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SRI ISOPANISAD


SRI ISOPANISAD

La conoscenza che avvicina alla Persona Suprema

Sua Divina Grazia

A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

Acarya-Fondatore dell’Associazione per la Coscienza di Krishna

INVOCAZIONE

om purnam adah purnam idam

purnat purnam udacyate

purnasya purnam adaya

purnam evavasisyate

om: il Tutto completo; purnam: perfettamente comple­to; adah: quello; purnam: perfettamente completo; idam: questo mondo fenomenico; purnat: dall’infinitamente per­fetto; purnam: unita completa; udacyate: è prodotto; pur­nasya: del Tutto completo; purnam: completamente; adaya: essendo stato tolto; purnam: il Tutto completo; eva: anche se; avasisyate: rimane.

TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, è perfetto e completo, e poiché la Sua perfezione è totale, tutto ciò che emana da Lui, come il mondo fenomenico, costituisce una totalità completa in sé stessa. Tutto ciò che proviene dal Tutto completo è com­pleto in sé, e poiché Dio è il Tutto completo, Egli rimane tale anche se innumerevoli unità, anch’esse complete, emanano da Lui.

SPIEGAZIONE

II Tutto completo, ossia la Verità Assoluta, è Dio, la Persona Suprema, perfetta e completa in Se Stessa. La realizzazione del Brahman impersonale o del Paramatma, l’Anima Suprema, sono realizzazioni incomplete del Tutto completo. Dio, la Persona Suprema è sac-cid-ananda-vi­graha, cioè è eterno (sat), possiede la conoscenza (cit) e la felicita (ananda) assolute ed è dotato di una forma (vigraha).

Il primo passo verso la realizzazione spirituale consiste nel realizzare il Suo aspetto di eternità (sat). Questa è la realizzazione della luce impersonale di Dio (il Brahman), ma tale realizzazione è parziale. Il secondo passo consiste nel prendere coscienza dell’eternità (sat) e dell’onniscienza (cit) della Verità Assoluta, cioè nel realizzare l’Anima Su­prema (il Paramatma); ma anche questa realizzazione è incompleta. La realizzazione di Dio, la Persona Suprema, consiste invece nel prendere coscienza di tutti i Suoi aspetti trascendentali – sat, cit e ananda. Quando si realizza Dio, la Persona Suprema, si realizzano tutti questi aspetti nella loro completezza. Vigraha significa “forma”. Il Tutto com­pleto, dunque, non è privo di forma. Se fosse privo di forma sarebbe inferiore alla Sua creazione sotto tutti gli aspetti. Non potrebbe essere completo. Il Tutto completo deve in­cludere ogni cosa, sia all’interno sia al di là della nostra esperienza. Altrimenti sarebbe incompleto.

Il Tutto completo, la Personalità di Dio, possiede innu­merevoli potenze e tutte sono complete come Lui. Il mon­do fenomenico è dunque completo in sé stesso e i ventiquat­tro elementi di cui esso non è che una manifestazione tem­poranea sono perfettamente concepiti per produrre tutto ciò che è necessario al mantenimento dell’universo senza il bisogno di alcun intervento esterno. Le funzioni universali si verificano su una particolare scala del tempo che è stabilita dall’energia del Tutto completo, e quando il programma è completato, questa manifestazione sarà annientata secondo il progetto del Tutto completo.

Ogni facilitazione è offerta alle piccole unità complete, gli esseri viventi, affinché sia loro possibile realizzare il Tutto completo. Tutte le forme di incompletezza sono sperimentate a causa della conoscenza incompleta del Tutto completo. La forma umana di vita è una manifestazione completa della coscienza dell’essere vivente che è ottenuta attraverso l’evoluzione nelle 8.400.000 specie di vita nel ciclo di nascita e morte. Fra tutte le specie viventi, la specie umana possiede la coscienza più alta, ma questo corpo privilegiato si ottiene solo dopo innumerevoli morti e nascite nelle 8.400.000 for­me di vita che esistono nell’universo. Se l’uomo non appro­fitta del suo livello di coscienza superiore per realizzare la sua completezza in relazione col Tutto completo, perderà l’opportunità di capire la sua completezza e sarà nuovamente immerso nel ciclo evolutivo di morti e nascite secondo le leggi della natura materiale.

Poiché ignoriamo che la natura è gia organizzata in modo da soddisfare tutti i nostri bisogni, noi esauriamo le sue ri­sorse nel tentativo di godere al massimo dei piaceri materiali. Questa vita centrata sul godimento materiale è ingannevole e illusoria perché l’essere vivente non può neppure godere della natura materiale senza essere in comunione con l’As­soluto. La mano dev’essere unita al corpo per poter agire come tale; separiamola dal corpo, e sebbene assomigli ancora a una mano, non potrà più compiere le sue funzioni naturali. La stessa cosa si verifica per gli esseri viventi; essi sono parti infinitesimali del Tutto completo, ma poiché si separano da Lui, hanno della completezza soltanto una impressione in­gannevole che non può soddisfarli.

La vita umana raggiunge la sua pienezza solo quando è messa al servizio del Tutto completo. Qualsiasi forma di servizio, sia sul piano politico o sociale, sia sul piano comu­nitario, internazionale o interplanetario, rimarrà deludente finché non sarà in perfetta armonia col volere del Tutto completo, Dio, la Persona Suprema. E quando si trovano in perfetta armonia con l’Assoluto, le parti integranti del Tutto ritrovano la loro completezza originale.

MANTRA 1

isavasyam idam sarvam

yat kinca jagatyam jagat

tena tyaktena bhunjitha

ma grdhahkasya svid dhanam

isa: dal Signore; avasyam: controllato; idam: questo; sar­vam: tutto; yat kinca: qualunque cosa; jagatyam: nell’uni­verso; jagat: tutto ciò che è animato o inanimato; tena: da Lui; tyaktena: parte assegnata; bhunjithah: tu devi accetta­re; ma: non; grdhah: sforzarsi di ottenere; kasya svit: di qual­cun altro; dhanam: la ricchezza.

TRADUZIONE

Il Signore possiede e controlla tutto ciò che esiste in questo universo, sia l’animato sia l’inanimato. Noi dobbia­mo quindi usare solo il necessario e accettare solo la parte che ci è stata assegnata, sapendo bene a chi tutto appartie­ne.

SPIEGAZIONE

Il sapere vedico, così come una catena di maestri spiri­tuali autentici l’ha trasmesso, è infallibile perché il Signore ne è la sorgente. Le parole del Signore sono definite apauruseya perché Colui che le ha pronunciate non appar­tiene all’universo materiale. Ogni essere vivente in questo mondo ha quattro difetti:

1) commette errori;

2) è soggetto all’illusione;

3) ha la tendenza a ingannare gli altri;

4) è dotato di sensi imperfetti.

Queste quattro imperfezioni impediscono di formulare una conoscenza perfetta. Ma i Veda non furono compilati da un essere soggetto a queste imperfezioni. In origine, Brahma, il primo essere creato ricevette nel cuore la conoscenza dei Veda e la trasmise poi ai suoi discepoli che la mantennero intatta nel corso della storia.

Contrariamente agli esseri viventi e agli oggetti inanimati, il Signore, essendo purnam (infinitamente perfetto), non può essere soggetto alle leggi della natura materiale, che Egli controlla.

Ciò è confermato nel settimo capitolo della Bhagavad­-gita (7.4-5) che tratta della para e dell’apara prakrti. Gli ele­menti della natura, cioè la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria, l’etere, la mente, l’intelligenza e l’ego materiale, apparten­gono tutti all’energia inferiore del Signore (apara prakrti), che è l’energia materiale, mentre l’essere vivente, l’energia organica, costituisce la Sua energia superiore (para prakrti) Queste energie (prakrti) emanano entrambe dal Signore Supremo, maestro di tutto ciò che esiste. Non esiste niente nell’universo che non appartenga alla para o all’apara pra­krti; e per questa ragione ogni cosa è proprietà dell’Essere Supremo. La Sri Isopanisad, che fa parte dello Yajur Veda, contiene informazioni riguardanti la proprietà di tutto ciò che esiste nell’universo.

L’Essere Assoluto, Dio, la Persona Suprema, è perfetto, e poiché possiede un’intelligenza completa e perfetta, può dirigere tutto grazie alle Sue differenti potenze. L’Essere Supremo è spesso paragonato al fuoco, e tutto ciò che esiste, l’organico e l’inorganico, è paragonato alla luce e al calore del fuoco. Come il fuoco diffonde la sua energia sotto for­ma di luce e calore, così il Signore esibisce le Sue energie in diversi modi. Egli è il sostegno e il maestro assoluto di tutto ciò che esiste, è onnisciente ed è il benefattore di tutti. E’ onnipotente e detiene gli attributi di una opulenza inconcepibile: potenza, ricchezza, fama, bellezza, sapienza e rinun­cia. Dobbiamo essere abbastanza intelligenti da compren­dere che, ad eccezione del Signore, nessuno possiede qual­cosa. Si dovrebbe accettare dunque solo la parte che ci è stata assegnata da Lui. La mucca, per esempio che dà latte in abbondanza, non beve questo latte; si accontenta di man­giare l’erba, e il suo latte è destinato a nutrire gli uomini. Ecco il disegno perfetto del Signore, e noi dovremmo essere soddisfatti delle cose che Egli ci ha accordato senza mai dimenticare a chi appartiene tutto ciò di cui disponiamo.

Prendiamo come esempio la casa in cui abitiamo. Noi non abbiamo creato nessuna delle materie prime che sono servite alla sua costruzione, come il legno e le pietre; il no­stro unico lavoro è stato quello di modificare la loro forma originale e metterle insieme. Secondo la Sri lsopanisad nes­sun uomo può creare questi materiali di costruzione. Gli elementi naturali sono creati da Dio, dunque appartengono a Lui. Perciò nessuno può proclamarsi proprietario di una casa, anche se ha faticato per costruirla.

Il diritto di proprietà che l’uomo vuole esercitare su tutto ciò che lo circonda è la sorgente dei conflitti che invadono oggi il mondo mettendolo in serio pericolo. Gli uomini si affrontano come cani e gatti; la società soffre d’incessanti conflitti fra proletari e capitalisti. La Sri Isopanisad non è destinata ai cani e ai gatti, ma può diffondere il messaggio di Dio agli uomini per il tramite di acarya autorevoli. Que­st’opera ha lo scopo di aiutare l’uomo a comprendere il messaggio di Dio. Gli uomini devono dunque trarre vantag­gio da questi insegnamenti e cessare le lotte inutili finaliz­zate al possesso materiale. Bisogna accontentarsi dei privi­legi che il Signore ci concede nella Sua infinita misericordia. Nessuna pace è possibile finché i comunisti, i capitalisti e gli altri partiti pretenderanno di essere proprietari di risorse materiali che in realtà appartengono solo al Signore. Il ca­pitalista non può conquistare il comunista con manovre politiche, né il comunista può vincere il capitalista combat­tendo per il pane rubato. Se essi non riconoscono il diritto di proprietà assoluta della Persona Suprema, e dicono di essere proprietari di beni che non appartengono a loro, sono ladri e saranno puniti dalle leggi della natura. La bomba nucleare è nelle mani dei comunisti e dei capitalisti, e se essi non vogliono riconoscere il diritto di proprietà assoluto del Signore Supremo, è evidente che un giorno o l’altro la bom­ba sopprimerà le due parti. Se vogliono essere risparmiati, se vogliono riportare la pace nel mondo non hanno altra scelta che seguire gli insegnamenti della Sri Isopanisad. Gli uomini non sono fatti per litigare come cani e gatti, ma devono essere abbastanza intelligenti da capire lo scopo e l’importanza dell’esistenza umana. Per nutrirsi, un animale può uccidere un altro animale e non ha colpa; ma se un uomo uccide un animale al solo scopo di soddisfare il piacere del suo palato, è responsabile di aver trasgredito le leggi della natura e deve subirne le conseguenze. Ci sono alcune nor­me che gli esseri umani devono rispettare e che non si appli­cano agli animali. La tigre, per esempio, non mangia vege­tali perché è fatta per nutrirsi di carne animale. Alcuni animali sono erbivori e altri carnivori, ma nessuno di essi trasgredisce le leggi della natura che il Signore stesso ha stabilito. Tutti gli animali – mammiferi, rettili, esseri acquatici, e così via-rispettano rigorosamente le leggi della natura, perciò non commettono alcun peccato; gli insegnamenti vedici non sono destinati a loro. Soltanto la vita umana comporta delle responsabilità. Tuttavia, non dovremmo crederci in perfetta armonia con le leggi della natura soltanto perché abbiamo adottato un regime vegetariano; anche i vegetali sono esseri viventi. Una forma di vita deve nutrirne un’altra, questa è la legge della natura. Essere vegetariani non è tutto; ciò che importa è riconoscere Dio come il proprietario supremo. Gli animali non hanno una coscien­za così sviluppata da rendersi conto dell’esistenza del Signore Supremo, ma l’essere umano è abbastanza intelligente da comprendere, alla luce delle Scritture vediche, come agi­scono le leggi della natura e può trarre grandi benefici da questa conoscenza. L’uomo si espone a rischi enormi quan­do trascura gli insegnamenti vedici, perché il suo dovere naturale è quello di riconoscere la supremazia del Signore per imparare a servirLo. Egli deve diventare un devoto del Signore e offrire tutto a Lui. Nella Bhagavad-gita (9.26) il Signore afferma chiaramente che Egli accetta gli alimenti vegetali che Gli offrono i Suoi puri devoti. Perciò l’uomo non deve solo diventare vegetariano, ma deve anche servi­re il Signore con amore e offrirGli tutti i suoi alimenti per accettarne poi soltanto i resti, detti prasada, la misericordia di Dio. Colui che agisce in questo modo adempie perfetta­ mente le sue responsabilità umane, ma chi non offre prima il cibo al Signore mangia solo peccati e si espone a ogni tipo di sventure, che sono la conseguenza dei suoi atti colpevoli (B.g. 3.1-3).

La radice della colpa è la disubbidienza deliberata alle leggi della natura, tale disubbidienza nasce dal rifiuto di riconoscere il diritto di proprietà assoluta del Signore. La trasgressione delle leggi della natura; cioè la disubbidienza agli ordini del Signore, è la causa della degradazione del­l’uomo. Invece, se siamo sobri, se conosciamo le leggi della natura, e rimaniamo liberi dall’attaccamento e dall’avver­sione, sicuramente ci renderemo di nuovo degni della considerazione del Signore e ci qualificheremo per tornare a Dio, nel Suo regno eterno.

MANTRA 2

kurvann eveha karmani

jijivisèc chatam samah

evam tvayi nanyatheto ‘sti

na karma lipyate nare

kurvan: facendo continuamente; eva: così; iha: durante questa vita; karmàni: azione; jijiviset: si può desiderare di vivere; satam: cento; samah: anni; evam: vivendo così; tvayi: a te; na: nessuna; anyatha: alternativa; itah: da questa via; asti: c’è; na: no; karma: azione; lipyate: può essere legata; nare: all’uomo.

TRADUZIONE

L’uomo può aspirare a vivere per centinaia di anni se agisce sempre in quello stato di coscienza; infatti queste azioni non lo incatenano più alla legge del karma. In realtà, non esiste alternativa per l’uomo.

SPIEGAZIONE

Nessuno vuole morire, anzi tutti desiderano vivere il più a lungo possibile. Questa tendenza si trova non solo a livello individuale, ma anche a livello collettivo, nella famiglia, nella società e nella nazione. Tutte le specie viventi devono com­battere una dura lotta per sopravvivere, e i Veda considerano questo fatto del tutto naturale. L’anima è eterna per natura, ma imprigionata nella materia, deve inevitabilmen­te passare da un corpo all’altro; questa trasmigrazione dell’anima è detta karma-bandhana, “l’incatenamento alle proprie azioni”. Secondo le leggi della natura tutti devono lavorare per vivere, ma se trascuriamo i doveri inerenti alla forma umana, trasgrediamo queste leggi e c’immergiamo ancora più profondamente nel ciclo continuo di nascita e morte.

Tutte le specie viventi sono soggette a queste morti e nascite ripetute, ma l’essere che ottiene una forma umana può sfuggire alla legge del karma. La Bhagavad-gita ci spie­ga in modo chiaro che cosa sono il karma, l’akarma e il vikarma. Karma indica gli atti conformi ai doveri che sono dettati dalle Scritture, atti che ci elevano progressivamente fino ai pianeti superiori. Vikarma indica gli atti contrari agli insegnamenti delle Scritture rivelate e quindi contrari al nostro stesso interesse; essi sono il risultato di un uso sconsiderato del nostro libero arbitrio e ci spingono verso forme di vita inferiore. Akarma significa letteralmente “che non genera alcuna reazione”, e indica gli atti che ci liberano dal ciclo di nascita e morte.

Fra questi tre modi di agire, l’uomo intelligente sceglierà quello che gli permette di sciogliere i legami che lo tratten­gono al mondo materiale. L’uomo comune desidera com­piere attività positive al fine di ottenere il riconoscimento del suo merito e il miglioramento della sua condizione di vita in questo mondo, oppure desidera raggiungere i pianeti supe­riori. Ma l’uomo più evoluto, l’uomo più intelligente, desi­dera liberarsi sia dalle azioni sia dalle loro conseguenze, perché sa molto bene che, buone o cattive che siano, esse lo legano comunque alla sofferenza materiale. La Sri Isopanisad, in queste pagine, insegna il modo di liberarsi dalle condizioni materiali.

Gli insegnamenti della Sri Isopanisad sono spiegati in modo approfondito nella Bhagavad-gita, detta anche Gito­panisad perché è l’essenza di tutte le Upanisad. Nella Bha­gavad-gita (3.9-16), Dio, la Persona Suprema, dichiara che è impossibile raggiungere lo stato di naiskarmya, ovvero del­l‘akarma, senza compiere i doveri che sono citati nella let­teratura vedica. Le Scritture vediche possono dirigere le attività dell’uomo in modo da fargli accettare progressiva­mente la supremazia di Dio, e quando si realizza completa­mente la supremazia di Dio, la Persona Suprema, Vasude­va, ossia Krsna, si raggiunge la conoscenza perfetta. A que­sto stadio di purezza i tre guna (virtù, passione e ignoranza) non agiscono più, e l’uomo potrà operare sulla base del naiskarmya. Tali attività non legano più al ciclo di nascita e morte.

In realtà, l’uomo non ha altro dovere che quello di ser­vire il Signore con amore e devozione; tuttavia, situato in stadi più bassi di esistenza, non potrà adottare immediata­mente le attività del servizio di devozione e non potrà fer­mare completamente l’attività interessata. L’anima condi­zionata è abituata ad agire per la gratificazione dei sensi, sia individuali sia della famiglia sia della nazione a cui appar­tiene. Quando il principio di godimento materiale si estende alla società, alla nazione e all’umanità intera, assume nomi differenti e lusinghieri come altruismo, socialismo, comuni­smo, nazionalismo e umanitarismo. Questi “ismi” sono cer­tamente forme molto attraenti di karma-bandhana (incate­namento alle azioni), ma la Sri Isopanisad insegna che se si vuole servire la loro causa, lo si deve fare in piena coscienza di Dio. Non c’è niente di male nell’essere capofamiglia, al­truista, socialista, comunista o patriota, purché questi ruoli siano svolti in funzione dell’isa, il maestro assoluto, cioè secondo il principio dell’isavasya, facendo di Lui il centro di tutte le azioni.

La Bhagavad-gita (2.40) spiega che gli atti centrati su Dio hanno un potere così grande che anche il minore di essi può proteggere dal peggiore dei pericoli, quello di ricadere nel vortice delle morti e delle nascite, tra gli 8 milioni e 400 mila specie di vita. Se si lascia sfuggire l’occasione che gli dà la forma umana di realizzare la sua identità spirituale e di servire Dio, l’uomo ricade nel ciclo di evoluzione della specie, e deve essere considerato molto sfortunato, anche se i suoi sensi imperfetti gli impediscono di comprenderlo. La Sri Isopanisad ci consiglia dunque di usare la nostra energia secondo il principio dell’isavasya. Impegnati in que­sto modo, diventa possibile vivere per molti anni, altrimenti una lunga vita di per sé non ha un gran valore. Un albero vive per centinaia di anni, ma che interesse c’è nel vivere a lungo come un albero, nel respirare come un mantice, nel procreare come un cane e nel mangiare come un cammel­lo? Una vita molto semplice con Dio al centro ha più valore di un’esistenza basata su un colossale imbroglio e dedicata a teorie prive di alcuna relazione con Dio, in nome dell’al­truismo e del socialismo.

