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GAIENDRA


La storia dell’elefante Gajendra

(Dal 9° Canto dello Srimad Bhagavatam)

Situata al centro dell’Oceano di Latte si trova una gigantesca montagna chiamata Trikuta la cui altezza e larghezza, che si equivalgono, raggiungono i diecimila yojana (centotrentamila chilometri). Le sue tre cime principali sono costituite di ferro, d’argento e d’oro, ma altre vette di gemme preziose ornano questa montagna spettacolare che irradia la sua magnificenza nel cielo. Alberi carichi di fiori e frutti, sinuosi rampicanti e rigogliosi cespugli ne decorano le preziose pendici e il suono delle cascate sulla montagna crea una piacevole musica. I piedi della montagna sono sempre lambiti dalle onde di latte, che infrangendosi sugli scogli, producono preziosi smeraldi. Gli abitanti dei pianeti superiori – i Siddha, i Carana, i Gandharva, i Vidhyadhara, i serpenti, i Kinnara e le Apsara – frequentano quella montagna per i loro divertimenti. Al risuonare dei canti degli abitanti dei pianeti celesti nelle caverne, i leoni, scambiando quel suono per il ruggito di altri leoni, ruggiscono a causa dell’intollerabile invidia. Nelle vallate della montagna Trikuta vivono numerosi animali della giungla e sugli alberi ben curati dei suoi giardini cinguettano differenti varietà di uccelli dal canto melodioso. Le spiagge dei numerosi laghi e fiumi che rinfrescano le pendici sono coperte da piccole gemme simili a granelli di sabbia.

 

Quando le fanciulle celesti si bagnano in quelle acque trasparenti come il cristallo le profumano delicatamente arricchendo l’atmosfera. In una vallata della montagna Trikuta c’era uno splendido giardino chiamato Ritumat appartenente al grande devoto Varuna ed era un luogo di divertimento per le fanciulle degli esseri celesti. In quel giardino crescevano fiori e frutti in ogni stagione ed era ornato da ogni tipo di alberi. La bellezza di quel luogo già incantevole era accresciuta da un grande lago pieno di fiori di loto dorati e scintillanti e da altri meravigliosi fiori conosciuti come kumuda, kahlara, utpala, satapatra. Sciami di calabroni ebbri bevevano il miele di quei dolci fiori e il loro ronzio si univa al melodioso cinguettio degli uccelli. Il lago era popolato da diverse specie di animali acquatici quali cigni, gru e gallinelle d’acqua. I flutti, ondulati dal movimento dei pesci e delle testuggini, erano ornati dal polline che cadeva dai fiori di loto.

Il capo degli elefanti che viveva nella foresta della montagna Trikuta arrivò, un giorno, al lago con le sue compagne. Camminando spezzava molte pianta rampicanti, alberi e cespugli senza preoccuparsi delle loro spine. Solo fiutando l’odore di questo elefante, tutti gli altri elefanti, le tigri e gli animali feroci come i leoni, i rinoceronti, e i grandi serpenti, fuggivano spaventati. Grazie a questo elefante, animali quali le volpi, i lupi, i bufali, gli orsi, i cinghiali, i porcospini, le scimmie, i conigli, i cervi e molti piccoli animali vagavano per la foresta senza alcun timore. Circondato dagli elefanti del branco, Gajpati, il re degli elefanti, faceva tremare tutta la montagna Trikuta con il peso del suo corpo. Sudava, dalla sua bocca gocciolava del liquore e la sua vista era confusa a causa dell’ebbrezza. Era servito da calabroni che bevevano il miele e da lontano poteva sentire nell’aria il profumo dei fiori di loto portato dalla brezza del lago. Accompagnato dai suoi elefanti, afflitti dalla sete, arrivò ben presto su quelle rive. Giunto in quel luogo incantevole, il re degli elefanti, entrò nel lago alleviando il suo corpo dalla fatica. Poi con la proboscide bevve l’acqua fresca e cristallina mista al polline dei fiori di loto e delle ninfee d’acqua finché non fu completamente soddisfatto. Come un essere umano privo di conoscenza spirituale e troppo attaccato ai membri della sua famiglia, l’elefante, illuso dall’energia esterna di Krishna, fece si che anche le sue mogli e i suoi figli si bagnassero nel lago e ne bevessero l’acqua. Con la proboscide aspirava l’acqua del lago e la spruzzava su di loro senza preoccuparsi della fatica che questo sforzo comportava.

