del modo di “partecipare all’eterna rappresentazione della vita spirituale. In esso, Rupa Gosvami delinea chiaramente il graduale sviluppo del bhakti-rasa, dal più pratico stadio della sadhana-vaidhi-bhakti (seguire le norme e le regole fondamentali) alla raganuga-sadhana-bhakti, nel corso della quale si imparano a seguire le orme dei puri e trascendentali associati di Sri Krishna —gli abitanti del mondo spirituale (seguire queste orme con il preciso intento di ottenere l’accesso al Regno Divino). Ciò è di nuovo espresso chiaramente da Haberman:

“Per sperimentare il bhakti-rasa, il bhakta (“il devoto”) si trasferisce sul palcoscenico della recita che trasforma il mondo. Nel sistema religioso di Rupa, Krishna diventa il compagno teatrale del bhakta; Egli è l’eroe (nayaka) della recita finale. Il bhakta individuale si riferisce a Lui personalmente assumendo una parte teatrale in quella recita. Il mondo intero, o almeno tutto quello di Vraja (il quale, dalla corretta prospettiva spirituale, equivale alla stessa cosa), diventa un palcoscenico sul quale recitare la propria parte; così la religione diventa teatro e recitare diventa un mezzo di salvezza. Rupa aveva bisogno di un concetto teatrale per descrivere il suo sistema religioso, e quel concetto era rapidamente accessibile. Utilizzando i componenti della teoria del bharata-rasa, Rupa riuscì ad esprimere la sua interpretazione della bhakti con l’aggiunta di sofisticati ragionamenti”.

Tutto ciò è abbastanza vero, ma bisogna precisare che, proprio come la teoria dei rasa non ha avuto origine con Sri Rupa, non ebbe nemmeno origine con Bharata Muni. La sua origine non è, come vorrebbe farci credere qualcuno, ristretta a una semplice teoria estetica o a un linguaggio teatrale. Il concetto dei rasa è eterno, come lo è ogni aspetto della Verità Assoluta, e può essere rintracciato nelle più remote parti della letteratura vedica.

La Tattiriya Upanisad (11.7), per esempio, dichiara enfaticamente: “Raso vai saha”, dimostrando che la relazione trascendentale (rasa) è sempre stata una parte integrale della comprensione spirituale. La migliore cultura moderna asserisce che la teoria dei rasa non ebbe inizio nel Natya-sastra di Bharata e non venne mai “ristretta specificamente all’esperienza estetica, ma possiede sfumature spirituali, metafisiche, e metaforiche”.

Gradualmente, Bharata Muni incorporò questi ideali nel suo Natya-sastra e alla fine esso fu utilizzato da Rupa Gosvami, almeno in base alla terminologia fondamentale. Proprio come Bharata Muni descrive dodici rasa —cinque primari e sette secondari— così fa anche Rupa Gosvami. Il paragone però si riduce a questo. Rupa Gosvami lo sviluppò in una complicata scienza spirituale, e ciò si riflette nel suo Bhakti-rasamrita-sindhu. Attualmente non esiste una buona edizione inglese di quest’opera, ma Il nettare della devozione di sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada è un eccellente studio riassuntivo.

La Ujjvala-nilamani riprende dove il Bhakti-rasamrita-sindhu si interrompe. I concetti di questo classico spirituale sono sintetizzati brevemente ma in modo eloquente da Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada:

“C’è anche un libro intitolato Ujjvala-nilamani, un trascendentale racconto d’amore che contiene metafore, similitudini e i più alti sentimenti della bhakti. Il servizio devozionale nell’amore coniugale, che è descritto molto brevemente nel Bhakti-rasamrita-sindhu, è trattato in modo particolareggiato nell’Ujjvala-nilamani. Questo libro parla delle diverse categorie di amanti, delle loro assistenti, e di coloro che sono molto cari a Krishna. C’è anche la descrizione di Srimati Radharani e di altre amanti, e anche dei leader dei diversi gruppi. Si parla inoltre dei messaggeri, dei compagni costanti, e anche di altre personalità molto care a Krishna. Il libro riferisce anche il procedimento per risvegliare l’amore per Krishna e descrive l’estasi, la posizione devozionale, l’estasi permanente, l’estasi disturbata, l’estasi costante, le differenti posizioni di differenti abiti, i sentimenti di separazione, l’attrazione preliminare, la collera nell’attrazione, le diversità nei rapporti d’amore, la separazione dall’amato, l’incontro con l’amato, e il piacere indiretto e diretto tra l’amante e l’amato. Tutto ciò è spiegato con abbondanza di particolari.