Le attività altruistiche, compiute nello spirito dell’isava­sya conformemente alla Sri Isopanisad, diventano una for­ma di karma-yoga. Tali attività sono raccomandate nella Bhagavad-gita (18.5-9) perché garantiscono chi le compie dal pericolo di cadere nel ciclo evolutivo di nascita e morte. Anche se non sono portate a termine, le attività centrate su Dio sono ugualmente vantaggiose perché assicurano una forma umana nell’esistenza successiva e offrono di nuovo la possibilità di progredire sul sentiero della liberazione spiri­tuale.

Srila Rupa Gosvami spiega in modo elaborato nel suo Bhakti-rasamrta-sindhu come sia possibile compiere attività centrate su Dio. Questo libro è stato tradotto in Italiano col titolo Il Nettare della Devozione. La lettura di questo prezio­so libro è raccomandata a coloro che si interessano di compiere attività nello spirito della Sri Isopanisad.

MANTRA 3

asuryà nama te loka

andhena tamasàvrtàh

tàms te pretyàbhigacchanti

ye ke càtma-hano janàh

asuryàh: destinati agli asura; nama: famosi col nome; te: coloro; lokàh: pianeti; andhena: dall’ignoranza; tamasà: dal­l’oscurità; àvrtàh: coperti; tàn: quei pianeti; te: essi; pretya: dopo la morte; abhigacchanti: vanno; ye: chiunque; ke: tutti; ca: e; àtma-hanah: coloro che uccidono l’anima; janàh: persone.

TRADUZIONE

Chi uccide l’anima, chiunque egli sia, entrerà nei pianeti destinati agli infedeli dove regnano l’ignoranza e le tenebre.

SPIEGAZIONE

L’uomo si distingue dall’animale per le sue pesanti responsabilità. Si chiamano sura (anime virtuose) coloro che prendono coscienza di queste responsabilità e operano in questa attitudine, e asura coloro che le trascurano o addirit­tura le ignorano. Tutti gli esseri umani appartengono o al­l’una o all’altra di queste categorie.

II Rg Veda dichiara che i sura mirano a raggiungere i piedi di loto di Visnu, il Signore Supremo, e agiscono di conseguenza. La via da loro seguita è luminosa come un sentiero inondato di sole. L’uomo intelligente deve sempre ricordarsi che la forma umana si ottiene solo dopo numero­sissime trasmigrazioni dell’anima nel corso di molti milioni di anni. L’universo materiale è paragonato talvolta a un oceano, e il corpo a un solido vascello destinato ad attraver­sarlo. Le Scritture vediche e gli acarya svolgono il ruolo di capitani esperti, e i vantaggi che offre la forma umana diven­tano venti favorevoli che possono aiutare il naviglio ad avanzare tranquillamente verso la destinazione desiderata. Chi, nonostante queste facilitazioni, non approfitta piena­mente della forma umana per realizzare la sua identità spi­rituale, deve essere considerato un atma-ha, un “assassino dell’anima”, il cui destino è quello di sprofondare nelle più oscure tenebre dell’ignoranza e di soffrire senza fine; que­sto è il pericolo contro cui ci mette in guardia la Sri Isopa­nisad.

Le necessità vitali del maiale, del cane, del cammello, dell’asino e di altri animali sono importanti per loro come le nostre sono importanti per noi, ma i problemi di questi animali sono soddisfatti in condizioni sfavorevoli; all’uomo, invece, la natura offre tutte le facilitazioni per vivere como­damente, perché la vita umana è più importante e l’uomo ha responsabilità più pesanti dell’animale, il quale non ha altra preoccupazione che quella di riempire uno stomaco vuoto. Perché all’uomo è assegnata un’esistenza migliore di quella degli animali? Perché un funzionario di governo gode di privilegi più grandi di un semplice impiegato? Per la semplice ragione che un ufficiale molto elevato deve svol­gere doveri di natura superiore. Analogamente i doveri degli esseri umani sono più elevati di quelli degli animali, i quali sono semplicemente impegnati a riempire il loro stomaco affamato.

Eppure nella nostra attuale civilizzazione il problema dello stomaco e della fame si è solo aggravato. Quando av­viciniamo un educato animale in forma di uomo, moderno e civile, per chiedergli di interessarsi della realizzazione del sé egli risponde che vuole soltanto lavorare per riempirsi lo stomaco, e afferma che non vi è necessità di realizzarsi spi­ritualmente per un uomo affamato. Tuttavia le leggi della natura sono tanto crudeli che, nonostante la sua rinuncia alla necessità della realizzazione spirituale e la sua ansia di lavorare duro per riempire lo stomaco, egli è continuamen­te minacciato dalla disoccupazione.

Questa forma umana ci è stata concessa non per lavora­re duramente, come asini, come maiali e cani, ma per rag­giungere la più alta perfezione dell’esistenza. Se non ci inte­ressiamo di realizzarci spiritualmente, le leggi della natura ci forzeranno a lavorare duramente, anche contro la nostra volontà. Gli esseri umani in questa età sono costretti a fati­care come asini e come buoi aggiogati a un carro. Alcune regioni dove gli asura sono inviati a lavorare sono rivelate in questo verso della Sri Isopanisad. Se l’uomo non compie i suoi doveri di essere umano, è forzato a trasmigrare sui pianeti asurya, e a nascere di nuovo in forme degradate di vita per lavorare duramente nell’oscurità dell’ignoranza.

Nella Bhagavad-gita (6.41-43) è affermato che entrando nel sentiero della realizzazione del sé, anche senza averne completato il procedimento, l’uomo ha la possibilità di na­scere in una famiglia di suci e di srimat; è sufficiente che abbia cercato sinceramente di realizzare la sua relazione con Dio. Il termine suci indica un brahmana e srimat indica un vaisya, un membro della comunità mercantile. Così, la persona che non riesce a raggiungere la realizzazione del sé riceve una migliore opportunità nella sua vita successiva, grazie ai suoi sinceri sforzi della vita precedente. Se anche a un candidato che è caduto viene data l’opportunità di nascere in una fa­miglia rispettabile o nobile, è ben difficile poter immaginare la posizione raggiunta da chi ha conseguito il successo. Il solo fatto di impegnarsi nel tentativo di realizzare Dio ga­rantisce la nascita in una famiglia nobile o aristocratica. Coloro invece che non hanno nemmeno tentato, che vogliono essere coperti dall’illusione, che sono troppo materiali­sti e attaccati al piacere materiale, devono entrare nelle oscure regioni dell’inferno come è confermato in tutta la letteratura vedica. Tali asura materialisti talvolta fanno sfoggio di religiosità, ma la loro meta suprema è la prospe­rità materiale. La Bhagavad-gita (16.17-18) biasima tali uomini definendoli àtma-sambhàvita, per significare che essi sono considerati grandi solo per la forza dell’inganno e sono potenziati dai voti degli ignoranti e dalla loro ricchezza materiale. Tali asura, privi di realizzazione e di conoscenza isàvàsya, la proprietà universale del Signore, possono essere certi di entrare nelle regioni più oscure dell’inferno.

La conclusione che se ne può derivare è che, in quanto esseri umani, non siamo destinati a risolvere soltanto i pro­blemi economici su un terreno di grande instabilità, ma sia­mo destinati a risolvere tutti i problemi della vita materiale in cui siamo stati collocati sulla base delle leggi della natura.

MANTRA 4

anejad ekam manaso javiyo

nainad devà àpnuvan púrvam arsat

tad dhàvato ‘nyàn atyeti tisthat

tasminn apo màtarisvà dadhàti

anejat: stabilito; ekam: uno; manasah: del pensiero; ja­viyah: più rapido; na: non; enat: questo Signore Supremo; devàh: i deva come Indra; àpnuvan: possono avvicinare; púrvam: di fronte; arsat: colui che si muove velocemente; tat: Egli; dhàvatah: quelli che corrono; anyàn: altri; atyeti: supera; tisthat: rimanendo in un luogo; tasmin: in Lui; apah: pioggia; màtarisvà: i deva incaricati dell’aria e della pioggia; dadhàti: fornisce.

TRADUZIONE

Sebbene non lasci mai il Suo regno, Dio, la Persona Suprema, è più rapido della mente. Nessuno è veloce come Lui e neanche i potenti deva, incaricati dei diversi fenomeni naturali, come l’aria e la pioggia, possono avvicinarLo. Egli li controlla tutti. La Sua perfezione non ha uguali.

SPIEGAZIONE

I più grandi filosofi non arriveranno mai a conoscere il Signore Supremo, Dio, la Personalità Suprema e Assoluta, con la speculazione mentale. Egli può essere conosciuto soltanto dai Suoi devoti grazie alla Sua misericordia. Nella Brahma-samhita (5.34) è affermato che anche se un filosofo non devoto percorresse gli spazi per migliaia di anni alla ve­locità del pensiero, si troverebbe ancora estremamente lon­tano dalla Verità Assoluta. La Brahma-samhita (5.37) spie­ga ulteriormente che Dio, la Persona Suprema, vive in un regno spirituale noto come Goloka, e là rimane e Si diverte eternamente con i Suoi puri devoti, ai quali è unito da sen­timenti d’amore. Ma grazie alle Sue potenze inconcepibili, Egli può essere simultaneamente presente in ogni parte della Sua creazione. Nel Visnu Purana le Sue potenze sono para­gonate alla luce e al calore che emanano dal fuoco. Sebbene situato in un unico punto, il fuoco può diffondere calore e luce in tutte le direzioni; analogamente Dio, la Persona Suprema, anche se risiede nel Suo regno spirituale, può diffondere le Sue differenti energie in ogni luogo.

Le energie del Signore sono innumerevoli, e si possono raggruppare in tre categorie principali: la potenza interna, la potenza marginale e la potenza esterna. Ciascuna catego­ria, a sua volta, ha innumerevoli suddivisioni. Tutti gli esseri, compresi gli uomini e i grandi deva dotati del potere di co­mandare i fenomeni naturali come il vento, la luce e la pioggia, sono manifestazioni della potenza marginale del Signore. Il mondo materiale è creato dalla potenza esterna del Signore, mentre il mondo spirituale, dove Egli risiede in persona, è la manifestazione della Sua potenza interna.

Le differenti energie del Signore Supremo sono presenti in ogni luogo. Tuttavia, anche se non c’è alcuna differenza tra le Sue energie e Lui Stesso, non dovremmo commettere l’errore di scambiare queste energie con la Verità Suprema. Né dovremmo erroneamente pensare che il Signore Supre­mo si diffonda dovunque in modo impersonale o che perda la Sua esistenza personale. L’uomo è portato a trarre con­clusioni secondo la sua capacità di comprensione, ma il Si­gnore Supremo è al di là della nostra limitata comprensio­ne. Per questa ragione le Upanisad ci avvertono che nessuno può raggiungere il Signore con l’aiuto delle sue limitate capacità mentali.

Nella Bhagavad-gita (10.2) il Signore afferma che nessuno può conoscerLo, nemmeno i sura (uomini di virtù) o i grandi rsi (saggi). Che dire allora degli asura, i quali non rie­scono neppure a comprendere che l’energia materiale agi­sce per volontà del Signore? Questo Mantra della Sri Isopanisad indica molto chiaramente che la Verità Assoluta nel Suo aspetto supremo è una persona, la Persona Assoluta; in caso contrario sarebbe inutile citare tanti particolari a “sostegno del Suo aspetto personale.

Sebbene dotate delle stesse caratteristiche del Signore, le particelle infinitesimali del Signore, hanno un campo di azione limitato, e sono quindi inferiori al Signore; infatti la parte non può mai essere uguale al tutto. Per questa ragione i minuscoli esseri viventi non possono mai uguagliare o anche solo apprezzare la potenza infinita del Signore Su­premo. Sotto l’influenza della natura materiale esseri viventi sciocchi e ignoranti, che sono soltanto frammenti individuali del Signore, esseri schiavi dell’energia materiale, cercano di fare congetture sulla Sua posizione trascendentale. La Sri Isopanisad li mette in guardia dal pericolo di speculare sull’identità del Signore Supremo, e consiglia loro di attin­gere la conoscenza dal Signore Stesso, la fonte suprema dei Veda, perché il Signore soltanto ha la piena conoscenza della Trascendenza.

Ogni frammento del Tutto completo è dotato di una particolare energia di azione, secondo la volontà del Signore. Quando il frammento individuale dimentica le sue partico­lari attività che si uniformano alla volontà del Signore è considerato in maya, cioè situato nell’illusione. Perciò, fin dall’inizio, la Sri Isopanisad ci consiglia di svolgere co­scienziosamente il ruolo che ci è stato assegnato dal Signo­re. Ciò non significa che l’anima individuale non debba avere iniziative proprie; infatti, in quanto frammento infinitesimale del Signore, essa deve possedere una parte della Sua iniziativa. Se l’essere umano fa buon uso del suo libero arbitrio e della sua natura attiva, comprendendo che ogni cosa è la ‘ manifestazione della potenza del Signore, allora potrà risve­gliare la sua coscienza originale smarrita a contatto con maya. Poiché ogni potere proviene dal Signore, deve essere utilizzato secondo la Sua volontà, la volontà del Signore Stesso, non in altro modo.

Solo chi ha adottato un’attitudine sottomessa di servizio può conoscere il Signore. Conoscenza perfetta significa il conoscere il Signore in tutti i Suoi aspetti, conoscere le Sue potenze e anche il modo in cui queste potenze agiscono conformemente alla Sua volontà. Questi argomenti sono spiegati dal Signore stesso nella Bhagavad-gita, che è l’es­senza di tutte le Upanisad.

MANTRA 5

tad ejati tan naijati

tad dare tad v antike

tad antar asya sarvasya

tad u sarvasyàsya bàhyatah

tat: questo Signore Supremo; ejati: cammina; tat: Egli; na: non; ejati: cammina; tat: Egli; dúre: molto lontano; tat: Egli; u: anche; antike: molto vicino; tat: Egli; antah: all’interno; asya: di questo; sarvasya: di tutto; tat: Egli; u: anche; sar­vasya: di tutto; asya: di questo; bàhyatah: esterno a.

TRADUZIONE

Il Signore Supremo Si muove e non Si muove. Infinita­mente lontano, Egli è anche molto vicino. Egli è all’interno e anche all’esterno di tutto ciò che esiste.

SPIEGAZIONE

Qui abbiamo la descrizione di alcune attività trascenden­tali del Signore, compiute grazie alle Sue inconcepibili po­tenze. Le affermazioni contraddittorie presenti in questo verso sono la dimostrazione delle inconcepibili potenze del Signore. “Egli cammina e non cammina”. Generalmente, se qualcuno può camminare è illogico dire che non può camminare. Tuttavia, in riferimento a Dio, tale contraddi­zione serve a far rilevare il Suo potere inconcepibile. A cau­sa della nostra conoscenza limitata non possiamo risolvere queste contraddizioni, perciò tendiamo a ridurre il potere del Signore sulla base del nostro limitato livello di com­prensione. I filosofi impersonalisti della scuola mayavada, per esempio, accettano soltanto le attività impersonali del Signore, e rifiutano il Suo aspetto personale. I componenti della scuola bhagavat, invece, adottano la concezione per­fetta del Signore considerando inconcepibili le Sue potenze e comprendendo che Egli è dotato sia di un aspetto perso­nale sia di un aspetto impersonale. I bhagavata sanno che, senza le Sue potenze inconcepibili, l’espressione “Signore Supremo” sarebbe priva di significato.

Non commettiamo l’errore di pensare che Dio non abbia un’esistenza personale solo per il fatto che non possiamo vederLo coi nostri occhi. La Sri Isopanisad confuta questo argomento affermando che il Signore è contemporaneamen­te molto lontano e molto vicino a noi. La dimora del Signore è al di là del cielo materiale, e noi non abbiamo la possibilità di misurare nemmeno questo cielo materiale. Se il mondo materiale ha un’estensione così grande, che dire del mondo spirituale che è assolutamente al di là di esso. Com’è con­fermato nella Bhagavad-gita (15.6), il cielo spirituale è situa­to molto, molto lontano dall’universo materiale, ma nono­stante questa enorme distanza il Signore può in meno di un secondo presentarSi dinanzi a noi a una velocità superiore a quella del pensiero o del vento. Egli può anche correre velocemente tanto da non poter essere superato, com’è già stato descritto nel verso precedente.

Può succedere che quando Dio appare, noi non Lo rico­nosciamo. Tale sciocca negligenza è condannata nella Bhagavad-gita (9.11) dove è detto che gli sciocchi Lo deri­dono quando discende sulla Terra e Lo scambiano per un semplice mortale; Egli però non è un comune mortale perché non Si presenta davanti a noi con un corpo prodotto dalla natura materiale. Molti pretesi eruditi sostengono che il Signore scende in un corpo di materia, come un essere co­mune ordinario. Questi stolti pongono il Signore allo stesso livello dell’uomo comune perché ignorano il Suo potere inconcepibile. Grazie alle Sue inconcepibili potenze Dio accetta il nostro servizio nei modi più svariati e può conver­tire a Suo piacimento le Sue differenti potenze. I miscredenti pensano che il Signore non possa incarnarSi affatto oppure che debba discendere in una forma costituita di energia materiale. Tutte queste ipotesi sono vanificate, se conside­riamo l’esistenza delle inconcepibili potenze del Signore. Allora comprenderemo che anche se il Signore appare di fronte a noi in una forma di energia materiale è del tutto possibile per Lui convertire questa energia in energia spiri­tuale. Poiché la fonte dell’energia è una e medesima, le energie possono essere utilizzate secondo la volontà della loro fonte. Il Signore, per esempio, può apparire nella for­ma della múrti (arca-vigraha), una Divinità che può esse­re fatta di argilla, di pietra o di legno; tali forme però, seb­bene siano costituite di queste materie, non sono idoli come gli iconoclasti sostengono.

Nel nostro presente stato di esistenza materiale, non possiamo vedere il Signore Supremo a causa della nostra visione imperfetta, eppure i devoti che vogliono vederLo sono favoriti dal Signore che Si manifesta in forme apparen­temente materiali per accettare il servizio dei Suoi devoti. Non si deve pensare tuttavia che tali devoti, situati al livello più basso del servizio devozionale stiano adorando un ido­lo. Essi stanno realmente adorando il Signore che ha accon­sentito ad apparire di fronte a loro in modo idoneo alla loro capacità visiva. Non si deve nemmeno pensare che la forma arca sia modellata secondo il capriccio dell’adoratore. Que­sta forma è eternamente esistente ed è dotata di tutti i suoi accessori. Questo però può essere compreso solo da un de­voto sincero non da un ateo.

Nella Bhagavad-gita (4.11) il Signore afferma di com­portarSi col Suo devoto secondo il grado della sua sotto­missione. Il Signore Si riserva il diritto di non rivelarSi a tutti, ma Si manifesta soltanto alle anime a Lui arrese. Perciò, per l’anima arresa, Egli può sempre essere raggiunto dall’in­terno del cuore, mentre per le anime non arrese Egli è mol­to, molto lontano e non può essere avvicinato. A questo proposito nelle Scritture rivelate vi sono due parole molto importanti che spesso sono applicate al Signore – saguna (“con qualità”) e nirguna (“senza qualità”). Il termine saguna non implica che al Suo apparire con qualità percepibili, il Signore debba assumere una forma materiale e debba essere soggetto alle leggi della natura materiale.

Per Lui non esiste differenza tra energia materiale ed ener­gia spirituale in quanto Egli è la fonte di tutte le energie. Essendo il controllore di tutte le energie Egli non è sogget­to mai alle loro influenze, contrariamente a quanto accade a noi. L’energia materiale funziona sotto la Sua direzione; perciò Egli può utilizzare le Sue energie per i Suoi fini, sen­za mai subire l’influsso delle qualità proprie di quelle energie. In questo senso Egli è nirguna, esente da qualità materiali. D’altra parte il Signore non diventa mai un’entità senza forma perché, in ultima analisi, Egli è la forma eterna, il Signore primordiale. Il Suo aspetto impersonale, la radiosità del Brahman, non è che lo splendore dei Suoi raggi, come i raggi del Sole sono lo splendore del dio del Sole.