Mentre era nell’acqua per un disegno della provvidenza un potente coccodrillo si arrabbiò con l’elefante e lo attaccò mordendogli con ferocia una zampa. L’elefante, che era certamente molto forte, tentò con ogni mezzo di liberarsi da questo pericolo. Vedendo Gajendra in questa grave condizione, le mogli disperate cominciarono a piangere. Sebbene gli altri elefanti volessero aiutarlo, a causa della grande forza del coccodrillo, non riuscivano a soccorrerlo. L’elefante e il coccodrillo combatterono mille anni trascinandosi l’un l’altro dentro e fuori dall’acqua, lasciando perplessi perfino gli esseri celesti che assistevano a questa lotta. Dopo aver combattuto per molti lunghi anni, l’elefante cominciò a perdere la sua forza mentale, fisica e sensoriale, mentre il coccodrillo, essendo un animale acquatico, vedeva aumentare il suo entusiasmo, la sua forza fisica e il suo potere sensoriale.

Quando il re degli elefanti vide che per il volere della provvidenza si trovava nelle fauci del coccodrillo in una condizione disperata dalla quale non poteva salvarsi fu colto dalla paura della morte che lo portò a riflettere in questo modo: “Gli altri elefanti che sono miei amici e parenti non hanno potuto fare niente per salvarmi, che dire dunque delle mie mogli? Sono stato attaccato da questo coccodrillo per volere della provvidenza e nessuno potrà fare niente per me. Cercherò quindi rifugio in Dio, la Persona Suprema, che è l’unico vero rifugio di tutti gli esseri viventi. Dio, la Persona Suprema non è certo conosciuto da tutti, ma è di certo il più potente e il più influente. Colui che nel timore del serpente del tempo eterno, dotato di forza spaventosa, pronto a divorare ogni cosa e che continua senza sosta il suo inseguimento, prende rifugio nel Signore riceverà la Sua protezione. La morte stessa fugge per paura del Signore. Mi sottometto quindi a Lui, la grande e potente autorità suprema, che è il vero rifugio di ogni essere.”

Dopo aver così riflettuto, Gajendra, il re degli elefanti, fissò la mente sul cuore con perfetta intelligenza e recitò un mantra che aveva imparato nella sua esistenza precedente quando era stato Indradyumna e che per grazia di Krishna poté ricordare: ”om namo bhagavate vasudevaya, offro il mio rispettoso omaggio alla Persona Suprema, Vasudeva. Che Egli possa proteggermi.” Dopo aver concentrato la mente sui piedi di loto di Dio, la Persona Suprema, Gajendra Gli rivolse preghiere piene di venerazione: “Mio Signore, Tu sei Colui che osserva tutti gli obbiettivi dei sensi. Senza la Tua misericordia non c’è possibilità di risolvere il problema dei dubbi. Questo mondo materiale è come un’ombra che Ti assomiglia; infatti noi consideriamo reale questo mondo perché ci dà un’idea della Tua esistenza. O Signore Tu sei la causa di tutte le cause ma Tu stesso non hai causa. Perciò sei Tu la meravigliosa causa di ogni cosa. Offro i miei rispettosi omaggi a Te che Sei il rifugio della conoscenza vedica e poiché Tu sei l’unico che può dare la liberazione sei l’unico rifugio dei trascendentalisti. Ti offro dunque i miei rispettosi omaggi.