In questa, la sua opera più sviluppata, Rupa Gosvami descrive chiaramente i vari livelli dell’amore divino. Madhurya-rati, l’amore per Dio, può infatti manifestarsi in uno qualunque dei cinque rasa, ma è sviluppato specialmente nel rasa coniugale. Perciò è questa relazione particolare il centro dell’Ujjvala-nilamani. I vari livelli dell’amore divino sono delineati brevemente nel modo seguente: dopo i rigori della vaidhi-sadhana-bhakti e della raghanuga-sadhana-bhakti, il cuore viene offerto al Signore nella devozione totale e ci si trova ad essere nuovamente ristabiliti nella propria relazione eterna con Lui. Questo è preman, che viene definito ancor più chiaramente come il legame maturo delle emozioni d’amore (bhava-bandana) tra l’uomo e Dio.

Sperimentato in vari stadi, preman può essere sviluppato completamente (praudha), mediamente (madhya), o leggermente (manda). Ogni livello conduce a quello successivo e culmina in sneha, che si riferisce al totale scioglimento del cuore. Proprio come si produce il burro chiarificato (ghee) facendo emergere tutte le impurità, sneha è quel livello in cui il cuore si fonde come burro a causa dell’intenso affetto per Krishna.

Dopo questo livello c’è mana, ossia il livello estremamente avanzato in cui si può davvero percepire un senso di indignazione dovuto all’affetto insoddisfatto. Questo è un “trucco amoroso” che Krishna gioca ai Suoi devoti, accrescendo invariabilmente il loro attaccamento per Lui.

Esso conduce a pranaya, una vicinanza amorosa nella quale si desidera portare Krishna nella propria esclusiva confidenza. Nessun altro potrà farlo. L’esclusiva devozione amorosa verso Krishna è palesemente visibile a questo livello e può condurre fino alla più alta piattaforma di estasi.
Da qui ci si laurea per raga, “l’attaccamento completo”, e da lì ad anuraga, ossia “l’attaccamento più raffinato”. Questo, poi, conduce a bhava, ossia “all’estasi totale”. Ma questa posizione esoterica è sperimentata principalmente da Radharani e dal circolo intimo delle gopi. Questo è amore illimitato e generalmente si trova al di là della portata di un’anima limitata.

Dei cinque rasa —santa, dasya, sakhya, vatsalya, e madhurya— è detto che santa può condurre a prema; dasya fino a raga; sakhya e vatsalya fino ad anubhava; e madhurya può condurre solamente a maha-bhava, il perfetto stadio dell’amore. Madhurya si divide ulteriormente in rudha e anirudha, dei quali il primo è sperimentato dalle mogli di Krishna (svakiya), mentre il secondo è sperimentato dalle gopi di Vraja, che non sono sposate con Krishna (parakiya). Adhirudha, è la manifestazione più elevata di mahabhava e può essere sperimentata solo da personalità come Radhika, da Mahaprabhu, e forse da molti altri della cerchia intima. Come vediamo, l’Ujjvala-nilamani traccia in modo completo la scienza dei rasa e i successivi livelli dell’amore divino.

Infatti, Rupa Gosvami è tanto meticoloso nella sua dissertazione, che un serio studioso della sua opera può arrivare a conoscere la propria relazione con Krishna solo studiando e praticando sulla base dell’abile guida del Gosvami. Rupa Gosvami spiega che il sentimento originale dominante per Sri Krishna (sthayi-bhava) viene “riscoperto” o innalzato di nuovo al suo stadio di piacere per mezzo dei cinque “stimoli” (vibhava), “ottenimenti” (anubhava), “espressioni fisiche” (sattvika-bhava), e i “sentimenti ausiliari” (vyabhichari o sanchari-bhava). Che cosa significa tutto ciò? Molto semplicemente, che avanzando nella coscienza di Krishna, si possono riconoscere vari segnali che richiamano alla propria relazione originale con Krishna.

Per esempio, il fatto di ascoltare di Krishna e delle gopi sono stimoli sostanziali (alambana vibhava), mentre il suono del flauto e varie altre forme di paraphernalia “esterna” sono stimoli intensificatori (uddipana vibhava). Gli ottenimenti (anubhava) possono consistere per esempio, in certi sguardi e sorrisi furtivi, che riportano il ricordo di Krishna, mentre i sattvika-bhava generalmente si riferiscono alle otto trasformazioni fisiche, come il pianto copioso e il rizzarsi dei peli. Il vyabhichari-bhava include tutte le emozioni che accrescono la propria relazione con Krishna e hanno, come sole eccezioni, l’arroganza (ugrata) e l’ozio (alasya). Sebbene questa sia soltanto una breve visione d’insieme, bisogna notare che Rupa Gosvami offrì dettagli elaborati a proposito della relazione personale con Krishna e del modo di riscoprire tale relazione.