Quando il santo bambino Prahlada Maharaja era alla presenza del padre ateo, il padre gli domandò: “Dov’è il tuo Dio?” Alla risposta di Prahlada che Dio è presente in ogni luogo, il padre chiese con collera se il suo Dio fosse presen­te in una delle colonne del palazzo e Prahlada annuì. Subito quel re ateo colpì la colonna facendola a pezzi; il Signore allora apparve istantaneamente nella forma di Nrsimha, l’incarnazione metà uomo e metà leone e uccise il re ateo. Il Signore quindi è presente in ogni cosa e crea ogni cosa con le Sue differenti energie. In virtù del Suo inconcepibile po­tere Egli può apparire in ogni luogo al fine di favorire il Suo devoto sincero. Sri Nrsimha apparve dall’interno della co­lonna non per ordine del re ateo, ma per il desiderio del Suo devoto Prahlada. Un ateo non può ordinare al Signore di apparire, ma il Signore apparirà dovunque e comunque per manifestare la Sua misericordia al devoto.

Nella Bhagavad-gita (4.8) è anche affermato che il Signo­re appare per proteggere i credenti e vincere i miscredenti. Naturalmente Egli dispone di differenti energie e di agenti per poter vincere gli atei, ma ama favorire di persona il Suo devoto. Per questa ragione discende come incarnazione. In realtà Egli discende soltanto per favorire i Suoi devoti.

Nella Brahma-samhita (5.35) è detto che Govinda, il Si­gnore primordiale, entra in ogni cosa con la Sua parte ple­naria. Egli entra nell’universo e anche in tutti gli atomi dell’universo. Si manifesta all’esterno nella forma virat ed è situato all’interno di ogni cosa come antaryàmi. Come an­taryami Egli è il testimone di tutte le nostre azioni e ce ne concede il frutto come karma phala. Noi possiamo anche dimenticare ciò che abbiamo compiuto nelle nostre esistenze precedenti, ma poiché il Signore ne è il testimone, i risultati delle nostre azioni non scompaiono e noi dobbiamo comun­que subirne le reazioni.

All’interno e all’esterno non esiste altri che Dio. Tutto è una manifestazione delle Sue differenti energie, come accade per il calore e la luce che emanano dal fuoco; in questo senso vi è unicità fra le Sue diverse energie. Tuttavia, il Signore nella Sua forma personale gode illimitatamente di tutti i piaceri che sono goduti in piccola parte dai Suoi frammenti infinitesimali.

MANTRA 6

yas tu sarvàni bhútàny

àtmany evànupasyati

sarva-bhútesu catmànam

tato na vijugupsate

yah: colui che; tu: ma; sarvàni: tutti; bhuctàni: esseri vi­venti; àtmani: in relazione col Signore Supremo; eva: soltan­to; anupasyati: osserva in modo sistematico; sarva-bhútesu: in ogni essere vivente; ca: e; atmanam: l’Anima Suprema; tatah: in seguito; na: non; vijugupsate: odia nessuno.

TRADUZIONE

Colui che vede tutto in relazione col Signore, che vede tutti gli esseri come Suoi frammenti infinitesimali e vede il Signore in ogni cosa, non è capace di odio verso alcuno e verso alcunché.

SPIEGAZIONE

Questo Mantra descrive il maha-bhagavata, la grande personalità che vede ogni cosa in relazione con la Suprema Personalità di Dio. La presenza del Signore è realizzata in tre stadi. I kanistha-adhikari, al livello più basso, si recano nel luogo di culto, come il tempio la chiesa o la moschea secondo la loro fede religiosa, per eseguire i riti prescritti dalle loro rispettive Scritture. Essi credono che il Signore sia presente solo nel luogo di culto e sono incapaci di giudi­care la posizione del servizio devozionale o la posizione di colui che ha realizzato il Signore Supremo. Tali devoti se­guono le formule abitudinarie e talvolta litigano tra loro considerando una forma di devozione migliore di un’altra. I kanistha-adhikari in verità sono devoti materialisti e stanno soltanto cercando di trascendere la materia per raggiungere il livello spirituale. A1 secondo livello di realizzazione si situano i madhyama-adhikari. Essi fanno distinzione tra le quattro categorie di esseri: il Signore Supremo, i devoti del Signore, gli innocenti, cioè coloro che non hanno conoscen­za di Dio, e gli atei, che non hanno alcuna fede in Dio e sono pieni di odio verso coloro che praticano il servizio di devo­zione. Essi adottano un comportamento differente verso ciascuno di questi gruppi. Adorano il Signore considerandoLo l’unico oggetto del loro amore e stringono amicizia con coloro che sono situati nel servizio devozionale; cerca­no di risvegliare l’amore per Dio che dorme nel cuore degli innocenti, ma evitano gli atei che deridono il nome del Si­gnore.

Superiore al madhyama-adhikari è l’uttama-adhikari, che è in grado di vedere tutto in relazione col Signore Supremo. Egli non fa distinzione tra credente e ateo ma considera entrambi parti integranti di Dio. Sa che non esiste differenza sostanziale tra un brahmana erudito e un cane di strada, perché entrambi sono frammenti individuali del Signore, sebbene siano chiusi in corpi differenti a causa delle diffe­renti qualità dei loro atti nelle vite precedenti. Un essere ha saputo fare buon uso della limitata indipendenza che il Si­gnore gli ha concesso, perciò è ricompensato con un corpo di brahmana, mentre un altro essere, per avere usato male questa indipendenza, è punito dalle leggi della natura e si trova imprigionato nel corpo di un cane. Senza considerare i meriti del brahmana e dell’animale, l‘uttama-adhikari cerca di fare del bene a entrambi. Un devoto di tale saggezza non si lascia mai ingannare dall’apparenza esteriore del corpo, ma è attratto dalla scintilla spirituale che anima il corpo.

Coloro che imitano l’uttama-adhikari ostentando fratel­lanza e solidarietà, ma agiscono a livello esclusivamente materiale, sono falsi filantropi. La vera nozione di fratellanza universale dev’essere acquisita da un autentico uttama-adhikari e non da persone insensate che non capiscono in modo adeguato l’anima individuale o l’espansione del Signore come Anima Suprema che dimora in ogni luogo.

E’ chiaramente menzionato nel mantra che si deve “os­servare”, ossia vedere in modo sistematico. Ciò significa che si deve seguire l’acarya precedente, il perfetto maestro. Anupasyati è l’esatto termine sanscrito usato in questo contesto. Anu significa seguire e pasyati significa osservare, cioè vedere in modo sistematico, cosa che solo un perfetto acarya può insegnarci. Perciò anupasyati significa che non si dovrebbero vedere le cose a occhio nudo come si fa usual­mente, ma si devono seguire gli acarya precedenti. A causa della materia l’occhio non è sufficiente per vedere in modo adeguato. Non si può vedere senza ascoltare da una fonte superiore. E la più alta fonte della conoscenza vedica è comunicata dal Signore Stesso. Le verità vediche sono discese nella successione di maestri: dal Signore a Brahma, da Brahma a Narada, da Narada a Vyasa e da Vyasa ai suoi molti discepoli. Anticamente non era necessario registrare il linguaggio dei Veda perché le persone erano più intelli­genti ed erano dotate di memoria più acuta. Bastava ascol­tare una sola volta da un autentico maestro per poter seguire le sue istruzioni.

Attualmente esistono numerosi commentari sulle Scrit­ture vediche, ma la maggior parte di essi si allontana molto dalla linea di Srila Vyasadeva, che raccolse e compilò per primo la saggezza dei Veda. L’ultima opera di Vyasadeva, la più perfetta e la più sublime, è lo Srimad-Bhagavatam, che è il commento a un’altra sua importante opera, il Vedanta-sútra; inoltre egli mise per iscritto la Bhagavad-gita, il “Can­to del Signore”. Queste sono le Scritture più importanti, e tutti i commenti che contraddicono i princìpi della Bhaga­vad-gita e dello Srimad-Bhagavatam non sono autorizzati. Gli insegnamenti delle Upanisad, del Vedànta-sútra, dei Ve­da, della Bhagavad-gita e dello Srimad-Bhagavatam concor­dano perfettamente, perciò nessuno è abilitato a commen­tare i Veda se non ha ricevuto le istruzioni da un maestro che appartiene alla successione di Vyasadeva e che conosce Dio, la Persona Suprema, e le Sue energie, sulla base delle spiegazioni della Sri Isopanisad.

Secondo la Bhagavad-gita (18.54), soltanto l’uomo che ha raggiunto la liberazione spirituale può diventare un uttama-adhikari e considerare tutti gli esseri viventi come fratelli. Questa visione universale non può essere presa in considerazione dai politici che inseguono sempre il profitto materiale. Chi imita i sintomi di un uttama-adhikari può ser­vire il corpo esterno di qualcuno per avere fama e ricom­pense materiali, ma non serve l’anima spirituale. L’uttama-­adhikari, invece, vede l’anima in ogni essere e quando serve il prossimo è all’anima che si rivolge; in questo modo egli soddisfa automaticamente anche l’aspetto materiale.

MANTRA 7

yasmin sarvàni bhùtàny

àtmaivàbhùd vijànatah

tatra ko mohah kah soka

ekatvam anupasyatah

yasmin: nella situazione; sarvàni: tutti; bhùtàni: esseri viventi; atma: la cit-kana, o scintilla spirituale; eva: soltan­to; abhùt: esistono come; vijànatah: di colui che sa; tatra: in lui; kah: quale; mohah: illusione; kah: quale; sokah: ango­scia; ekatvam: uno in qualità; anupasyatah: di colui che vede attraverso l’autorità in materia, ovvero colui che vede co­stantemente in questo modo.

TRADUZIONE

Colui che in ogni essere vede la scintilla spirituale, iden­tica per qualità al Signore, conosce la vera natura delle cose. Che cosa potrebbe essere per Lui causa di illusione o di ansia?

SPIEGAZIONE

Nessuno, eccetto il madhyama-adhikari e l’uttama-adhikari di cui si è parlato nel Mantra precedente, può conosce­re con esattezza la posizione spirituale dell’essere vivente.

Come le scintille di un fuoco sono per qualità identiche al fuoco, così gli esseri viventi sono per qualità identici al Signore. Eppure il fuoco e le scintille non sono uguali in quantità perché non producono la stessa quantità di calore e di luce. Tutte le energie emanano da una sorgente e non differiscono da essa dal punto di vista qualitativo. Il maha-bhagavata, colui che si è interamente votato a Dio, può ve­dere l’elemento unificante in tutte le cose in quanto esse sono manifestazioni dell’energia del Signore. Tornando alla similitudine, sebbene il calore e la luce siano distinti dal fuoco, se li separiamo da esso non si può più parlare di fuoco. In sintesi, quindi, calore, luce e fuoco sono la medesima cosa. Le parole ekatvam anupasyatah, usate in questo Mantra, si­gnificano “realizzare l’elemento unificante di tutti gli esseri a partire dall’insegnamento delle Scritture”.

Le scintille individuali del tutto supremo (il Signore) possiedono quasi l’ottanta per cento delle qualità note del tutto, ma non sono uguali al Signore per quantità. Queste qualità sono presenti in quantità minima perché l’essere vi­vente è un frammento infinitesimale del tutto supremo. Per usare un’altra analogia, la quantità di sale presente in una goccia d’acqua non è paragonabile alla quantità di sale presente nell’oceano intero, ma il sale presente nella goc­cia è qualitativamente uguale per composizione chimica al sale presente nell’oceano. Se l’essere individuale fosse uguale al Signore Supremo, sia qualitativamente sia quan­titativamente, non vi sarebbe il problema di essere subor­dinati all’influenza dell’energia materiale. Nei versi prece­denti è già stato spiegato che non esiste essere vivente – neppure i potenti esseri celesti – che superi il Signore Su­premo per qualche aspetto. Perciò il termine ekatvam non significa che un essere vivente sia uguale al Signore Supre­mo sotto ogni riguardo. Esso indica invece, in senso più ge­nerale, che esiste un interesse, proprio come in una famiglia l’interesse di tutti i componenti è uno, o anche in una nazione l’interesse nazionale è uno sebbene siano molti e differenti gli individui che la compongono. Poiché gli esseri viventi sono tutti membri della medesima suprema famiglia, il loro interesse e quello dell’Essere Supremo devono coincidere. Ogni essere vivente è il figlio del Supremo Essere. Com’è affermato nella Bhagavad-gita (7.5):

Tutte le creature viven­ti dell’universo – inclusi uccelli, rettili, formiche, esseri ac­quatici, alberi ecc. – sono emanazioni della potenza margi­nale del Signore Supremo. Per questa ragione tutti loro appartengono alla famiglia dell’Essere Supremo; non vi è con­flitto di interesse.

Gli esseri spirituali sono destinati al piacere, com’è af­fermato nel Vedanta-sutra (1.1.12): ànanda-mayo ‘bhyàsat. Per natura e per costituzione ogni essere vivente, inclusi l’Essere Supremo e ognuno dei Suoi frammenti, è destinato alla felicità eterna. Gli esseri viventi, ingabbiati nell’involu­cro materiale, sono costantemente in cerca di piacere, ma lo stanno cercando a un livello sbagliato. Al di là del livello della materia, esiste il livello spirituale, dove l’Essere Su­premo Si diverte con i Suoi eterni associati. A questo livello non vi è traccia di qualità materiali e perciò quel livello è definito nirguna. Al livello di nirguna non esiste conflitto per gli oggetti di piacere.

Nel mondo materiale il conflitto tra differenti esseri in­dividuali viventi è sempre presente perché qui il vero centro del piacere è andato perduto. Il vero centro del piacere è il Signore Supremo, che è il centro della sublime, spirituale danza rasa. Qui sono tutti destinati a unirsi a Lui e a godere dell’esistenza, basata su interessi trascendentali e libera da ogni conflitto. Questo è il livello più alto di interesse spiri­tuale, e appena si realizza questa perfetta forma di unicità, non potrà più esistere problema di illusione (moha) o di la­mento (soka). La civiltà atea ha origine dall’illusione, e il risultato che ne deriva è il lamento. Una civiltà atea, come quella sponsorizzata dai politici di oggi, è sempre piena di ansia perché può andare in pezzi in qualsiasi momento. Questa è la legge della natura.

Com’è affermato nella Bhagavad-gita (7.14), solo colo­ro che si arrendono ai piedi di loto del Signore Supremo possono superare le leggi rigorose della natura. Perciò se desideriamo davvero superare ogni genere di illusione o di ansia, e creare un’unità tra tutti i diversi interessi, dobbiamo portare Dio all’interno delle nostre attività. I risultati delle nostre attività devono essere usati per servire l’interesse del Signore e non per altri fini. Soltanto se serviamo l’interesse del Signore possiamo perseguire l’interesse dell’àtma-bhúta di cui si parla qui. L’interesse dell’àtma-bhúta citato in questo Mantra e l’interesse del brahma-bhúta citato nella Bha­gavad-gita (18.54) si equivalgono. L’atma supremo, ossia l’anima, è il Signore Stesso, e l’atma infinitesimale è l’essere vivente. L’àtma supremo, ossia il Paramatma, mantiene da solo tutti i minuti esseri individuali perché il Signore vuole derivare il piacere dal loro affetto. Il padre si espande nei figli e li mantiene per derivarne un piacere. Se i figli obbedi­scono alla volontà del padre i rapporti familiari saranno armonici e tesi a un unico interesse, in un’atmosfera piace­vole. La stessa situazione è organizzata in modo trascen­dentale nella famiglia assoluta del Parabrahman, il Supre­mo Spirito.

Anche il Parabrahman è una persona come gli esseri individuali. Né il Signore né gli esseri viventi sono imperso­nali. Tali personalità trascendentali sono sature di felicità trascendentale, di conoscenza e di eternità. Questa è la vera posizione dell’esistenza spirituale, e appena si diventa pie­namente consapevoli di questa posizione trascendentale ci si arrende ai piedi di loto dell’Essere Supremo, Sri Krsna. Tuttavia un tale mahatma, ossia una grande anima come questa, si trova molto raramente perché queste realizzazioni trascendentali si raggiungono solo dopo moltissime nascite. Una volta raggiunte però, non vi saranno più né illusione né lamento né le miserie dell’esistenza materiale o della nascita e della morte, che sono tutte sperimentate nella nostra vita presente. Queste sono le informazioni che questo Mantra della Sri Isopanisad ci offre.

MANTRA 8

sa paryagàc chukram akàyam avranam

asnàviram suddham apàpa-viddham

kavir manisi paribhùh svayambhùr

yàthàtathyato ‘rthàn vyadadhac chàsvatibhyah samàbhyah

sah: quella persona; paryagàt: deve veramente conosce­re; sukram: onnipotente; akàyam: non-incarnato; avranam: irreprensibile; asnàviram: senza vene; suddham: antisetti­co; apàpa-viddham: profilattico; kavih: onnisciente; manisi: filosofo; paribhùh: il più grande di tutti; svayambhùh: che è sufficiente a se stesso; yàthàtathyatah: in questo modo; arthàn: cose desiderabili; vyadadhàt: accorda; sàsvàtibhyah: immemorabile; samàbhyah: tempo.

TRADUZIONE

Tale persona conosce in tutta la Sua verità la Personali­tà di Dio, il più grande di tutti, il non-incarnato, l’irre­prensibile, il filosofo sufficiente in se stesso, l’onnisciente, Colui che soddisfa tutti i desideri dall’origine dei tempi. Nessuna vena irriga il Suo corpo, niente contamina la Sua purezza.

SPIEGAZIONE

Questo Mantra descrive la forma eterna di Dio, la Per­sona Suprema e Assoluta. Il Signore infatti non è privo di forma, ma questa non è affatto simile alle forme dell’uni­verso materiale. Le forme degli esseri viventi sono incarna­te nella natura materiale e funzionano come qualsiasi altra macchina materiale. La struttura anatomica di un corpo materiale è una costruzione meccanica dotata di vene, ma il corpo trascendentale del Signore Supremo non ha vene. E’ chiaramente spiegato qui che Dio non è incarnato, il che significa che non esiste alcuna differenza tra il Suo corpo e la Sua anima. Nella vita materialmente condizionata l’anima differisce dal corpo materiale e dalla mente sottile. Per il Signore Supremo, invece, non vi è alcuna differenza tra il Suo corpo, la Sua mente e Lui Stesso. Egli è il Tutto completo e la Sua mente, il corpo e Lui Stesso si identificano.

Nella Brahma-samhita (5.1) vi è una descrizione simile del Signore Supremo. Egli è definito col nome di sac-cit­-ananda-vigraha, il che significa che Egli è la forma eterna pienamente rappresentata dell’esistenza trascendentale, della conoscenza e della felicità. Le scritture vediche affer­mano che il corpo trascendentale di Dio è totalmente dif­ferente dal nostro, e ciò significa che Egli ha una forma che noi non possiamo concepire; perciò si dice talvolta che Dio sia senza forma. La Brahma-samhita (5.32) spiega inoltre che l’Essere Supremo può compiere qualsiasi azione con qualsia­si parte del Suo corpo. Ciò significa che ciascuno dei Suoi organi può compiere la funzione degli altri sensi. Il Signore può camminare con le mani, accettare le offerte con le gam­be, vedere con le mani e con i piedi, ascoltare con gli occhi e così via. Secondo gli sruti-mantra, le Sue braccia e le Sue gambe, sebbene siano differenti dalle nostre, Gli permet­tono di prendere tutto ciò che Gli offriamo e di spostarSi più rapidamente di chiunque altro. Questo punto è confer­mato nell’ottavo Mantra con l’uso del termine sukram (onnipotente).

L’arca-vigraha, cioè la forma del Signore installata nel tempio da un acarya autentico che deve aver realizzato il Signore (vedi Mantra 7), non differisce dalla forma origina­le del Signore. La forma originale del Signore è quella di Sri Krsna, il quale Si espande in un numero incalcolabile di for­me, come Baladeva, Rama, Nrsimha e Varaha, che sono un’unica cosa con Lui e sono tutte Dio, la Persona Suprema.

Anche l’arca-vigraha che Si adora nei templi è una forma espansa del Signore. Si può entrare immediatamente in contatto con Dio, rendendo culto alla Sua arca-vigraha, che grazie alla Sua onnipotenza accetta il servizio del Suo devoto. L’arca-vigraha del Signore discende su richiesta degli acarya, i santi maestri, e opera esattamente come il Signore in virtù della Sua onnipotenza.