Poiché un’animale quale io sono si è sottomesso a Tua Grazia, Tu che sei supremamente liberato, certamente mi libererai da questo pericolo. In realtà, per la Tua estrema misericordia stai cercando costantemente di liberarmi. Coloro che sono completamente liberi dalla contaminazione della materia meditano su di Te nel profondo del cuore. Tu sei certamente difficile da raggiungere per quelli che, come me, sono troppo attaccati alla speculazione mentale, alla casa, ai parenti, agli amici, al denaro, ai servitori e agli assistenti. Tu sei la fonte di ogni illuminazione, il padrone supremo, perciò Ti offro i miei rispettosi omaggi. Che Tu possa liberarmi dal presente pericolo e dal modo di vivere materialistico. I puri devoti il cui unico desiderio è quello di servire il Signore, Lo adorano in piena sottomissione e cantano e ascoltano sempre le Sue meravigliose e propizie attività immergendosi sempre in un oceano di felicità trascendentale. Questi devoti non chiedono mai al Signore di concedere loro qualche benedizione materiale mentre io, rivolgo la mia preghiera a Dio, la Persona Suprema a causa del pericolo in cui mi trovo. Non desidero vivere più a lungo dopo essere stato liberato dall’attacco del coccodrillo. A che serve il corpo di un elefante coperto dall’ignoranza esternamente e internamente? Desidero soltanto la liberazione eterna dalle coperture dell’ignoranza, coperture che non sono distrutte dal tempo. Mio Signore Tu appari come ricettacolo di tutti i piaceri dei sensi e il protettore di tutte le anime sottomesse. Possiedi un’energia illimitata, ma non puoi essere avvicinato da coloro che non sono in grado di controllare i sensi. Offro a Te ripetutamente il mio rispettoso omaggio. Mi rifugio in Dio, la Persona Suprema le cui glorie sono difficili da capire.”

Mentre il re degli elefanti stava descrivendo l’autorità suprema senza menzionare una persona in particolare, non invocò gli esseri celesti perciò nessuno di loro lo avvicinò. Solamente Sri Hari, l’Anima Suprema, dopo aver considerato la sua difficile posizione, apparve dinnanzi a Gajendra, sulla schiena del Suo portatore, Garuda, portando con sé il disco e altre armi, mentre gli esseri celesti gli offrivano le loro preghiere. L’elefante, essendo stato catturato con forza dal coccodrillo, provava un forte dolore, ma quando vide Narayana che scendeva dal cielo sulle spalle di Garuda, con il disco nella mano, immediatamente, con la proboscide, colse un fiore di loto e con grande difficoltà pronunciò queste parole: “O mio Signore, Narayana, o maestro dell’universo, o Dio, Persona Suprema, Ti offro i miei rispettosi omaggi.”

Vedendo che Gajendra si trovava in una situazione molto difficile, Dio, la Persona Suprema per la Sua misericordia senza causa scese immediatamente dalle spalle di Garuda e tirò fuori dall’acqua il re degli elefanti insieme al coccodrillo. Poi, in presenza di tutti gli esseri celesti che assistevano all’avvenimento, il Signore, con il Suo disco, tagliò la testa al coccodrillo separandola dal corpo salvando il re degli elefanti. Quando il Signore liberò Gajendra, tutti gli esseri celesti e i saggi cominciarono a glorificare il gesto di Dio, la Persona Suprema facendo cadere su di Lui e su Gajendra una pioggia di fiori. Sui pianeti celesti era tutto un risuonare di timpani e gli abitanti di Gandharvaloka cominciarono a danzare e cantare mentre i grandi saggi e gli abitanti di Caranaloka e di Siddhaloka offrivano preghiere a Dio, la Persona Suprema. Il migliore dei Gandharva, il re Huhu, era diventato coccodrillo a causa della maledizione di Devala Muni, quindi dopo essere stato liberato da Dio, la Persona Suprema, riprese la bellissima forma di un Gandharva. Poiché aveva compreso a chi doveva la misericordia di essere liberato immediatamente offrì i suoi rispettosi omaggi con la testa e cominciò a cantare preghiere degne del Signore trascendentale. Dopo aver offerto le sue preghiere il re Huhu girò intorno al Signore in segno di rispetto e in presenza di tutti gli esseri celesti tornò a Gandharvaloka libero da tutte le reazioni del peccato.