Il discernimento di Rupa Gosvami dei più profondi livelli della coscienza di Krishna non dovrebbe giungere come una sorpresa, perché oltre ad aver ricevuto l’istruzione da Caitanya Mahaprabhu, ed essere stato da Lui Stesso potenziato a scrivere letteratura trascendentale, l’identità spirituale di Rupa Gosvami rivela la sua posizione ontologica originale. Egli è un’incarnazione di Rupa Manjari, una delle assistenti più intime nelle relazioni d’amore di Radha e Krishna.
Ma Rupa Manjari è particolarmente incline verso Srimati Radharani. Ciò è definito tecnicamente radha-dasyam, che raggiunge il suo zenit in manjari-bhava, o bhavollasa-rati —il culmine della devozione disinteressata Gaudiya (vedere conclusione). Questo è lo stadio di spiritualità in cui non si desidera niente per sé stessi, ma si è interessati invece al piacere di Radhika, poiché Lei soltanto in definitiva può dar piacere a Krishna.

Oltre a sottolineare questo punto nei suoi scritti, Rupa Gosvami ha illustrato la sua conclusione in modo pratico, con la sua vita, specialmente quando viveva a Vrindavana. Un esempio di ciò può essere rintracciato nel Bhakti-ratnakara (Quinta Onda). Secondo questo testo, un giorno, appena iniziò a compiere il suo bhajana (adorazione meditativa) nelle vicinanze di Tero Kadamba (non distante da Nandagram, nell’area di Vraja), Rupa Gosvami sentì l’intenso desiderio di preparare del latte e dello zucchero per fare del khir (una dolce bevanda al latte) destinato alla sua Divinità di Govindadeva. Poi, pensò, avrebbe offerto quel sacro cibo al suo guru e a suo fratello maggiore, Sanatana Gosvami. Pochi attimi dopo che Rupa aveva maturato questo pensiero, una meravigliosa ragazza giunse al suo luogo di bhajana, portandogli una buona quantità di latte e zucchero. “Ecco”, ella disse, “per favore, prepara del buon khir e offrilo alla tua Divinità.” Dopo aver pronunciato queste parole scomparve.

Rupa Gosvami fece proprio come lei aveva detto, fece bollire il latte e lo zucchero e quando gli ingredienti si trasformarono in una dolce bevanda densa e condensata la offrì alla sua Divinità e poi dette i resti a Sanatana affinché li gustasse. Infatti, appena Sri Sanatana assaggiò la preparazione di Rupa Gosvami, fu sopraffatto da sintomi di estasi. Dopo qualche tempo riuscì a controllarsi, e chiese a Rupa dove avesse preso gli ingredienti per quella particolare preparazione. Quando suo fratello gli raccontò la storia della meravigliosa ragazza, Sanatana poté comprendere che si trattava, in realtà di Radharani Stessa che mostrava la Sua misericordia a Rupa Gosvami.

Ma poiché Srimati Radharani era l’oggetto della loro devozione, ed essi erano Suoi servitori scrupolosi, la corretta relazione tra colui che è servito e il servitore era stata disturbata, e il Bhakti-ratnakara fornisce un accurato racconto di questo episodio. La storia termina con Sanatana che dice a Rupa di non accettare mai più tali doni. In realtà, questa storia serve a illustrare che Rupa e Sanatana sono specificamente servitori di Srimati Radharani. E tutti coloro che sono “rupanuga”, coloro che seguono la linea di Rupa Gosvami, devono arrivare a vedere sé stessi come servitori di Srimati Radharani. La loro preghiera è la seguente: “Molte gopi servitrici offrono con affetto e piacere i loro servizi a Sri Radha, la grande regina della foresta di Vrindavana, offrendoLe noci di betel, massaggiando i Suoi piedi, portandoLe dell’acqua, occupandosi dei preparativi per i Suoi incontri segreti con Sri Krishna, e svolgendo molti altri servizi. Quando la Coppia Divina gusta i Suoi divertimenti, queste servitrici non sono per niente intimidite, nemmeno alla presenza di gopi elevate, per le quali Sri Radha è più cara della vita. Prendo rifugio in queste servitrici delle gopi, che hanno Srimati Radharani come guida” (Vraja-vilas-stava).

(tratto da “I sei Gosvami di Vrindavana” di Satyaraja dasa)