Le persone sciocche che ignorano questi Mantra della Sri Isopanisad e anche gli altri sruti-mantra, credono che l’arca-vigraha adorata dai puri devoti sia costituita di elemen­ti materiali. Anche agli occhi imperfetti dei kanistha-adhikari l’arca-vigraha può sembrare fatta di materia. Essi sono in­capaci di comprendere che il Signore, essendo onnipotente e onnisciente, può trasformare la materia in spirito e lo spirito in materia.

Nella Bhagavad-gita (9.11-12) il Signore lamenta la con­dizione degradata di queste persone che, ignorando il Suo potere, considerano materiale il Suo corpo solo per il fatto che Egli scende sulla Terra nell’aspetto di un uomo. Tali persone poco informate non conoscono la Sua onnipotenza. Il Signore quindi non Si manifesta pienamente agli specu­latori mentali. Egli può essere apprezzato solo in propor­zione alla resa di chi si sottomette a Lui. Del resto, la degradazione degli esseri viventi è dovuta solo alla dimenticanza della relazione che li unisce a Dio.

Questo Mantra, come molti altri mantra vedici, dichiara che il Signore provvede da tempo immemorabile alle neces­sità di tutti gli esseri. L’essere vivente desidera, e il Signore soddisfa il suo desiderio secondo il merito di ciascuno. Chi vuole diventare un uomo di legge, non solo deve acquisire le qualità richieste, ma anche ottenere il consenso dell’au­torità che può concedergli il titolo. Le qualifiche in se stesse sono insufficienti per occupare il posto; occorre il benestare dell’autorità superiore. Similmente il Signore ricompensa ogni essere secondo le sue qualità, ma le qualità non sono sufficienti per abilitare una persona a ricevere il riconosci­mento. E’ richiesta anche la misericordia del Signore.

Di solito gli esseri non sanno che cosa chiedere e quale posizione chiedere al Signore, ma quando l’essere vivente arriva a conoscere la sua posizione costituzionale chiede di essere accettato nell’associazione trascendentale del Signo­re per poterLo servire con amore e devozione. Sfortunata­mente gli esseri viventi subiscono l’influenza della natura materiale che fa richieste di tutt’altro genere. Queste persone sono descritte nella Bhagavad-gita (2.41), dove è affermato che l’intelligenza materiale si divide in molti rami e persegue molteplici scopi, mentre l’intelligenza spirituale tende ver­so un unico fine.

Nello Srimad-Bhagavatam (7.5.30-31) è affermato che le persone attratte dalla bellezza temporanea dell’energia esterna dimenticano il vero scopo dell’esistenza che è quello di tornare a Dio. Allora, nello sforzo di migliorare sempre più le loro condizioni di vita, elaborano ogni sorta di progetti senza accorgersi di masticare ciò che è già stato masticato. Il Signore è tuttavia così gentile che permette loro di fare ciò che desiderano senza mai interferire con i loro piani. Per questa ragione il Mantra 8 della Sri Isopanisad usa il ter­mine appropriato yathatathyatah, per indicare che il Signo­re ricambia gli esseri viventi sulla base dei loro desideri. A chi vuole condurre una vita infernale il Signore glielo per­mette senza interferire e permette a chi lo desidera di tornare nel mondo spirituale.

Il Signore è definito qui paribhuh, il più grande di tutti. Nessuno è più grande e nessuno Lo uguaglia. Gli altri esseri sono definiti mendicanti che fanno continue richieste al Signore, e il Signore concede ciò che gli esseri viventi desi­derano. Se la nostra potenza uguagliasse quella del Signore, cioè se fossimo onnipotenti e onniscienti come Lui, non avremmo bisogno di mendicare da Lui, anche se fosse per ottenere la cosiddetta liberazione. La vera liberazione consiste nel tornare a Dio, mentre la liberazione degli imper­sonalisti che consiste nel fondersi in Dio per immergersi in Lui, non è che un mito. Che si mendichino benefici materia­li o la liberazione impersonale, si tratta sempre di mendicità, e l’essere continuerà così finché non ritroverà i suoi sensi spirituali e realizzerà la sua posizione costituzionale.

Soltanto il Signore Supremo è completamente sufficien­te in Se stesso. Quando Sri Krsna apparve sulla Terra cin­quemila anni fa, esibì la Sua piena manifestazione di Persona Suprema con le Sue più varie attività. Nella Sua infanzia uccise un gran numero di esseri demoniaci e di mostri terri­bili, come Aghàsura, Bakàsura e Sakatàsura, quando a un’età così tenera era impossibile che avesse ottenuto una tale potenza con sforzi esterni. Fu capace, per esempio, di sollevare senza sforzo la collina Govardhana. Danzò con le gopi, senza preoccuparSi delle conseguenze. Sebbene le gopi Lo avvicinassero con i sentimenti amorosi di un’amante, la relazione tra Krsna e le gopi fu glorificata da Sri Caitanya che seguiva rigidamente tutte le regole del sannyasi. La Sri Isopanisad afferma in questo Mantra che il Signore è puro (suddham) e incontaminato (apàpa-viddham). Egli è “an­tisettico” nel senso che anche una cosa impura può essere purificata al Suo contatto. Apapa-viddham significa lette­ralmente “incontaminabile”, che si riferisce al potere della Sua associazione. Come è affermato nella Bhagavad-gita (9.30­31) sebbene un devoto possa commettere offese tanto da sembrare un su-duràcàra, cioè carente nel suo comporta­mento, deve essere considerato puro in quanto è situato sulla via perfetta. Ciò è dovuto alla natura “profilattica” del Si­gnore.

Inoltre Egli è apàpa-viddham perché non può essere toccato dal peccato; tutti i Suoi atti sono virtuosi, anche se talvolta può sembrare che non lo siano. Non esiste per Lui il problema di poter essere colpito dal peccato. Poiché in tutte le circostanze è suddham, il Signore è spesso parago­nato al sole che resta puro sebbene liberi dall’umidità paludi malsane e sterilizzi anche le peggiori immondizie. Se il Sole che è un semplice astro materiale, possiede questo potere che possiamo dire della potenza purificatrice dell’onnipo­tente Signore.

MANTRA 9

andham tamah pravisanti

ye ‘vidyàm upàsate

tato bhúya iva te tamo

ya u vidyàyàm ratàh

andham: ignoranza grossolana; tamah: tenebre; pravisanti: entrano; ye: coloro che; avidyàm: nescienza; upàsate: colti­vano; tatah: di quello; bhúyah: ancora di più; iva: come; te: essi; tamah: tenebre; ye: coloro che; u: anche; vidyàyàm: a coltivare la conoscenza; ratàh: impegnati.

TRADUZIONE

Coloro che coltivano le attività della nescienza sprofon­deranno nelle più oscure tenebre dell’ignoranza, ma ancora peggiore sarà il destino di coloro che sono impegnati a col­tivare la falsa conoscenza.

SPIEGAZIONE

Questo Mantra offre uno studio comparativo di vidya e di avidya. Avidya, l’ignoranza, è indubbiamente pericolosa, ma vidya, ossia la conoscenza, lo è ancora di più quando è male interpretata e deviata. Questo Mantra è applicabile più che nel passato alla nostra società, che ha fatto grandi pro­gressi nel campo dell’educazione di massa, ma ha reso sempre più infelici le persone mettendo in rilievo il pro­gresso materiale ma escludendo l’aspetto più importante dell’esistenza, la spiritualità.

Il primo Mantra della Sri Isopanisad ha spiegato molto chiaramente che la vidya (la conoscenza pura) consiste nel sapere che il Signore Supremo è il proprietario di tutto ciò che esiste, e che l’avidya (l’ignoranza) consiste nel dimen­ticare questa verità. Quanto più dimentichiamo questa verità, tanto più sprofondiamo nelle tenebre. Sulla base di queste indicazioni possiamo affermare che una società sen­za Dio, volta verso un preteso sviluppo della conoscenza, è più temibile di una società dove la massa è meno “istruita”.

Tra le differenti categorie di uomini -karmi, jnàni e yogi – i karmi ricercano i piaceri terreni, e nella società attuale quasi tutti appartengono a questa categoria impegnandosi nelle attività della gratificazione dei sensi. Nella società at­tuale il 99,9 per cento delle persone sono impegnate in que­ste attività gratificatorie all’insegna dell’industrializzazione, dello sviluppo economico, dell’altruismo, dell’attivismo politico, ecc. Tutte queste attività sono più o meno basate sulla soddisfazione dei sensi fino ad escludere il genere di coscienza di Dio descritto nel primo Mantra di quest’opera. I jnàni e gli yogi ricercano la Verità Assoluta, gli uni attra­verso la speculazione filosofica, gli altri praticando lo yoga in una delle sue molteplici forme. Nel linguaggio della Bhagavad-gita (7.15) le persone impegnate nella gratifica­zione grossolana dei sensi sono definite mudha o asini. L’a­sino è il simbolo della stupidità. Secondo la Sri Isopanisad, una società che è unicamente alla ricerca del piacere onora l‘avidya; l’ignoranza, e coloro che favoriscono lo sviluppo di questo genere di cultura in nome di un preteso avanza­mento nel campo dell’educazione provocano un danno ancora più grande di coloro che godono del piacere dei sensi a livello grossolano. L’apprendimento raggiunto da una popolazione atea è tanto pericoloso quanto un gioiello sulla testa di un cobra. Un cobra ornato di una pietra preziosa non è per questo meno pericoloso di un altro cobra. Nel­l‘Hari-bhakti-sudhodaya (3.11.12) il progresso del livello di educazione ottenuto dalle persone che ignorano Dio è paragonato ai gioielli posti su un cadavere. In India e in altri Paesi, alcuni hanno l’abitudine di decorare i cadaveri per portarli in processione in mezzo alla famiglia in lacrime. Similmente la civiltà moderna è un mosaico di attività de­stinate a coprire le eterne miserie dell’esistenza materiale. Tutte queste attività tendono alla gratificazione dei sensi, al di sopra dei sensi vi è la mente, al di sopra della mente vi è l’intelligenza, e al di sopra dell’intelligenza sta l’anima. Lo scopo dell’educazione dovrebbe essere quello di realizzare il sé, cioè di realizzare i valori spirituali dell’anima. Ogni insegnamento che non conduce a questa realizzazione deve essere considerato avidya, ossia ignoranza. Coltivare tale nescienza equivale a scendere nelle regioni più scure del­l’ignoranza.

Secondo la Bhagavad-gita (2.42 e 7.15) i falsi educatori mondani sono i veda-vada-rata ed i mayayapahrta jnana. Essi possono essere anche atei demoniaci, i più bassi tra gli uo­mini. I veda-vada-rata si atteggiano a persone molto esper­te nel campo della letteratura vedica, ma sfortunatamente sono completamente deviati rispetto alle finalità dei Veda. Nella Bhagavad-gita (15.15) è affermato che la finalità dei Veda è quella di conoscere Dio, la Suprema Personalità, ma in realtà i veda-vada-rata non sono affatto interessati a co­noscere Dio. A1 contrario essi sono affascinati dai risultati dell’attività interessata, grazie ai quali è possibile raggiun­gere i pianeti celesti. Com’è affermato nel Mantra 1, do­vremmo sapere che Dio, la Persona Suprema, è il proprietario di tutto e noi dovremmo essere soddisfatti di ricevere ciò che ci viene assegnato per le necessità della vita. La fi­nalità di tutti i Veda è di risvegliare questa conoscenza di Dio nell’essere vivente dimentico, e questa stessa finalità è presentata in vari modi nelle diverse scritture del mondo per la comprensione degli sciocchi esseri umani. Si può concludere quindi che il fine supremo di tutte le religioni è di riportarci a Dio, nella nostra dimora originale.

I veda-vada-rata però, invece di realizzare quella finalità dei Veda che consiste nel risvegliare la perduta relazione dell’anima con Dio, la Persona Suprema, danno per scontato che tali sbocchi laterali come il raggiungimento dei pianeti celesti per la gratificazione dei sensi – la lussuria, causa della prigionia materiale – sono il fine supremo dei Veda. Queste persone sviano gli altri con un’errata interpretazio­ne della letteratura vedica. Talvolta essi condannano anche i Purana che sono autentiche spiegazioni vediche per l’uomo comune. I veda-vada-rata danno le loro spiegazioni, trascurando l’autorità dei grandi maestri. Essi tendono an­che ad innalzare persone senza scrupoli e a presentarle come esponenti-guida nel campo della conoscenza vedica. Questi veda-vada-rata sono particolarmente condannati in questo Mantra con le parole sanscrite appropriate vidyà-yàm ratàh. Vidyàyàm si riferisce allo studio dei Veda perché i Veda co­stituiscono l’origine di ogni conoscenza (vidyà) e ratàh si­gnifica “coloro che si impegnano”. Vidyàyàm ratàh signifi­ca quindi “coloro che sono impegnati nello studio dei Veda”. I cosiddetti studiosi dei Veda sono condannati qui perché ignorano la reale finalità dei Veda a causa della loro disub­bidienza agli acarya. Tali veda-vada-rata vanno a scovare significati in ogni parola dei Veda per perseguire le loro personali finalità. Non sanno che la letteratura vedica è una raccolta di libri straordinari che possono essere compresi soltanto attraverso l’eterna successione dei maestri.

Si deve accettare un maestro spirituale autentico per comprendere il messaggio trascendentale dei Veda. Questi veda-vàda-rata, invece, hanno i loro propri acarya che non appartengono a una catena trascendentale di maestri. Essi quindi avanzeranno nella regione più scura dell’ignoranza interpretando erroneamente la letteratura vedica. Essi ca­dono in un’ignoranza anche più profonda di coloro che non hanno alcuna conoscenza dei Veda.

I màyayàpahrta jnàna sono coloro che si autoproclamano dei. Tali uomini credono di essere Dio e pensano quindi che non vi sia necessità di adorare altri dei. Saranno d’accordo nell’adorare un uomo ordinario, se per caso si tratta di una persona ricca, ma non adoreranno mai Dio, la Persona Su­prema. Tali persone non riescono a riconoscere la loro stoltezza né si soffermano a considerare come sia possibile, che Dio Si lasci intrappolare da maya, la Sua energia ester­na. Se Dio fosse intrappolato da maya, maya sarebbe molto più potente di Dio. Essi dicono che Dio è il più potente, ma non pensano che se Dio è onnipotente non vi è possibilità per Lui di essere superato da maya. Gli uomini che si pro­clamano Dio non possono rispondere a queste domande in modo chiaro; restano solo soddisfatti nel credere di essere diventati essi stessi Dio.

MANTRA 10

anyad evàhur vidyaya-

nyad àhur avidyaya

iti susruma dhirànam

ye nas tad vicacaksire

anyat: differente; eva: sicuramente; àhuh: dice; vidyaya: coltivando la conoscenza; anyat: differente; àhuh: disse; avidyaya: coltivando la nescienza; iti: così; susruma: udii; dhi­

rànàm: dai sobri; ye: coloro; nah: a noi; tat: quello; vica­caksire: spiegato.

TRADUZIONE

I saggi hanno spiegato che il risultato ottenuto coltivan­do la conoscenza è di natura differente dal risultato ottenu­to coltivando la nescienza.

SPIEGAZIONE

Il tredicesimo capitolo della Bhagavad-gita (13.8-12) c’in­segna a coltivare la conoscenza nel modo seguente:

1) diventare perfettamente onesti e imparare a rispettare gli altri;

2) non pretendere di essere uno spiritualista al solo scopo di ottenere gloria e fama;

3) non gettare gli altri nell’ansia con i nostri atti, le no­stre parole e i nostri pensieri;

4) imparare a essere tolleranti anche di fronte alle pro­vocazioni;

5) evitare, l’ipocrisia nei nostri rapporti con gli altri;

6) rivolgere domande sulla Verità Assoluta a un mae­stro spirituale autentico, studiare la scienza spirituale sotto la sua guida e affidarsi completamente a lui servendolo;

7) seguire i princìpi regolatori raccomandati dalle Scrit­ture al fine di avvicinarsi alla realizzazione spirituale;

8) essere fissi nella fede per gli insegnamenti delle Scrit­ture;

9) astenersi da tutte le attività che possono rallentare il nostro progresso nella realizzazione spirituale;

10) evitare di prendere più di quello che il corpo richiede per il proprio sostentamento;

11) non commettere mai l’errore d’identificarsi col pro­prio corpo grossolano né considerare nostre le per­sone che sono collegate col nostro corpo;

12) ricordarsi sempre che finché avremo un corpo mate­riale dovremo far fronte alle sofferenze della nascita, della vecchiaia, della malattia e della morte. E’ inuti le fare piani per cercare di sottrarsi a questi mali; dobbiamo invece ritrovare la nostra identità spirituale;

13) non cercare di ottenere un maggior numero di facili­tazioni materiali di quanto non sia necessario per la nostra evoluzione spirituale;

14) non attaccarsi alla moglie, ai figli e alla casa più di quanto le Scritture raccomandino;

15) restare equanimi di fronte a ciò che è desiderabile e indesiderabile, sapendo che tali sentimenti sono cre­ati dalla nostra mente;

16) diventare un puro devoto di Sri Krsna, Dio, la Perso­na Suprema, e servirLo con rapita attenzione;

17) sviluppare il desiderio di risiedere in un luogo solitario, calmo e tranquillo, favorevole alla ricerca spiri­tuale ed evitare i luoghi dove si radunano gli abhakta;

18) diventare uno scienziato o un filosofo e fare ricerche nell’ambito della conoscenza spirituale riconoscen­do che questa è permanente mentre la conoscenza materiale ha termine col corpo.

Questi diciotto princìpi, insieme combinati, danno luogo ad un graduale procedimento che permette di sviluppare la vera conoscenza, mentre tutti gli altri metodi sono considerati appartenere alla categoria della nescienza. Srila Bhakti­vinoda Thàkura, un grande acarya, sosteneva che la conoscenza materiale, in tutte le sue forme, è una semplice ma­nifestazione dell’energia illusoria e può rendere l’uomo si­mile a un asino. Lo stesso principio è affermato nella Sri Ispanisad: l’uomo si degrada in proporzione all’avanzamen­to della sua conoscenza materiale. Alcuni politici materiali­sti, travestiti da spiritualisti, lamentano il carattere satani­co della società attuale, ma sfortunatamente non si curano di acquisire la conoscenza perfetta espressa nella Bhagavad­-gita e non possono quindi cambiare tale satanica situazione.

Attualmente anche un bambino pensa di essere indipen­dente e non mostra più alcun rispetto verso gli adulti. Poiché le università offrono ai giovani solo una falsa educazione, essi diventano causa d’inquietudine per i loro genitori e professori. La Sri Isopanisad ci avverte con forza del pericolo che corriamo coltivando la conoscenza materiale invece della conoscenza spirituale. Le università sono veri e propri circoli d’ignoranza e gli “scienziati” da esse prodotti si oc­cupano soltanto di inventare armi letali per distruggere l’esistenza di altri paesi. Oggi gli studenti non ricevono nel­le università alcuna istruzione sui princìpi regolatori del brahmacarya (vita dello studente celibe) e non hanno alcu­na fede nelle ingiunzioni delle Scritture. Da ciò derivano continui conflitti, non solo nel campo sociale e politico, ma anche nel campo della religione.

Il nazionalismo ha potuto svilupparsi nel mondo solo a causa della cultura della nescienza a livello generale. Nes­suno considera più il fatto che il piccolo pianeta Terra non è altro che una massa di materia insignificante fluttuante nell’immensurabile spazio insieme ad altre innumerevoli masse simili. Paragonate alla vastità dello spazio queste masse di materia sono simili a polvere nel vento, ma conten­gono tutto ciò che è necessario per mantenersi nello spazio in quanto Dio ha dato a ciascuna la sua autonomia. I piloti delle nostre navi spaziali sono molto orgogliosi dei loro successi, ma non hanno considerazione per lo scienziato supremo, il supremo pilota di queste più grandi, gigante­sche navi spaziali chiamati pianeti. Innumerevoli sistemi planetari gravitano intorno agli innumerevoli Soli che flut­tuano nello spazio. Eppure noi, minuscole creature, parti­celle infinitesimali del Signore Supremo, cerchiamo vita dopo vita di dominare questa infinità di pianeti, e siamo invece continuamente vinti dalla vecchiaia e dalla malattia. La longevità dell’uomo è di circa cent’anni, ma andrà gra­dualmente decrescendo fino ai venti o trent’anni soltanto. A causa della cultura della nescienza uomini sciocchi hanno creato le loro nazioni su questi pianeti per aggrapparsi al piacere dei sensi in modo più efficace durante questi pochi anni. Essi fanno progetti su progetti per ottenere de­marcazioni perfette, un compito che è totalmente irrea­lizzabile. Eppure proprio per questa ragione ogni nazione è diventata fonte di grande ansia per gli altri. Più del 50 per cento dell’energia nazionale è destinata a misure difensive e quindi è sprecata, ma la gente è falsamente orgogliosa e si crede avanzata sia nella conoscenza materiale sia in quella spirituale.