Essendo stato toccato direttamente dal Signore, Gajendra, il re degli elefanti, fu subito liberato da tutta l’ignoranza materiale e da ogni prigionia e ricevette la forma di liberazione detta sarupya-mukti grazie alla quale ottenne il medesimo aspetto fisico del Signore. Gajendra era stato precedentemente il re vaisnava dello stato di Pandya che si trova nella provincia di Dravida nell’India meridionale ed era conosciuto come Indradyumna Maharaja. Dopo aver regnato per lungo tempo il re si era ritirato dalla vita di famiglia per andare sulle colline Malaya dove abitava in una piccola capanna portando i capelli incolti e dedicandosi a continue austerità. Una volta, mentre osservava il voto del silenzio, meditando con grande concentrazione su Dio, la Persona Suprema, ricevette la visita del grande saggio Agastya Muni accompagnato dai suoi discepoli. Quando il Muni vide che Maharaja Indradyumna rimaneva seduto in silenzio, trascurando l’etichetta dell’ospitalità, fu preso da grande collera e maledisse il re con queste parole: “Il re Indradyumna non è affatto gentile, è degradato e privo di educazione e ha insultato un brahmana. Che entri dunque nelle tenebre e riceva il corpo ottuso e sciocco di un elefante.” Dopo aver pronunciato queste parole, Agastya Muni con i sui discepoli se ne andò dall’asrama. Poiché era un devoto, il re accettò con gioia la maledizione del Saggio considerandola un desiderio di Dio, la Persona Suprema. Quindi sebbene fosse un elefante, Gajendra, grazie al servizio di devozione compiuto nella vita precedente poté ricordare come adorare e offrire preghiere al Signore.

Dio, la Persona Suprema, Anima Sovrana di ogni essere vivente, Si rivolse soddisfatto a Gajendra benedicendolo: “Caro devoto, a coloro che si alzano alla fine della notte e Mi offrono le preghiere che tu mi hai offerto, concedo una dimora eterna nel mondo spirituale alla fine della vita. Dopo aver liberato il re degli elefanti dalla morsa del coccodrillo e dall’esistenza materiale, che può essere paragonata a un coccodrillo, il Signore, davanti ai Gandharva, ai Siddha e a tutti gli esseri celesti che lo glorificavano, seduto sulle spalle del Suo portatore Garuda, tornò alla Sua dimora portando con sé Gajendra. Coloro che ascoltano questa narrazione diventano degni di essere elevati ai pianeti superiori, ottengono la fama di devoti, non sono più toccati dalla contaminazione del kali-yuga e non faranno mai sogni paurosi. Tutti coloro che desiderano il proprio bene dovrebbero, appena alzati dal letto recitare questo racconto così com’è senza alcuna variazione per neutralizzare l’effetto dei sogni cattivi. Leggendo la storia di Gajendra potremmo prendere qualche spunto per alcune riflessioni direttamente applicabili alla nostra esperienza di devoti.

La prima osservazione che la lotta tra Gajendra e il coccodrillo ci porta a fare, è che l’ambiente, o campo d’azione, in quanto il combattimento si svolge nell’acqua, è favorevole al coccodrillo che di conseguenza ne trae forza fisica e psicologica. Nonostante l’elefante fosse, in assoluto, molto più potente del coccodrillo, si trova a combattere in un elemento a lui estraneo, che assorbe totalmente la sua forza fisica, nullificandola. A questo punto possiamo paragonare l’esperienza di Gajendra alla lotta che, dovuto alla nostra scelta di vita, ci troviamo a combattere quotidianamente contro maya. Pensando a maya spesso appare nella nostra mente l’immagine di una donna di belle fattezze che abilmente nasconde dietro “l’attraente facciata” un aspetto indubbiamente perfido che tenta di riversare su di noi, vittime innocenti, in ogni momento possibile. Eppure noi possiamo scegliere se essere sue vittime o meno. Maya è sicuramente acuta e piena di risorse che utilizza per attrarci, ma questo è tutto ciò che può fare: attrarci. Questa situazione evoca l’immagine di Ulisse e delle Sirene che si servivano del loro canto melodioso per attrarre i viaggiatori nella loro isola per poi lasciare di loro solo cumuli di ossa sulla spiaggia. Anche loro, tuttavia, come maya, altro non potevano fare che cercare di attrarre le loro vittime nella loro isola perché fuori dal loro campo d’azione ottimale non erano in grado di far valere il loro potere. Anche noi, quindi, per far valere al massimo la nostra forza, dobbiamo scegliere accuratamente il campo di azione per essere in grado di disporre sempre del massimo dell’energia da convergere nel combattimento. Un’altra riflessione può essere fatta sul fatto che è impossibile sia per noi che per i nostri amici salvarci dai pericoli circostanti. Se qualcuno, dopo aver preso atto di questo suo limite, prende rifugio in Dio, la Persona Suprema, Egli gli darà la Sua completa protezione e lo salverà esattamente come ha fatto con Gajendra. Lo sbaglio di coloro che rifiutano di partecipare all’esperienza della coscienza di Krishna è di pensare di potersi proteggere con le proprie forze.