La Sri Isopanisad ci avverte che questo genere di conce­zione è dannoso e la Bhagavad-gita offre istruzioni utili allo sviluppo della vera conoscenza. Questo Mantra afferma che le istruzioni di vidya (conoscenza) devono essere acquisite da un dhira, una persona che non è disturbata dall’illusione materiale. Nessuno riesce a non essere disturbato senza es­sere perfettamente realizzato spiritualmente, perché, giunto a quel livello egli non aspira più a niente e non si lamenta per nessuna ragione. Un dhira sa che il corpo e la mente acquisiti a contatto con la materia sono elementi estranei al sé e si limita quindi a fare buon uso di un cattivo affare. Il corpo e la mente sono un cattivo affare per l’essere vivente spirituale. L’essere vivente ha funzioni reali nel mondo vi­vente, il mondo spirituale, mentre questo mondo materiale è morto. Finché le scintille spirituali manipolano gli ammassi di materia morta, il mondo morto sembra un mondo vivo. In realtà sono le anime, frammenti del supremo essere viven­te, che muovono il mondo. I dhira sono venuti a conoscenza di ciò ascoltando da autorità superiori ed hanno realizzato questa conoscenza seguendo i princìpi regolatori.

Per seguire i princìpi regolatori si deve prendere rifugio in un maestro spirituale autentico. Il messaggio trascenden­tale e i princìpi regolatori discendono dal maestro spirituale al discepolo. Tale conoscenza non ci arriva nel modo rischio­so che è proprio di una conoscenza inconsapevole. Si diven­ta dhira soltanto sottomettendosi e ascoltando da un mae­stro spirituale autentico. Arjuna, per esempio, diventò dhira ascoltando in modo sottomesso da Sri Krsna, Dio, la Supre­ma Persona Stessa. Perciò il perfetto discepolo deve essere come Arjuna e il maestro spirituale deve equivalere al Signo­re Stesso. Questo è il metodo per apprendere vidya da un dhira.

Un adhira (chi non si sottopone all’addestramento di un dhira) non può essere un istruttore. I politici moderni si at­teggiano a dhira, ma sono adhira e non ci si può aspettare di poter ricevere la conoscenza da loro. Sono soltanto indaf­farati a valutare la loro remunerazione in denaro sonante. Come potrebbero quindi guidare la massa sul giusto sentiero della realizzazione spirituale? Per avere un’educazione ef­fettiva si deve ascoltare un dhira

MANTRA 11

vidyam cavidyam ca yas

tad vedobhayam saha

avidyaya mrtyum tirtva

vidyayamrtam asnute

vidyàm: conoscenza reale; ca: e; avidyàm: nescienza; ca: e; yah: una persona che; tat: quello; veda: conosce; ubha­yam: i due; saha: simultaneamente; avidyaya: coltivando la nescienza; mrtyum: morte ripetuta; tirtvà: trascendendo; vidyaya: coltivando la conoscenza; amrtam: immortalità; asnute: gode.

TRADUZIONE

Soltanto chi può apprendere di pari passo il procedimen­to della nescienza e quello della conoscenza trascendenta­le, può trascendere l’influenza delle nascite e delle morti ripetute e godere dei pieni benefici dell’immortalità.

SPIEGAZIONE

Fin dai tempi della creazione dell’universo materiale tutti si sforzano di diventare immortali, ma le leggi della natura sono così severe che nessuno ha mai evitato la mano della morte. Nessuno vuole morire e neppure invecchiare o am­malarsi, è un fatto, ma le leggi della natura non risparmiano a nessuno la sofferenza, la vecchiaia e la morte, e non sarà il progresso della conoscenza materiale a risolvere questi problemi. Sebbene la scienza materiale abbia permesso all’uomo di scoprire l’energia nucleare per accelerare il pro­cesso della morte, niente può proteggere l’uomo dalle mani crudeli della sofferenza, della vecchiaia e della morte.

Nei Purana leggiamo delle malvagità di Hiranyakasipu, re famoso per la sua potenza eccezionale, un re che era molto avanzato nel campo della conoscenza materiale. Volendo vincere la morte crudele con le sue acquisizioni materiali e con la forza della sua nescienza, egli si sottomise a un’ascesi così severa che gli abitanti di tutti i sistemi planetari furono disturbati dai suoi poteri mistici. Egli obbligò Brahma, il più potente degli esseri celesti, ad andare da lui, e gli chiese la benedizione di diventare un amara, cioè un essere immor­tale. Brahma non poté accordargli questa benedizione af­fermando che lui stesso, pur essendo il creatore che dirige tutti i pianeti, non è immortale. Come conferma la Bhagavad-­gita (8.17), la vita di Brahma è lunghissima ma anch’essa ha una fine.

Hiranya significa “oro” e kasipu significa “letto soffice”. A questo signore interessavano il denaro e le donne, e voleva goderne il più a lungo possibile diventando immortale. Poiché Brahma gli rispose che non poteva garantirgli il dono dell’immortalità, Hiranyakasipu richiese di non essere ucciso né da un uomo né da un animale né da un deva né da alcun altro essere appartenente agli 8 milioni e 400 mila specie viventi; di non morire sulla terra, nell’aria o nell’acqua e di non essere colpito mortalmente da nessun’arma. In questo modo scioccamente Hiranyakasipu pensò di essersi messo al sicuro dalla morte. Tuttavia morì, ucciso da Dio, la Persona Suprema, il quale apparve davanti a lui nella forma di Nrsimha, l’incarnazione mezzo uomo e mezzo leone, e usò i Suoi artigli come arma.

Hiranyakasipu non fu ucciso né sulla terra né nell’aria né nell’acqua, ma sulle ginocchia di Nrsimha, quell’essere vivente meraviglioso la cui forma è al di là di ogni conce­zione. Il punto nodale qui è che neppure Hiranyakasipu, il più potente dei materialisti, riuscì con le sue macchinazioni a sfuggire alla morte. Che dire allora dei piccoli Hiranya­kasipu di oggi, i cui piani sono sempre sventati?

La Sri Isopanisad ci insegna a non fare tentativi unilate­rali per vincere la lotta dell’esistenza. Tutti lottano dura­mente per l’esistenza, ma le leggi della natura materiale sono così severe che non permettono a nessuno di superarle. L’unica via per ottenere l’immortalità consiste nel prepararsi a tornare a Dio, nella nostra dimora originale.

Il metodo che ci permette di tornare a Dio, è un ramo differente della conoscenza e deve essere appreso attraverso le Scritture vediche, come le Upanisad, il Vedanta-sutra, la Bhagavad-gita e lo Srimad-Bhagavatam. Dobbiamo studia­re queste Scritture e acquisire la conoscenza spirituale, se vogliamo essere felici in questa vita e ottenere un’esistenza di eterna felicità dopo aver lasciato il corpo.

L’essere condizionato ha dimenticato la sua relazione eterna con Dio ed ha erroneamente accettato il luogo tem­poraneo in cui è nato come la cosa più importante. Il Signore similmente ha trasmesso le Scritture sopracitate in India e ha dato anche altre Scritture in altri luoghi, affinché gli uomini dimentichi sappiano che la loro vera dimora non è in questo mondo materiale. L’essere vivente è di natura spi­rituale perciò trova la soddisfazione solo tornando nella sua dimora spirituale.

Dal Suo regno Dio, la Personalità Suprema, incarica i Suoi puri devoti di trasmettere la conoscenza che permetterà alle anime condizionate di tornare a Lui, e talvolta Egli stesso scende per compiere questa missione. Poiché gli esseri viven­ti sono i Suoi amati figli, i Suoi frammenti infinitesimali, Dio è ancora più addolorato di noi nel vedere le sofferenze che ci affliggono nel corso dell’esistenza materiale.

Le miserie del mondo materiale servono a farci ricordare la nostra incompatibilità con la materia morta. Le persone intelligenti generalmente prendono nota di queste reminiscenze e coltivano la conoscenza trascendentale, cioè vidya. La vita umana è il terreno più favorevole per coltivare la conoscenza spirituale, e chi non si avvantaggia di questa opportunità è chiamato naradhama, il più degradato degli uomini.

La via dell’avidya, cioè il progresso nella vita materiale finalizzato al piacere dei sensi, è la via che porta al ciclo ripetuto di nascite e morti. Vivendo spiritualmente, l’essere non è soggetto alla nascita e alla morte. Queste si applicano soltanto al corpo che è il rivestimento dell’anima. Proprio come si gettano dei vestiti usati per indossarne di nuovi, l’anima passa da un corpo a un altro al momento della mor­te. Ma coloro che sono grossolanamente assorti nella cultura dell’avidya, la nescienza, non hanno consapevolezza della trasmigrazione dell’anima; attratti dalla bellezza dell’ener­gia illusoria, essi si sottopongono ripetutamente alle stesse miserie senza apprendere le lezioni che le leggi della natura impartiscono loro.

Perciò la cultura di vidya, la conoscenza spirituale è es­senziale per l’uomo. Il piacere dei sensi nella condizione materiale di malattia deve essere ridotto al minimo. Il pia­cere dei sensi illimitato nella condizione corporea conduce all’ignoranza e alla morte. In realtà, l’essere non è privo di sensi spirituali; ogni essere nella sua forma originale spiri­tuale è dotato di tutti i sensi che ora sono materialmente manifestati, essendo egli coperto dal corpo e dalla mente materiali. Le attività dei sensi materiali non sono altro che riflessi distorti delle attività dei sensi spirituali. Nella sua condizione malata l’anima si impegna in attività materiali sotto la copertura della materia. Il vero piacere dei sensi è possibile solo quando la malattia del materialismo è rimossa. Nella nostra pura forma spirituale, libera dalle contaminazioni materiali il vero godimento dei sensi è possibile. Come un paziente deve recuperare la salute prima di trovare di nuovo il piacere dei sensi, così la meta della vita umana dovrebbe essere quella di curare la malattia materiale, non di godere dei sensi in modo distorto. Un aggravamento del male non è il sintomo di conoscenza, ma un segno di avidya, di ignoranza. Per star bene una persona non deve far salire la sua temperatura al massimo, ma deve riportarla alla norma. L’orientamento della cultura materiale tende a far crescere la condizione materiale febbrile, tanto che l’ha portata alla massima temperatura nella forma di energia atomica. E intanto i politici stolti si lamentano continuamen­te per la posizione precaria e infernale in cui il mondo ver­sa. Questo è il risultato del progresso della conoscenza materiale e del fatto di aver trascurato l’aspetto più impor­tante della vita, la cultura della conoscenza spirituale. La Sri Isopanisad ci consiglia qui di non seguire la pericolosa via che porta alla morte. Dobbiamo coltivare la conoscenza spirituale, in modo da poterci liberare completamente dalle mani della morte.

Ciò non significa che dovremmo cessare di prenderci cura del corpo. Sarebbe tanto irragionevole per l’uomo trascurare i bisogni vitali quanto sarebbe assurdo cercare di far cadere la temperatura a zero per curare una malattia. L’espressione più adatta e chiara è che si deve invece cercare di fare il miglior uso di un cattivo affare. Per coltivare la conoscenza spirituale è necessario l’aiuto del corpo e della mente. Perciò il mantenimento del corpo e della mente è richiesto, se vogliamo raggiungere la nostra meta. I grandi saggi dell’India desideravano mantenere sana la società con un giusto equilibrio di conoscenza materiale e di conoscenza spirituale; mai essi avrebbero permesso all’uomo di abusare della sua intelligenza ai fini di una malata gratificazione dei sensi.

Le attività dell’uomo, malate a causa della tendenza verso la gratificazione dei sensi sono state regolate nei Veda me­diante i princìpi della salvezza. Questo metodo si serve della religione, dello sviluppo economico, della gratificazione dei sensi e della liberazione, ma attualmente le persone non sono attratte dalla religione o dalla liberazione. Essi hanno solo una meta nella vita – la gratificazione dei sensi – e per ottenerla fanno piani di sviluppo economico. Uomini mal guidati pensano che la religione dovrebbe essere man­tenuta perché contribuisce allo sviluppo economico, che è utile ai fini della gratificazione dei sensi. Così per garantirsi un’ulteriore gratificazione dei sensi dopo la morte, in cielo, vi è un metodo religioso da osservare. Questo però non si­gnifica realizzare il fine della religione. Il sentiero della religione è in realtà destinato alla realizzazione del sé, e lo sviluppo economico è richiesto per mantenere il corpo in una condizione sana. L’uomo dovrebbe condurre una vita sana e mantenere sana la mente al fine di realizzare vidya, la vera conoscenza, che è la meta della vita umana. Questa vita non è destinata a farci lavorare come asini e a coltivare l’avidya ai fini della gratificazione.

Il sentiero di vidya è perfettamente presentato nello Srimad-Bhagavatam (1.2.14), il quale indirizza gli esseri umani a servirsi della vita per fare domande sulla Verità Assoluta. La Verità Assoluta è realizzata gradualmente come Brahman, come Paramatma e infine come Bhagavan, Dio, la Persona Suprema. La Verità Assoluta può essere realizzata da un uomo dotato di mente aperta che ha raggiun­to la conoscenza e il distacco seguendo i diciotto princìpi della Bhagavad-gita descritti nel Mantra 10. Lo scopo cen­trale di questi diciotto princìpi consiste nel raggiungimento del servizio devozionale trascendentale offerto alla Supre­ma Personalità di Dio. Perciò tutte le categorie di uomini sono incoraggiate ad apprendere l’arte del servizio devozio­nale al Signore.

Il servizio più sicuro per ottenere vidya è descritto da Srila Rupa Gosvami nel suo Bhakti-rasamrta-sindhu, tradotto in Italiano col titolo Il Nettare della Devozione. La cultura di vidya è sintetizzata nello Srimad-Bhagavatam (1.2.14) col verso seguente:

tasmàd ekena manasa

bhagavan sàtvatàm patih

srotavyah kirtitavyas ca

dhyeyah pùjyas ca nityada

“Perciò con attenzione univoca si dovrebbe costantemente ascoltare, glorificare, ricordare e adorare Dio, la Suprema Personalità, che è il protettore dei Suoi devoti”.

Se la religiosità, lo sviluppo economico e la gratificazione dei sensi non sono tesi al raggiungimento del servizio devo­zionale al Signore, non sono altro che forme differenti di nescienza, come indica la Sri Isopanisad nei Mantra che se­guono.

MANTRA 12

andham tamahpravisanti

ye ‘sambhutim upàsate

tato bhùya iva te tamo

ya u sambhùtyam ratàh

andham: ignoranza; tamah: tenebre; pravisanti: entra­no; ye: coloro che; asambhutim: esseri celesti; upàsate: ren­dono culto; tatah: di quello; bhùyah: ancora di più; iva: co­me; te: quelli; tamah: tenebre; ye: coloro che; u: anche; sam­bhùtyàm: nell’Assoluto; ratàh: impegnati.

TRADUZIONE

Coloro che rendono culto agli esseri celesti precipitano nelle più tenebrose regioni dell’ignoranza; ma più terribile ancora è il destino di chi adora l’Assoluto impersonale.

SPIEGAZIONE

La parola sanscrita asambhuti indica coloro che non hanno esistenza indipendente. Krsna, Dio, la Persona Supre­ma, è sambhuti, perfettamente indipendente. Nella Bhaga­vad-gita (10.2) Sri Krsna afferma:

na me viduhsura-gana

prabhavam na maharsayah

aham adir he devànam

maharsinam ca sarvasah

“Né la moltitudine di esseri celesti né i grandi saggi cono­scono la Mia origine o le Mie opulenze perché lo sono la fonte, sotto ogni aspetto, sia degli uni sia degli altri”. Krsna quindi è l’origine dei poteri affidati agli esseri celesti, ai grandi saggi e ai mistici. Tuttavia, sebbene essi siano dotati di tali grandi poteri restano limitati, e non è facile quindi per loro comprendere in che modo Dio, in virtù della Sua potenza interna, appare e agisce in questo mondo nella forma di un uomo comune.

Molti filosofi e grandi rsi, ossia i mistici, cercano di distin­guere il relativo dall’Assoluto con l’aiuto delle loro piccole facoltà mentali; ciò può soltanto aiutarli a raggiungere una concezione negativa dell’assoluto, inefficace per il rag­giungimento di qualsiasi traccia positiva dell’Assoluto stesso.

La definizione dell’Assoluto che si basa sulla negazione non è completa. Tali definizioni negative riconducono a un concetto di se stessi. Così si immagina che l’Assoluto debba essere senza forma e senza qualità. Tali qualità negative sono soltanto l’inversione di qualità materiali e sono quindi an­ch’esse relative. Questa concezione dell’Assoluto permet­te tutt’al più di raggiungere la radiosità impersonale di Dio, conosciuto come Brahman, la luce che emana dalla Perso­na Suprema, ma non dà accesso alla realizzazione di Bha­gavan, la Persona Suprema. Questi speculatori mentali i­gnorano che Krsna è Dio, che il Brahman impersonale è la luminosità irradiante del Suo corpo trascendentale, e che il Paramatma o Anima Suprema, la Sua rappresentazione plenaria onnipresente. Essi non sanno che Krsna è dotato di una forma spirituale eterna, piena di qualità trascendentali di eterna felicità e conoscenza. Gli esseri celesti dipendenti o i grandi saggi Lo considerano un potente essere celeste e credono che la radiosità del Brahman sia la Verità Assoluta. I bhakta, invece, per il fatto di essersi arresi a Lui e grazie alla loro pura devozione al Signore, sanno che Egli è la Persona Assoluta e che tutto emana da Lui. Tali devoti of­frono un servizio d’amore ininterrotto a Krsna, che è la fonte di tutto ciò che esiste.

Nella Bhagavad-gita (7.20, 23), è spiegato che solo le per­sone meno intelligenti e confuse, schiave della gratificazione dei sensi, rendono culto agli esseri celesti per vedere ri­solti i loro problemi temporanei. Gli esseri celesti però of­frono solo soluzioni provvisorie. Poiché l’essere vivente è impegnato nella materia, deve trovare sollievo alla prigionia materiale raggiungendo il livello dello spirito, dove si rag­giungono eternità, felicità e conoscenza. La Sri Isopanisad perciò ci consiglia di non cercare un sollievo temporaneo alle nostre difficoltà adorando gli esseri celesti dipendenti, i quali possono elargire solo benefici temporanei. Conviene invece adorare la Personalità Assoluta di Dio, Krsna, che è infinitamente affascinante e può concederci la completa li­bertà dalla prigionia materiale riportandoci a Lui, nella nostra dimora originale.

Nella Bhagavad-gita (7.20, 23) è affermato inoltre che gli adoratori degli esseri celesti raggiungono i pianeti degli esseri celesti. Coloro che adorano la Luna per esempio, an­dranno sulla Luna e coloro che adorano il Sole andranno sul Sole. Il tentativo degli scienziati moderni di andare sul­la Luna con mezzi spaziali non è una novità. E’ naturale che l’uomo, che è dotato di una coscienza superiore, cerchi di viaggiare nello spazio per raggiungere altri pianeti sia con l’aiuto di missili sia coi poteri sovrannaturali sia mediante l’adorazione degli esseri celesti. Le Scritture vediche affer­mano che questi tre metodi permettono di andare su altri pianeti, ma raccomandano in particolare l’adorazione degli esseri celesti. Tuttavia, i pianeti dell’universo materiale sono residenze temporanee; gli unici pianeti permanenti sono i Vaikunthaloka, che sono situati nel mondo spirituale e sono la dimora del Signore Supremo. Nella Bhagavad-gita è af­fermato:

àbrahma-bhuvanàl lokàh

punar àvartino ‘rjuna

màm upetyà tu kaunteya

punar janma na vidyate

“Tutti i pianeti dell’universo, dal più evoluto al più basso, sono luoghi di sofferenza, dove nascita e morte si susseguo­no. Ma per colui che raggiunge il Mio regno, o figlio di Kunti, non esiste più nascita” (B.g. 8.16).

La Sri Isopanisad precisa che adorando gli esseri celesti e raggiungendo i loro pianeti si rimarrà nella regione più tenebrosa dell’universo. L’intero universo è avvolto da gi­ganteschi strati di elementi materiali come una noce di coc­co è avvolta da un guscio, ed è per metà piena d’acqua. Poiché questa copertura è ermetica, vi regnerebbe una oscurità totale se non vi fossero il Sole e la Luna ad illumi­narla. A1 di là dell’universo vi è l’illimitata espansione del brahmajyoti, che contiene un numero incalcolabile di pia­neti Vaikuntha. Tra questi pianeti, il più alto e il più grande è Krsnaloka, o Goloka Vrndàvana, dove risiede Sri Krsna, Dio, la Persona Suprema. Sri Krsna non Si allontana mai da Krsnaloka, dove dimora in compagnia dei Suoi compagni eterni; eppure Egli è onnipresente sia nella manifestazione materiale sia nella manifestazione cosmica spirituale. Questa verità è già stata spiegata nel Mantra 4. Il Signore è pre­sente in ogni luogo proprio come il Sole, tuttavia è situato in un luogo ben preciso proprio come il Sole, che è situato nella sua orbita costante.

Perciò la Sri Isopanisad consiglia di non disturbarsi a cercare qualche altra destinazione in questo oscuro mondo materiale, ma di uscirne e di raggiungere il radioso mondo di Dio. Vi sono molti pseudo-adoratori che si danno alla religione solo per ottenere fama e reputazione. Essi non desiderano uscire dai limiti di quest’universo né di raggiun­gere il cielo spirituale. Essi desiderano mantenere il loro status nel mondo materiale nelle vesti di adoratori del Signo­re. Gli atei e gli impersonalisti guidano questi stolti pseudo­religiosi nelle regioni più oscure predicando il culto dell’ate­ismo. Gli atei negano in modo categorico l’esistenza di Dio, e gli impersonalisti sostengono gli atei mettendo in rilievo l’aspetto impersonale del Signore Supremo. Noi non abbiamo rinvenuto nella Sri Isopanisad alcun mantra che neghi Dio in quanto Suprema Personalità. E’ detto che Egli può correre più veloce di qualsiasi altra persona. Coloro che sono in cerca di altri pianeti sono certamente persone, e se il Si­gnore può correre più velocemente di altri, come potrebbe essere impersonale. La concezione impersonale del Signo­re Supremo è un’altra forma di ignoranza determinata da una concezione imperfetta della Verità Assoluta. Questi ignoranti pseudo-spiritualisti e coloro che manifatturano presunte incarnazioni, violando in modo diretto le ingiun­zioni dei Veda, sono esposti al pericolo di entrare nelle re­gioni più tenebrose dell’universo perché sviano coloro che li seguono. Questi impersonalisti generalmente si atteggia­no ad incarnazioni di Dio per sviare le persone che non co­noscono la saggezza dei Veda. Appena essi acquisiscono un po’ di conoscenza questa diventa più pericolosa nelle loro mani della stessa ignoranza. Sulla base delle raccomandazioni contenute nelle Scritture, tali impersonalisti non adorano nemmeno gli esseri celesti. Nelle Scritture si trova­no raccomandazioni per adorare gli esseri celesti in certe circostanze ma, simultaneamente le Scritture affermano che normalmente questa adorazione non è necessaria. Nella Bhagavad-gita (7.23) è chiaramente affermato che il risul­tato dell’adorazione agli esseri celesti non è permanente. Poiché l’intero universo materiale non è permanente, tutto ciò che è raggiunto nell’oscurità dell’esistenza materiale è ugualmente transitorio. La domanda è quindi: “Come otte­nere una vita che sia reale e permanente?”

Il Signore afferma che appena Egli è raggiunto con la pratica del servizio devozionale – che è l’unica via per av­vicinare Dio, la Persona Suprema- chi Lo raggiunge ottiene la completa libertà dal legame di nascita e morte. In altre parole, la via per liberarsi dalle grinfie della materia dipende completamente dal principio di conoscenza e di distacco che si ottengono servendo il Signore. Gli pseudo-spiritualisti non hanno né conoscenza né distacco dalle cose, materiali perché la maggioranza di loro aspira a vivere nei ceppi dorati della prigionia materiale, all’ombra di attività filantropiche ma­scherate da princìpi religiosi. Con la loro falsa esibizione di sentimenti religiosi essi ostentano il servizio devozionale indulgendo in attività immorali di ogni sorta. Così si fanno passare per maestri spirituali e devoti di Dio. Tali violatori di princìpi religiosi non hanno rispetto per gli acarya autorevoli, i maestri santi nella rigida successione da maestro a discepolo. Essi ignorano l’ingiunzione vedica àcàryopàsana, “si deve adorare l’acarya”, e l’affermazione di Krsna nella Bhagavad-gita (4.2) evam parampara pràptam: “Questa su­prema scienza di Dio dev’essere ricevuta attraverso la suc­cessione di maestri”. Essi, per sviare le persone comuni, si autoproclamano acarya, ma non seguono i princìpi degli acarya. Questi farabutti sono gli elementi più pericolosi nella società umana. Poiché non è previsto un dipartimento go­vernativo apposito a questo scopo, essi sfuggono alle puni­zioni delle leggi dello Stato. Essi però non possono sfuggire alle leggi del Supremo che ha chiaramente dichiarato nella Bhagavad-gita: “I demoni invidiosi, pretesi messaggeri della religione, saranno gettati nelle regioni infernali più oscure”. (B.g. 16.19-20) La Sri Isopanisad conferma che questi pseudo-spiritualisti saranno relegati nei luoghi più ignobili dell’universo dopo che avranno completato la loro pretesa missione di maestri spirituali destinata solo alla gratificazione dei loro sensi.

MANTRA 13

anyad evàhuh sambhavàd

anyad àhur asambhavàt

iti susruma dhirànàm

ye nas tad vicacaksire

anyat: differente; eva: certamente; àhuh: è detto; sambha­vàt: adorando il Signore Supremo, la causa di tutte le cause; anyat: differente; àhuh: è detto; asambhavàt: adorando ciò che non è il Supremo; iti: così; susruma: l’ho inteso; dhirànàm: da autorità non disturbate; ye: coloro che; nah: a noi; tat: a que­sto proposito; vicacaksire: perfettamente spiegato.

TRADUZIONE

E’ detto che un risultato è ottenuto adorando la causa suprema di tutte le cause, e un altro risultato è ottenuto adorando ciò che non è supremo. Questo è ciò che spiega rono con chiarezza i saggi, la cui serenità non è mai turbata.

SPIEGAZIONE

Questo Mantra della Sri lsopanisad insegna che bisogna ricevere la verità dalle labbra dei grandi saggi. Solo un acarya, uno di questi saggi che non sono turbati dalle fluttuazioni del mondo materiale, può darci la vera chiave per ottenere la conoscenza trascendentale. Il maestro spi­rituale autentico, a sua volta, deve aver ricevuto gli sruti­mantra, ossia la conoscenza vedica da un altro acarya indisturbato, da un’anima liberata, e non mediante informazioni che non siano state citate nelle Scritture vediche. Secondo la Bhagavad-gita (9.25), coloro che rendono culto agli antenati (pitr) raggiungono i pianeti degli antenati e i materialisti che fanno piani per rinascere su questa Terra vi rimangono, mentre il devoto che adora soltanto Krsna, la causa suprema di tutte le cause, Lo raggiungerà nel Suo re­gno spirituale. La Sri Isopanisad lo conferma qui insegnan­do che differenti modalità di adorazione portano frutti dif­ferenti. Se adoriamo il Signore Supremo, Lo raggiungere­mo nel Suo regno eterno e se rendiamo culto agli esseri ce­lesti, come il deva del Sole e della Luna, raggiungeremo il loro rispettivo pianeta senza dubbio; ma se desideriamo restare in questo misero pianeta con le sue “commissioni di pianificazione” e i suoi “espedienti politici” potremo certa­mente farlo.

In nessun passo delle Scritture è affermato che raggiun­geremo la stessa meta qualunque sia l’oggetto della nostra devozione. Una teoria così assurda può essere formulata soltanto dagli pseudo-maestri che si sono autodesignati e non appartengono ad alcuna successione autentica di maestri (parampara). Un vero maestro spirituale non dirà mai che le differenti forme di adorazione, sia degli esseri celesti sia del Supremo, conducono tutte allo stesso risultato. Tutti sanno che un biglietto d’aereo vale solo per una destinazione ben precisa; per esempio, un biglietto Bombay-Calcutta ci conduce a Calcutta e in alcun altro luogo. Eppure questi pretesi maestri spirituali dicono che qualunque via s’intra­prenda ci condurrà sempre alla meta suprema. Queste persone presuntuose attirano un grande numero di sciocchi che si gonfiano di falso orgoglio praticando metodi di rea­lizzazione spirituale completamente artificiali; essi non possono certo appellarsi ai Veda per essere sostenuti. Se non è ricevuta da un maestro che appartiene a una successione spirituale autentica, la conoscenza non può essere perfetta. Il Signore dice a questo proposito nella Bhagavad-gita (4.2):

evam parampara pràptam

imam ràjarsayo viduh

sa kàleneha mahatà

yogo nastah parantapa

“Questa suprema conoscenza della Bhagavad-gita è tra­smessa da maestro a discepolo, ed è così che i santi re l’han­no ricevuta e realizzata. Ma col passare del tempo, o Arjuna, la successione dei discepoli si è interrotta e questa scienza, nella sua purezza, sembra ora perduta”. Poiché i princìpi del bhakti-yoga definiti nella Bhagavad-­gita erano stati alterati, il Signore venne sulla Terra per ristabilirli e fece di Arjuna, Suo discepolo e amico intimo, il primo anello di una nuova catena spirituale. Il Signore spiegò chiaramente ad Arjuna che soltanto la sua devozione e la sua amicizia verso di Lui gli permettevano di comprendere i Suoi insegnamenti (B.g. 4.3). In altre parole, soltanto un devoto è un amico del Signore e può capire il significato della Bhagavad-gita. Questo significa anche che soltanto chi segue il sentiero di Arjuna può capire la Bhagavad-gita.

Attualmente sono molti gli interpreti e i commentatori della Bhagavad-gita che pongono Krsna e Arjuna in una posizione di secondo piano. Essi interpretano alla loro maniera il dialogo sublime della Bhagavad-gita, e se ne ser­vono per formulare ogni forma di teorie. Tali poco scrupo­losi interpreti negano sia l’esistenza di Sri Krsna sia quella della Sua dimora eterna. Come potrebbero essere in grado di spiegare la Bhagavad-gita?

Il Signore afferma chiaramente nella Bhagavad-gita (7.20, 23) che soltanto gli uomini di minore intelligenza adorano gli esseri celesti e l’ultimo consiglio che Krsna dà ad Arjuna è quello di rifiutare ogni forma di adorazione per abbando­narsi completamente a Lui (B.g. 18.66). La fede assoluta in Krsna si trova soltanto in coloro che si sono liberati dalle conseguenze di tutti i loro peccati; gli altri continueranno a mantenersi a livello materiale coi loro culti mediocri, e si allontaneranno dalla vera via pensando che tutte le strade conducano alla stessa meta. Questo Mantra contiene un termine molto importante, sambhavàt, che significa “adorare la causa suprema”. Infatti, Sri Krsna è Dio, la Suprema Personalità, e tutto ciò che esiste emana da Lui. Nella Bhagavad­gita (10.8) il Signore dice:

aham sarvasya prabhavo

mattah sarvam pravartate

iti matva bhajante mam

budha bhava-samanvitah

“Sono la fonte di tutti i mondi materiali e spirituali. Tut­to emana da Me. I saggi che Mi conoscono perfettamente si impegnano nel Mio servizio devozionale e Mi adorano con tutto il cuore”.

Qui vi è una corretta descrizione del Signore Supremo che ci è offerta dal Signore Stesso. L’espressione sarvasya prabha­vah indica che il Signore è il creatore di ogni cosa, inclusi Brahma, Visnu e Siva. E poiché queste tre divinità del mondo materiale sono create dal Signore, ne consegue che il Signore è il creatore di tutto ciò che esiste nel mondo materiale e nel mondo spirituale. Similmente, nell’Atharva Veda (Gopala-tàapani Upanisad 1.24) è affermato: “Colui che esisteva prima della creazione di Brahma e illuminò Brahma con la cono­scenza vedica è il Signore, Sri Krsna”. E la Narayana Upani­sad afferma: “Allora la Persona Suprema, Narayana, deside­rò creare tutti gli esseri viventi. Così da Narayana nacque Brahma. Narayana creò tutti i Prajàpati. Narayana creò Indra. Narayana creò gli otto Vasu. Narayana creò gli undici Rudra. Narayana creò i dodici Aditya. Poiché Narayana è una manifestazione plenaria di Sri Krsna, Narayana e Krsna Si equival­gono.

La Narayana Upanisad (4) afferma anche: “Il figlio di Devaki (Krsna) è il Supremo Signore”. L’identità di Narayana con la suprema causa è stata anche confermata ed accettata da Sripada Sankaracarya, sebbene Sankara non faccia parte del culto vaisnava. L’Atharva Veda (Maha Upanisad 1) afferma anche: “Soltanto Narayana esisteva all’inizio quando né Brahma, né Siva, né fuoco, né acqua, né stelle, né Luna esiste­vano. Il Signore non resta solo, ma crea secondo il Suo deside­rio”. Krsna stesso afferma nel Moksa-dharma: “Ho creato i Prajàpati e i Rudra, essi non hanno una completa conoscenza di Me perché sono coperti dalla Mia energia illusoria”. E an­che affermato nel Varaha Purana: “Narayana è la Suprema Personalità di Dio e da Lui fu manifestato Brahma a quattro teste, come anche Rudra che più tardi diventò onnisciente”.

Perciò tutta la letteratura vedica conferma che Narayana, ossia Krsna, è la causa di tutte le cause. Nella Brahma­ samhita (5.1) è detto anche che il Signore Supremo è Sri Krsna, Govinda, l’incantatore di tutti gli esseri viventi e la causa primordiale di tutte le cause. Le persone veramente esperte conoscono ciò dalle testimonianze dovute ai grandi saggi e ai Veda e decidono quindi di adorare Krsna sopra ogni altra cosa. Tali persone sono definite bhudha, veramen­te colte perché adorano soltanto Krsna.

La convinzione che Krsna è di suprema importanza si stabilisce quando si ascolta con fede e amore il messaggio trascendentale dalle labbra di un acarya che non è mai tur­bato. Chi non ha fede o amore per Krsna non riesce ad es­sere convinto di questa semplice verità. Coloro che non hanno fede sono definiti nella Bhagavad-gita (9.11) mudha, sciocchi o asini. E’ detto che i mudha denigrano Dio perché non hanno ricevuto la conoscenza completa da un acarya in­disturbato. Chi è disturbato dal turbinio dell’energia mate­riale non è qualificato per diventare un acarya.

Prima di ascoltare la Bhagavad-gita, Arjuna era turbato dal vortice della materia, dal suo affetto per la famiglia, per la comunità e la società. Perciò Arjuna voleva essere un filantropo, un uomo non violento del mondo. Ma quando, ascoltando la conoscenza vedica della Bhagavad-gita dalla Persona Suprema, diventò bhudha, cambiò la sua decisione e diventò un adoratore di Sri Krsna, il quale aveva personal­mente organizzato la battaglia di Kuruksetra. Arjuna ado­rò il Signore lottando con i suoi cosiddetti parenti e diventò così un puro devoto del Signore. Tali adempimenti sono possibili solo quando si adora il vero Krsna non quando si adora qualche presunto Krsna fabbricato da persone stolte che ignorano la complessità della scienza di Krsna, così come essa è spiegata nella Bhagavad-gita e nello Srimad-Bhaga­vatam.

Secondo il Vedanta-sutra, sambhuta è la fonte della na­scita e del sostentamento come anche della riserva che rimane in seguito all’annientamento (janmàdy asya yatah). Lo Srimad-Bhagavatam, il commentario naturale al Vedanta-­sutra, composto dallo stesso autore, sostiene che la fonte di tutte le emanazioni non è simile a una pietra morta, ma è abhijna, pienamente cosciente. Il Signore primordiale, Sri Krsna, afferma anche nella Bhagavad-gita (7.26) che Egli è pienamente consapevole del passato, del presente e del futuro e aggiunge che nessuno, compresi gli esseri celesti Siva e Brahma, Lo conoscono pienamente. Certamente “capi spirituali” educati a metà, che sono disturbati dalle maree dell’esistenza materiale non possono conoscerLo pienamen­te. Essi cercano di giungere a un compromesso rendendo la massa umana oggetto di adorazione, ma non sanno che tale adorazione è solo un mito, in quanto le masse non sono perfette. Il tentativo di questi cosiddetti spiritualisti equivale a versare acqua sulle foglie di un albero, invece che sulle radici. Il metodo naturale consiste nel versare acqua sulle radici, ma questi presunti capi disturbati sono più attratti dalle foglie. Nonostante il loro continuo versare acqua sulle foglie, ogni cosa inaridirà per mancanza di nutrimento.

La Sri Isopanisad consiglia di versare acqua sulle radici, la fonte della germinazione. Adorare la massa offrendo servizio al corpo, che non può mai essere perfetto, è meno importante che servire l’anima. L’anima è la radice che genera differenti forme corporee secondo la legge del karma. Servire gli esseri umani con aiuti di carattere medico, sociale o educativo, mentre contemporaneamente si taglia la gola ad animali nei mattatoi, non significa certo servire l’anima, l’essere vivente.

L’essere vivente sta sempre soffrendo nelle più diverse forme corporee a causa delle miserie materiali di nascita, malattia, vecchiaia e morte. La forma umana di vita offre un’opportunità di uscire da questa prigionia, e per far ciò è sufficiente ristabilire la relazione tra l’essere vivente e il Signore Supremo. II Signore viene personalmente per inse­gnarci questa filosofia che ci chiede di arrenderci al Supre­mo, il sambhuta. Il vero servizio all’umanità consiste nell’insegnare ad arrendersi e ad adorare il Signore Supremo con tutto l’amore e l’energia di cui disponiamo. Questa è l’i­struzione del mantra della Sri Isopanisad che stiamo esami­nando.

Il modo più semplice per adorare il Signore in que­sta età così turbolenta consiste nell’ascoltare e nel cantare le Sue grandi attività. Gli speculatori pensano invece che le Sue attività siano immaginarie; perciò evitano di ascoltarle e inventano giochi di parole privi di sostanza per far divergere l’attenzione delle masse innocenti. Invece di ascoltare le attività del Signore, tali pseudo-maestri spirituali pubbli­cizzano se stessi inducendo i seguaci a cantare le loro glorie. Attualmente il numero di tali pretesi maestri si è notevol­mente accresciuto ed è diventato un problema per i puri devoti del Signore salvare le persone dalla propaganda non certo santa di queste pretese incarnazioni.

Indirettamente le Upanisad dirigono la nostra attenzione verso il Signore primordiale, Sri Krsna, ma la Bhagavad-gita, che è la sintesi di tutte le Upanisad, punta direttamente su Sri Krsna. Perciò si devono ascoltare la Bhagavad-gita e lo Sri­mad Bhagavatam che parlano di Krsna, e in questo modo la mente gradualmente si purificherà da tutte le contaminazio­ni. Lo Srimad-Bhagavatam (1.2.17) afferma: “Con l’ascolto delle attività del Signore, il devoto richiama l’attenzione del Signore, e poiché è situato nel cuore di ogni essere vivente, il Signore aiuta il devoto dandogli le direttive appropriate”. La Bhagavad-gita (10.10) lo conferma: dadàmi buddhi-yogam tam yena màm upayànti te.

La direttiva interiore del Signore pulisce il cuore del de­voto da ogni contaminazione prodotta dalle influenze ma­teriali della passione e dell’ignoranza. I non devoti sono soggetti al dominio della passione e dell’ignoranza. Chi è influenzato dalla passione non riesce a comprendere la sua stessa identità e la posizione del Signore; non esiste quindi, in questo caso, alcuna opportunità di realizzazione spiritua­le, anche se si recita la parte di un adepto della religione. Per il devoto invece le influenze di passione e ignoranza sono rimosse per grazia del Signore, e in questo caso è possibile situarsi nell’ambito della virtù, segno del brahmana perfetto. Chiunque può qualificarsi come brahmana, se segue il sentie­ro del servizio devozionale sotto la guida di un maestro spi­rituale autentico. Lo Srimad-Bhagavatam (2.4.18) afferma:

kiràta-húnàndhra pulinda pulkasa

àbhira-sumbha yavanàh khasàdayah

ye ‘nye ca pàpà yad-apàsrayàsrayàh

sudhyanti tasmai prabhavisnave namah

“Qualsiasi persona di bassa nascita può purificarsi se si rifu­gia nei devoti del Signore perché Egli possiede la potenza suprema”.

Quando si raggiungono le qualità brahminiche, si rag­giunge la felicità e l’entusiasmo per offrire un servizio de­vozionale al Signore; allora automaticamente la scienza di Dio viene svelata. Conoscendo la scienza di Dio ci si libera gradualmente dagli attaccamenti materiali e la mente dub­biosa diventa chiara e cristallina per grazia del Signore. Chi raggiunge questo stadio è un’anima liberata e può vedere il Signore a ogni passo. Questa è la perfezione del sambhava, com’è descritto in questo Mantra della Sri Isopanisad.

MANTRA 14

sambhutim ca vinàsam ca

yas tad vedobhayam saha

vinirsena mrtyum tirtva

sambhùtyàmrtam asnute

sambhutim: l’eterna Personalità di Dio, il Suo nome tra­scendentale, la Sua forma, le Sue attività, le Sue qualità e i Suoi oggetti personali, la varietà della Sua residenza, ecc.; ca: e; vinàsam: la manifestazione materiale temporanea di esseri celesti, uomini, animali e i loro nomi falsi, la loro fama, ecc.; ca: e; yah: colui che; tat: quello; veda: conosce; ubha­yam: i due; saha: con; vinàsena: con tutte le cose soggette alla distruzione; mrtyum: morte; tirtva: che supera; sambhùtyà: nel regno eterno di Dio; amrtam: immortalità; asnute: gode di.

TRADUZIONE

Colui che conosce perfettamente la Personalità di Dio, Sri Krsna, il Suo nome trascendentale, la Sua forma, le Sue qualità, i Suoi divertimenti e anche la Sua creazione materiale temporanea – esseri celesti, uomini e animali – tra­scende la morte e, con essa, la manifestazione cosmica tem­poranea. Nel regno di Dio egli godrà di una vita eterna, satura di felicità e conoscenza.

SPIEGAZIONE

Col presunto progresso della conoscenza materiale la civilizzazione umana ha inventato una miriade di oggetti materiali, navi spaziali, satelliti ed energia atomica, ma ri­mane impotente di fronte ai veri problemi dell’esistenza, cioè la nascita, la malattia, la vecchiaia e la morte. Quando un uomo intelligente sollecita gli scienziati a dare una ri­sposta ai mali incurabili dell’esistenza essi rispondono che la scienza è in pieno sviluppo e che in un prossimo futuro si troverà il rimedio. Tali risposte testimoniano la crassa ignoranza degli scienziati riguardo alla natura materiale. Nella natura ogni cosa è soggetta a leggi severe e tutti gli esseri devono passare attraverso sei fasi: nascita, crescita, stabilizzazione, riproduzione, vecchiaia e morte. Nessuno sfugge a queste leggi e nessuno – essere celeste, uomo, ani­male o pianta – può prolungare all’infinito la sua esisten­za in questo mondo.

La durata della vita varia secondo le specie. Brahma, l’essere vivente più importante, vive milioni di anni, mentre alcuni microbi esistono solo per qualche ora; comunque per tutti la morte è inevitabile. Si nasce in determinate condi­zioni, si cresce, si procrea, ci si mantiene per un certo tem­po, poi si deperisce e infine si muore. Sulla base di questa legge, compresi i Brahma che sono milioni nei differenti universi, tutti sono destinati a morire oggi o domani. Perciò si designa l’universo materiale col nome di Martyaloka, il luogo dove domina la morte.

Gli scienziati e i politici, tutti materialisti che non hanno alcuna informazione sulla natura spirituale che non conosce la morte, cercano di vincere la morte in questo mondo. Essi ignorano completamente la conoscenza vedica che è confermata da un’esperienza trascendentale matura. Sfortunatamente essi non vogliono accettare la conoscenza contenuta nei Veda, nei Purana e nelle altre Scritture.

Dal Visnu Purana (6.7.61) riceviamo la seguente infor­mazione:

visnu-saktih parà proktà

ksetrajnàkhyà tathà parà

avidyà-karma-samjnànyà

trtiyà saktir isyate

Le diverse potenze di Sri Visnu, la Persona Suprema, si di­vidono in due categorie principali, la potenza superiore (para-sakti) e la potenza inferiore (apara-sakti). Gli esseri viventi appartengono all’energia superiore. L’apara-sakti è l’energia materiale di cui subiamo ora la prigionia. La crea­zione materiale è resa possibile per opera di questa energia, che copre gli esseri viventi di ignoranza (avidya) e li induce a compiere attività interessate. Eppure vi è un’altra parte dell’energia superiore del Signore che differisce sia da questa energia materiale inferiore, sia dagli esseri viventi. L’ener­gia superiore costituisce l’eterna dimora del Signore, libera dalla morte. Ciò è confermato dalla Bhagavad-gita (8.20):

paras tasmat tu bhàvo ‘nyo

‘vyakto ‘vyaktàt sanàtanah

yah sa sarvesu bhútesu

nasyatsu na vinasyati

Tutti questi pianeti materiali – superiori, mediani e infe­riori, compresi il Sole, la Luna e Venere – sono sparsi nell’universo. Questi pianeti esistono solo per il tempo di una vita di Brahma. Alcuni pianeti inferiori, invece, sono distrutti alla fine di un giorno di Brahma e creati nuovamente durante il successivo giorno di Brahma. Sui pianeti superiori il tempo è calcolato in modo differente. Uno dei nostri anni equivale a sole ventiquattro ore, cioè a un gior­no e a una notte su molti pianeti superiori. Tale durata di tempo moltiplicata per mille costituisce un giorno di Brahma, e ciò vale anche per la notte di Brahma. Tali giorni e notti si accumulano per mesi ed anni, e la vita di Brahma dura cento di questi anni. Alla fine della vita di Brahma la manifestazione universale completa è annullata.

Gli esseri viventi che risiedono sui pianeti superiori, come il Sole e la Luna, che risiedono su Martyaloka, sul pianeta Terra, e anche coloro che vivono nei pianeti inferiori – tutti sono sommersi dalle acque della devastazione durante la notte di Brahma. Durante questo tempo nessun essere vivente o specie è manifesta, sebbene spiritualmente essi continuino a esistere. Questo stato non manifestato è chia­mato avyakta. Di nuovo, quando l’intero universo è annien­tato alla fine della vita di Brahma vi è un altro stato avyakta. Tuttavia, oltre a questi due periodi in cui gli esseri non sono manifestati, vi è ancora un altro stato non manifestato, quello dell’atmosfera spirituale, ossia la natura spirituale. In questa atmosfera vi è un gran numero di pianeti spirituali, e questi pianeti esistono eternamente, anche quando tutti i pianeti dell’universo materiale sono annientati alla fine della vita di Brahma. Gli universi materiali sono molti, e ognuno è situato sotto la giurisdizione di un Brahma, e questa ma­nifestazione cosmica che ha luogo nella giurisdizione dei vari Brahma è solo l’esibizione di un quarto dell’energia del Signore (ekapàd-vibhúti). Questa è l’energia inferiore. Al di là della giurisdizione di Brahma vi è la natura spirituale che è chiamata tripàd-vibhúti, tre quarti dell’energia del Signore. Questa è l’energia del Signore, la para prakrti.

La Suprema Persona, che predomina e risiede all’inter­no della natura spirituale, è il Signore, Sri Krsna. Così è confermato nella Bhagavad-gita (8.22), Egli può essere av­vicinato soltanto con un servizio devozionale puro e non coi metodi del jnana (filosofia), dello yoga (misticismo) o del karma (attività interessate). I karmi, ossia coloro che si de­dicano all’attività interessata, possono elevarsi ai pianeti Svargaloka che includono il Sole e la Luna. I jnani e gli yogi possono raggiungere pianeti ancora più elevati quali Maharloka, Tapoloka e Brahmaloka, e quando avranno raggiunto un livello superiore di avanzamento, grazie al servizio devozionale, essi entreranno a far parte della natu­ra spirituale ossia dell’atmosfera cosmica del cielo spiritua­le (Brahman) che brilla di luce propria, oppure entreranno nei pianeti Vaikuntha sulla base del livello raggiunto. E’ certo, comunque, che nessuno può entrare sui pianeti spiri­tuali Vaikuntha senza essere stato addestrato nel servizio devozionale. Vaikuntha pianeti materiali tutti, da Brahma giù fino alla formica, tentano di sfruttare la natura materiale, e questa è la malattia materiale. Finché la malattia materiale continua, l’essere vivente deve soggiacere al procedimento del cam­biamento di corpo. Se si prende un corpo di uomo, di essere celeste o di animale, alla fine si dovrà sperimentare una condizione non manifestata durante le due devastazioni – la devastazione alla fine del giorno di Brahma e la devasta­zione alla fine della vita di Brahma. Se vogliamo porre un termine a questo meccanismo di nascite e morti ripetute, e insieme ai fattori concomitanti della nascita, della malattia, della vecchiaia e della morte, dobbiamo cercare di entrare nei pianeti spirituali, dove possiamo vivere eternamente in compagnia di Sri Krsna e delle Sue espansioni plenarie, le Sue forme di Narayana. Sri Krsna, attraverso le Sue espan­sioni plenarie, domina su questi innumerevoli pianeti, il che è confermato negli sruti mantra: eko vasi sarva-gah krsna idyah/ eko ‘pi san bahudhà yo ‘vabhàti. (Gopala-tapani Upa­nisad 1.3.21).

Nessuno può dominare Krsna. E’ l’anima condizionata che cerca di dominare la natura materiale, e invece si assog­getta alle leggi della natura materiale e alle sofferenze ripe­tute della nascita e della morte. Il Signore viene qui per ri­stabilire i princìpi della religione, e il principio fondamenta­le del Suo messaggio consiste nello sviluppare un’attitudi­ne di resa a Lui.

Questa è l’istruzione conclusiva della Bhagavad-gita (18.66):

sarva dharman parityajya mam ekarim saranam vraja.

“Lascia ogni altro metodo e abbandonati a Me soltanto”.

Sfortunatamente gli stolti hanno erroneamen­te interpretato questo insegnamento primario e sviato le masse in modi diversi. Le persone sono state spinte ad aprire ospedali, ma non a educare se stesse per entrare nel regno spirituale grazie al servizio devozionale. Esse hanno ricevu­to insegnamenti relativi ad attività temporanee, non idonee a dare agli esseri viventi la vera felicità. E’ stato dato inizio alle più varie istituzioni pubbliche e paragovernative per affrontare il potere devastante della natura, senza sapere come placare la natura insormontabile. Molti uomini sono stati celebrati come grandi studiosi della Bhagavad-gita, ma essi hanno trascurato tale messaggio grazie al quale la natu­ra può essere placata. La natura può essere placata soltanto risvegliando la coscienza di Dio, com’è chiaramente precisato nella Bhagavad-gita stessa (7.14).

In questo Mantra la Sri Isopanisad insegna che si deve perfettamente conoscere sia sambhúti (la Personalità di Dio) sia vinàsa (la manifestazione materiale temporanea) in modo parallelo. Conoscendo soltanto la manifestazione materia­le non ci si può salvare perché nel corso della natura vi sono continue devastazioni (ahany ahani bhútàni gacchantiha yama-layam), né ci si può salvare da queste devastazioni con l’apertura di ospedali. Solo con la conoscenza completa della vita eterna, felice e consapevole è possibile salvarsi. L’intero programma vedico è destinato ad educare gli uomini nell’arte di ottenere la vita eterna. Spesso le persone si la­sciano sviare da attrattive temporanee basate sulla gratifi­cazione dei sensi, ma il servizio reso agli oggetti dei sensi è insieme sviante e degradante. Dobbiamo perciò salvare noi stessi e gli altri nel modo giusto, non è certo questione di amare o di non amare la verità. Essa è là e non cambia. Se vogliamo salvarci dal ciclo di nascita e morte dobbiamo accettare il servizio devozionale. Non possono esserci com­promessi. E’ una questione di forza maggiore.

MANTRA 15

hiranmayena pàtrena

satyasyàpihitam mukham

tat tvam pùsann apàvrnu

satya-dharmàya drstaye

hiranmayena: con uno sfolgorio dorato; pàtrena: con un velo abbagliante; satyasya: della Verità Suprema; apihitam: coperto; mukham: il viso; tat: quel velo; tvam: Te Stesso; púsan: o Tu che mantieni; apàvrnu: gentilmente rimuovi; satya: puro; dharmàya: al devoto; drstaye: per mostrare.

TRADUZIONE

O mio Signore, sostegno della vita, il Tuo fulgore mi abbaglia e nasconde il Tuo vero volto. Togli, Ti prego, questo velo e rivelaTi al Tuo puro devoto.

SPIEGAZIONE

Nella Bhagavad-gita (14.27) il Signore spiega la natura dei Suoi raggi personali (brahmajyoti), la radiosità abba­gliante della Sua forma personale, nel modo seguente:

brahmano hi pratisthàham

amrtasyavyayasya ca

sàsvatasya ca dharmasya

sukhasyaikàntikasya ca

“Sono la sorgente del Brahman impersonale che è im­mortale, inesauribile ed eterno, e costituisce il principio stesso della felicità suprema”. Brahman, Paramatma e Bhagavan sono i tre aspetti della Verità Assoluta. Brahman è l’aspetto più facilmente percepibile dal neofita, il Paramatma, l’Anima Suprema, è realizzato da chi è già progredito nella comprensione, e Bhagavan è lo stadio della realizza­zione suprema della Verità Assoluta. Ciò è confermato nella Bhagavad-gita (7.7) dove Sri Krsna afferma di essere il concetto supremo della Verità Assoluta: mattah parataram nànyat. Perciò Sri Krsna è la fonte del brahmajyoti e anche del Paramatma onnipervadente. Più avanti nella Bhagavad­-gita (10.42) Sri Krsna spiega ulteriormente:

atha bahunaitena

kim jnàtena tavàrjuna

vistabhyàham idam krtsnam

ekàmsena sthito jagat

“Ma a che servono, Arjuna, tutti questi particolari? Con una semplice scintilla della Mia Persona lo penetro e sostengo l’universo intero”. Perciò con la Sua espansione plena­ria, il Paramatma onnipervadente, il Signore sostiene l’inte­ra creazione cosmica materiale. Egli sostiene anche tutte le manifestazioni del mondo spirituale. Per questa ragione, in questo sruti-mantra della Sri Isopanisad, il Signore è defi­nito pusan, il supremo sostegno.

Dio, la Personalità Suprema, Sri Krsna, gode di una fe­licità trascendentale perfetta (ananda-mayo ‘bhyàsàt). Quando era presente a Vrndavana, cinquemila anni fa, Egli mantenne sempre questa felicità trascendentale fin dall’ini­zio dei Suoi divertimenti infantili. L’uccisione dei vari demo­ni – Agha, Baka, Putana e Pralamba – erano solo gite di piacere per Lui. Nel Suo villaggio di Vrndàvana Si divertì con Sua madre, il fratello e gli amici, e quando rappresenta­va la parte di un impertinente ladro di burro, tutti i Suoi compagni godevano, per il Suo furto, di una felicità celeste. La fama del Signore come ladro di burro non è riprovevole perché rubando il burro il Signore dava piacere ai Suoi puri devoti. Tutto ciò che il Signore fece a Vrndavana era desti­nato al piacere dei Suoi compagni. Egli creò questi divertimenti per attrarre gli aridi speculatori e gli acrobati del cosiddetto metodo dell’hatha-yoga che desideravano tro­vare la Verità Assoluta.

Riguardo al gioco infantile del Signore con i Suoi com­pagni, Sukadeva Gosvami afferma nello Srimad-Bhagava­tam (10.12.11):

ittham satàm brahma-sukhànubhútya

dasyam gatànàm para-daivatena

màyàsritànàm nara-dàrakena

sàkam vijahruh krta punya punjàh

“La Personalità di Dio, che è percepita dai jnani come il Brahman impersonale pieno di felicità, che è adorato dai devoti come Signore Supremo, in un’attitudine di servizio, e che è considerato un essere vivente comune dalle persone di questo mondo, giocava coi pastorelli, i quali avevano raggiunto la loro posizione dopo aver accumulato molte attività pie”.

Il Signore quindi è sempre impegnato in attività amorose trascendentali con i Suoi compagni spirituali nelle varie relazioni di santa (neutralità), di dasya (servizio), di sakhya (amicizia), di vatsalya (affetto parentale) e di madhurya (a­more coniugale).

Poiché è detto che il Signore non lascia mai Vrndavana­-dhama, ci si può chiedere come possa interessarSi del mantenimento dell’universo. La seguente è la risposta che dà la Bhagavad-gita (13.14-18): Il Signore pervade l’intera creazione materiale con la Sua parte plenaria nota come Paramatma, l’Anima Suprema. Sebbene il Signore personal­mente non abbia niente a che vedere con il mantenimento e la distruzione della creazione materiale, Egli fa in modo che tutto si attui grazie alla Sua espansione plenaria, il Paramatma,l’Anima Suprema. Ogni essere vivente è noto come atma, anima, e l’atma principale, il Paramatma, l’Anima Suprema, li controlla tutti.

Questo metodo per realizzare Dio è una grande scienza. Gli yogi materialisti del sankhya possono analizzare e me­ditare soltanto sui ventiquattro fattori della creazione ma­teriale perché essi hanno pochissime informazioni sul purusa, il Signore. I trascendentalisti impersonalisti, poi, restano confusi dal fulgore abbagliante del brahmajyoti. Se si vuole vedere la Verità Assoluta in tutta la Sua pienezza si deve penetrare al di là dei ventiquattro elementi materiali e an­che della radiosità abbagliante. La Sri Isopanisad ci guida in questa direzione pregando che la copertura abbagliante del Signore (hiranmaya-patra) sia rimossa. Diversamente non è possibile percepire il vero volto di Dio, la Persona Supre­ma, e l’effettiva realizzazione della Verità Assoluta non può mai essere raggiunta.

L’aspetto del Paramatma, della Persona Suprema, è una delle tre espansioni plenarie, ossia espansioni visnu-tattva, complessivamente note come purusa-avatàra. Uno dei visnu­tattva situati all’interno dell’universo è Ksirodakasayi Visnu. Egli è il Visnu, tra le tre principali divinità – Brahma, Visnu e Siva – ed è l’onnipervadente Paramatma presente in ogni singolo essere vivente. Il secondo visnu-tattva all’interno del­l’universo è Garbhodakasayi Visnu, l’Anima Suprema col­lettiva all’interno di tutti gli esseri viventi. Oltre a questi due c’è Karanodakasayi Visnu, che giace nell’Oceano Cau­sale. Egli è il creatore di tutti gli universi. Il metodo dello yoga insegna allo studente serio il modo di incontrare il visnu-tattva dopo essere andato al di là dei ventiquattro ele­menti materiali della creazione cosmica. Coltivando la filo­sofia empirica è possibile realizzare il brahmajyoti imperso­nale che è la radiosità abbagliante del corpo trascendentale del Signore, Sri Krsna. Che il brahmajyoti sia la radiosità di Krsna è confermato nella Bhagavad-gita (14.27) e nella Brahma-samhita (5.40):

yasya prabhà prabhavato jagad-anda-koti­-

kotisv asesa-vasudhàdi vibhúti-bhinnam

tad brahma niskalam anantam asesa-bhútam

govindam àdi purusam tam aham bhajàmi

“In milioni e milioni di universi esistono innumerevoli pia­neti ed ognuno di essi differisce dall’altro per la sua costitu­zione cosmica. Questi pianeti sono tutti situati in un angolo del brahmajyoti, il quale è formato dai raggi personali di Dio, la Suprema Persona, Govinda, Colui che io adoro”. Questo mantra ci giunge dal livello di realizzazione effetti­va della Verità Assoluta e lo sruti-mantra della Sri Isopa­nisad di cui ci stiamo interessando, conferma questo mantra come metodo per la realizzazione. Il Mantra della Sri Isopanisad è la semplice preghiera al Signore affinché rimuo­va il brahmajyoti che impedisce la visione del Suo vero vol­to. Questa radiosità è descritta nei particolari in numerosi mantra della Mundaka Upanisad (2.2.10-12):

hiranmaye para kose

virajarim brahma niskalam

tac chubhram jyotisàm jyotis

tad yad àtma-vido viduh

na tatra súryo bhàti na candra-tàrakam

nemà vidyuto bhànti kuto yam agnih

tam eva bhàntam anu bhàti sarvam

tasya bhàsà sarvam idam vibhàti

brahmaivedam amrtam purastàd brahma

pascàd brahma daksinatas cottarena

adhas cordhvam ca prasrtam brahmai­-

vedam visvam idam varistham

“Nel regno spirituale, al di là della copertura materiale si trova la radiosità illimitata del Brahman, che è libera dalla contaminazione materiale. I trascendentalisti comprendo­no che questa luce radiosa è la luce di tutte le luci. In quel regno non vi è bisogno dei raggi del sole e della luna, del fuoco e dell’elettricità per illuminare. In verità qualunque forma di illuminazione sia presente nel mondo materiale non è che un riflesso di quella illuminazione suprema. Quel Brahman è di fronte e di dietro, a nord, a sud, a est e a ovest e anche sopra e sotto. In altre parole la radiosità del Brahman si diffonde sia nel mondo materiale sia nel mondo spirituale”.

Conoscenza perfetta significa conoscere Krsna come la radice della radiosità del Brahman. Questa conoscenza può essere ricevuta da Scritture quali lo Srimad-Bhagavatam, che elabora in modo perfetto la scienza di Krsna. Nello Srimad­-Bhagavatam l’autore, Srìla Vyasadeva, ha stabilito che sarà possibile descrivere la Suprema Verità nella forma di Brahman, di Paramatma e di Bhagavan sulla base della realizzazione di Krsna raggiunta individualmente. Srila Vyasadeva non afferma che la Verità Suprema è un jiva, un essere vi­vente comune. Un essere vivente non deve mai essere considerato al livello della Suprema Verità onnipotente. Se fosse potente, l’essere vivente non avrebbe la necessità di pregare il Signore affinché rimuova la copertura abbaglian­te che impedisce di vedere il Suo vero volto.

Per concludere, chi ha raggiunto la conoscenza delle potenze della Verità Assoluta realizzerà il Brahman imper­sonale. Similmente, quando si realizzano le potenze mate­riali del Signore si raggiunge la realizzazione del Paramatma. Ne consegue che la realizzazione del Brahman e del Paramatma sono realizzazioni parziali della Verità Assoluta. Quando invece si realizza la Suprema Personalità di Dio, Sri Krsna, nella Sua piena potenza, dopo che l’hiranmaya-pàtra è stato rimosso, si realizza vàsudevah sarvam iti: il Si­gnore, Sri Krsna, che è noto come Vasudeva comprende tutto – Brahman, Paramatma e Bhagavan; Bhagavan è la radice, mentre il Brahman e il Paramatma sono i Suoi rami.

Nella Bhagavad-gita (6.46-47) troviamo un’analisi com­parativa delle tre forme di trascendentalisti – adoratori del Brahman impersonale (jnani), adoratori dell’aspetto Paramatma (yogi) e devoti di Sri Krsna (bhakta). E affermato là che i jnani, coloro che hanno coltivato la conoscenza ve­dica, sono migliori di coloro che compiono le attività inte­ressate, che gli yogi sono migliori dei jnani, e che tra tutti gli yogi coloro che servono costantemente il Signore con tutte le energie di cui dispongono sono i più elevati. In sintesi un filosofo è migliore di un uomo che lavora, un mistico è su­periore a un filosofo e, tra tutti gli yogi mistici, colui che segue il bhakti-yoga, impegnandosi costantemente al servi­zio del Signore, è il più elevato. La Sri Isopanisad ci guida verso questa perfezione.

MANTRA 16

pusann ekarse yama súrya pràjàpatya

vyúha rasmin samúha

tejo yat te rúpam kalyàna-tamam tat te pasyàmi yo ‘sàv asau purusah so ‘ham asmi

pusan: o Tu che mantieni; eka-rse: il filosofo originale; yama: il principio regolatore; súrya: la meta dei súri (i gran­di devoti); pràjàpatya: il benefattore dei Prajàpati (gli an­tenati dell’umanità); vyúha: gentilmente rimuovi; rasmin: i raggi; samúha: gentilmente ritira; tejah: sfolgorio; yat: af­finché; te: Tua; rúpam: forma; kalyàna-tamam: di ottimo auspicio; tat: quello; te: Tuo; pasyàmi: possa vedere; yah: colui che è; asau: come il sole; asau: quello; purusah: la Per­sonalità di Dio; sah: io stesso; aham: io; asmi: sono.

TRADUZIONE

O mio Signore, o filosofo primordiale, sostegno dell’uni­verso e principio ordinatore, Tu che sei la destinazione e il benefattore degli antenati dell’umanità, rimuovi, Ti prego, la radiosità dei Tuoi raggi trascendentali affinché io possa vedere la Tua forma di felicità. Tu sei Dio, la Persona Supre­ma ed eterna, simile al sole come anch’io lo sono.

SPIEGAZIONE

Come il sole e i suoi raggi sono qualitativamente uguali, analogamente anche il Signore e gli esseri viventi si equivalgono in qualità. Il Sole è uno, ma le molecole dei suoi raggi sono innumerevoli; sia l’uno sia l’altro sono il Sole, ma il Sole è la sorgente mentre i raggi sono l’emanazione di questa sorgente, e insieme costituiscono il Sole nella sua completezza. Come il deva del Sole regna sul suo pianeta, così il Signore eterno regna su Goloka Vrndàvana, il pianeta spirituale per eccellenza, da cui emana la radiosità del brah­majyoti. Là il Signore gode dei Suoi divertimenti eterni come testimonia la Brahma-samitha (5.29):

cintàmani prakara-sadmasu kalpa vrksa­-

laksàvrtesu surabhir abhipàlayantam

laksmi-sahasra-sata-sambhrama-sevyamànam

govindam àdi purusam tam aham bhajàmi

“Adoro il Signore primordiale, il primo tra i progenitori che porta le mucche al pascolo e soddisfa tutti i desideri in dimore piene di gemme spirituali e circondate da milioni di alberi dei desideri. Egli è sempre servito con grande reverenza e affetto da centinaia e migliaia di Laksmi, le dee della fortuna”.

Oltre alla dimora spirituale del Signore, la Brahma­ samhita descrive il brahmajyoti, che è lo sfolgorio emanan­te dal pianeta supremo, Goloka Vrndavana, proprio come i raggi del Sole emanano dal globo solare. Senza aver superato lo sfolgorio del brahmajyoti, non è possibile ricevere infor­mazioni sulla terra del Signore. I filosofi impersonalisti, accecati dal fulgore del brahmajyoti, non possono realizza­re né l’effettiva dimora del Signore né la Sua forma trascen­dentale. Limitati nella conoscenza, i filosofi impersonalisti non possono comprendere la forma trascendentale di Krsna satura di eternità e felicità. In questa preghiera la Sri Iso­panisad stessa chiede al Signore di rimuovere gli sfolgoranti raggi in modo che il puro devoto possa vedere la Sua eterna e felice forma trascendentale. Realizzando il brahmajyoti impersonale, si sperimenta l’aspetto propizio del Signore e realizzando il Paramatma, ossia l’aspetto onnipervadente del Supremo, si riceve un’illuminazione ancora più propizia, ma incontrando faccia a faccia Dio Stesso, la Persona Supre­ma, il devoto sperimenta l’aspetto perfettamente propizio del Supremo. Da questo Mantra possiamo dedurre che la Verità Assoluta, Dio, non può essere impersonale. Infatti vediamo qui che Egli è definito “filosofo primordiale, so­stegno e benefattore dell’universo”. Questo è il verdetto della Sri Isopanisad. Il termine púsan (sostenitore) è molto significativo perché, sebbene mantenga tutti gli esseri viventi, Egli ha cura in modo specifico dei Suoi devoti. Dopo aver superato il brahmajyoti impersonale, dopo aver contempla­to l’aspetto personale del Signore e la Sua forma eterna e veramente propizia, il devoto realizza la Verità Assoluta nella Sua pienezza.

Nel suo Bhagavat-sandarbha, Srila Jiva Gosvami affer­ma: “Il concetto completo della Verità Assoluta si realizza nella Personalità Suprema di Dio perché Egli è onnipotente, ed è dotato di potenze trascendentali nella loro pienezza. La piena potenza della Verità Assoluta non è realizzata nel brahmajyoti; perciò la realizzazione del Brahman è una realizzazione parziale della Personalità di Dio. O saggi esperti, la prima sillaba della parola bhagavan (bha) ha due signifi­cati: il primo è “colui che mantiene pienamente”, e il secondo è “guardiano”. La seconda sillaba (ga) significa “guida”, “capo” oppure “creatore”. La sillaba van indica che ogni essere vive in Lui e anche che Egli vive in ogni essere. In altre parole il suono trascendentale “Bhagavan” esprime infinita conoscen­za, potenza, energia, opulenza, forza e influenza – libere dalla benché minima sfumatura di intossicazione materiale.

Il Signore mantiene pienamente i Suoi devoti puri e li guida progressivamente sulla via della perfezione devozio­nale. Come guida dei Suoi devoti Egli in definitiva concede loro i risultati desiderati del servizio devozionale e Si dà completamente a loro. I devoti del Signore vedono il Signore faccia a faccia grazie alla Sua misericordia senza causa; il Signore quindi aiuta i Suoi devoti a raggiungere Goloka Vrndavana, il pianeta spirituale supremo. Essendo il creatore, Egli può concedere tutte le qualità necessarie ai Suoi devoti in modo che alla fine essi possano raggiungerLo. Egli è la causa di tutte le cause. In altre parole, poiché non esiste alcunché che abbia dato origine a Lui, ne consegue che Egli è la causa originale. Egli quindi gode nel Suo proprio Sé, manifestando la Sua potenza interna. La potenza esterna non è esattamente manifestata da Lui perché Egli Si espande nei purusa, ed è in queste Sue forme che Egli mantiene gli aspetti della Sua manifestazione materiale. Mediante le Sue espansioni Egli crea, mantiene e annienta la manifesta­zione cosmica.

Gli esseri viventi sono anch’essi espansioni differenziate del Sé del Signore, e poiché alcuni desiderano essere si­gnori e imitare il Signore Supremo, Egli concede loro di entrare nella manifestazione cosmica con la possibilità di utilizzare pienamente la loro propensione a dominare la na­tura. A causa della presenza di questi frammenti, cioè gli esseri viventi, l’intero mondo fenomenico è agitato dall’azio­ne e dalla reazione. Gli esseri viventi quindi ricevono molte facilitazioni per dominare la natura materiale, ma alla fine il controllore resta il Signore Stesso nel Suo aspetto plenario di Paramatma, l’Anima Suprema, che è uno dei purusa.

C’è quindi una differenza abissale tra l’essere vivente (atma) e il Signore che controlla (Paramatma), tra l’anima e l’Anima Suprema. Il Paramatma è il controllore e l’anima è controllata. Esse perciò appartengono a due categorie dif­ferenti. Grazie alla piena cooperazione del Paramatma con l‘atma Egli è conosciuto come il compagno costante dell’es­sere vivente.

L’aspetto onnipervadente del Signore – che esiste in ogni circostanza di veglia e di sonno, come anche negli stati potenziali dai quali la forza vivente (jiva-sakti) è generata nella forma di anime condizionate e di anime liberate – è noto come Brahman. Poiché è l’origine sia del Brahman sia del Paramatma, il Signore è l’origine di tutti gli esseri viventi e di tutto ciò che esiste. Chi è consapevole di ciò s’impegna subito nel servizio devozionale del Signore. Tale devoto del Signore pienamente puro ed esperto, è attaccato a Lui con tutta l’anima e tutte le volte che un devoto si associa con devoti come questi, essi riconoscono come loro unico impe­gno quello di glorificare le attività trascendentali del Signo­re. Coloro che non hanno ancora raggiunto la perfezione di puri devoti – avendo realizzato solo gli aspetti Brahman e Paramatma del Signore – non riescono ad apprezzare le attività dei devoti perfetti. Il Signore aiuta sempre i puri devoti impartendo loro la conoscenza necessaria nel cuore e, grazie a questo speciale favore, dissipa tutta l’oscurità dell’ignoranza. I filosofi speculativi e gli yogi non possono nemmeno immaginarLo perché il loro progresso dipende più o meno dai loro poteri personali. Com’è affermato nella Katha Upanisad (1.2.23), il Signore può essere conosciuto soltanto da coloro che Egli favorisce e da nessun altro. Tali favori speciali sono concessi ai Suoi puri devoti soltanto. La Sri Isopanisad quindi mette in evidenza il favore del Signo­re, che è al di là dei limiti del brahmajyoti.

MANTRA 17

vàyur anilan amrtam

athedam bhasmàntam sariram

om krato smara krtam smara

krato smara krtam smara

vàyuh: soffio vitale; anilam: totalità dell’aria; amrtam: in­distruttibile; atha: ora; idam: questo; bhasmàntam: dopo essere stato ridotto in cenere; sariram: corpo; om: o Signo­re; krato: o beneficiario di tutti i sacrifici; smara: Ti prego, ricorda; krtam: tutto ciò che ho fatto; smara: Ti prego, ri­corda; krato: o beneficiario supremo; smara: Ti prego, ri­corda; krtam: tutto ciò che ho fatto per Te; smara: Ti pre­go, ricorda.

TRADUZIONE

Possa questo corpo temporaneo essere ridotto in cenere e possa il suo soffio vitale fondersi nella totalità dell’aria. Ora, Ti prego Signore, ricorda tutti i miei sacrifici, e poiché Tu sei il beneficiario supremo, non dimenticare tutto ciò che ho fatto per Te.

SPIEGAZIONE

Il corpo materiale è temporaneo ed è senza dubbio qualcosa di estraneo a noi. La Bhagavad-gita (2.20) afferma chiaramente che l’essere sopravvive alla distruzione del corpo materiale e non perde mai la sua identità. L’identità dell’essere vivente non è mai impersonale o priva di forma; al contrario è il vestito materiale che non ha una forma in sé e assume le fattezze della persona indistruttibile. Nessun essere vivente è originariamente privo di forma come so­stengono erroneamente coloro che sono dotati di scarsa conoscenza. Questo Mantra conferma che l’essere vivente esiste dopo la distruzione del corpo materiale.

Nel mondo materiale la natura materiale esibisce mera­vigliose opere creando per gli esseri viventi la varietà dei corpi secondo le diverse attitudini individuali per la grati­ficazione dei sensi. Chi desidera mangiare gli escrementi otterrà un corpo appropriato, come quello di un maiale, e chi ama nutrirsi di sangue e di carne assumerà un corpo di tigre fornito di denti adatti ed artigli. Ma l’essere umano, anche allo stato primitivo, non ha alcun desiderio di nutrirsi di escrementi o di carne. I denti dell’uomo sono fatti per mordere e masticare frutti e verdure, ad eccezione dei due canini che permettono a chi lo desidera di mangiare la carne.

In ogni caso i corpi materiali di uomini e animali sono estranei agli esseri viventi. Secondo il desiderio dell’essere vivente per la gratificazione dei sensi i corpi cambiano. Nel ciclo evolutivo gli esseri viventi trasmigrano da un corpo all’altro. Quando il mondo era sommerso dall’acqua, essi assunsero forme acquatiche, passarono poi alle forme di vita vegetale, poi dai vegetali ai rettili, dai rettili agli uccelli, dagli uccelli alle forme animali, per ottenere infine una forma umana. La più alta forma di vita è quella umana, quando è dotata della piena sensibilità per la conoscenza spirituale. Lo sviluppo più alto di sensibilità spirituale è descritto in questo Mantra. Si deve abbandonare il corpo materiale, che si trasforma in cenere, e permettere all’aria vitale di immer­gersi nell’eterna riserva d’aria. Le attività degli esseri viventi sono compiute all’interno del corpo mediante i movimenti delle diverse arie note col nome generico di pràna-vàyu. Gli yogi, generalmente studiano il modo di controllare le arie del corpo. Si suppone che l’anima si innalzi da un circolo d’aria all’altro finché sale al brahma-randhra, il circolo più elevato. Da questo punto lo yogi perfetto può trasferirsi a suo piacimento in qualsiasi pianeta. Il metodo consiste nel­l’abbandonare un corpo materiale per entrare in un altro corpo. Ma la più alta perfezione di questi cambiamenti si verifica soltanto quando l’essere vivente è in grado di abbandonare completamente il corpo materiale, com’è suggerito da questo Mantra, per entrare nell’atmosfera spirituale, dov’è possibile sviluppare una forma corporea completa­mente differente – un corpo spirituale che non dovrà sottostare alla morte e al cambiamento.

Qui, nel mondo materiale, la natura costringe l’essere vivente a cambiare corpo a causa dei differenti desideri che si sono sviluppati per la gratificazione dei sensi. Questi de­sideri sono presenti nelle varie specie di vita, dal corpo di un germe ai corpi materiali più perfetti, i corpi di Brahma e degli esseri celesti. Tutti questi esseri viventi hanno corpi di materia in forme differenti. L’uomo intelligente vede l’ele­mento unificante non nella varietà, ma nell’identità spiritua­le. La scintilla spirituale, che è un frammento infinitesimale del Signore Supremo, è la stessa sia nel corpo di un maiale sia in un corpo di essere celeste. L’essere vivente assume corpi differenti sulla base delle attività compiute, attività pie o attività colpevoli. Il corpo umano è assai evoluto ed è dotato di completa coscienza. Secondo la Bhagavad-gita (7.19) l’uomo più perfetto si arrende al Signore dopo aver coltivato la conoscenza per molte, molte vite. Coltivando la conoscenza si raggiunge la perfezione solo quando colui che conosce arriva al punto di arrendersi al Signore Supremo, Vasudeva. Altrimenti, anche dopo aver raggiunto la conoscenza della propria identità spirituale, se non si arriva a capire che gli esseri viventi sono frammenti eterni del tutto e che non possono diventare il tutto, si finisce col cadere nuovamente nell’atmosfera materiale. In realtà si è destinati a cadere anche se si è ottenuto il traguardo di fondersi nel brahmajyoti.

Come abbiamo compreso dai precedenti Mantra, il brahmajyoti che emana dal corpo trascendentale del Signore è pieno di scintille spirituali che sono entità individuali do­tate del pieno senso della loro esistenza. Talvolta esse vogliono godere dei sensi e per questa ragione vengono trasferite nel mondo materiale per diventare falsi padroni soggetti all’autorità dei sensi. Il desiderio di dominio è la malattia materiale dell’essere vivente; infatti sotto l’incantesimo dei piacere dei sensi ha inizio la trasmigrazione nei vari corpi manifestati nel mondo materiale. Fondersi nel brahmajyoti non significa acquisire una conoscenza matura; solo arren­dendosi completamente al Signore, e sviluppando il senti­mento del servizio spirituale, si raggiunge lo stadio più alto di perfezione.

In questo Mantra l’essere vivente prega di entrare nel regno spirituale di Dio dopo aver lasciato il corpo di materia e il soffio vitale. Il devoto prega il Signore di ricordare le sue attività e i sacrifici da lui compiuti prima che il suo corpo si trasformi in cenere. Egli offre questa preghiera al momen­to della morte con piena coscienza delle sue attività passate e della meta suprema. Chi è completamente soggetto al dominio della natura materiale ricorda le attività nefande compiute durante la sua esistenza nel corpo materiale e ri­ceve un altro corpo materiale dopo la morte. La Bhagavad­-gita conferma questa verità:

yam yam vàpi smaran bhàvam

tyajaty ante kalevaram

tam tam evaiti kaunteya

sada tad-bhàva-bhàvitah

“Senza dubbio sono i ricordi che si hanno all’istante della morte che determinano la condizione futura dell’essere, o figlio di Kunti”. La mente quindi trasferisce le tendenze dell’essere vivente nella sua vita successiva.

Diversamente da quanto accade per gli animali, che non hanno la mente sviluppata, l’essere umano al momento della morte può ricordare le attività della sua vita come nei sogni notturni; per questa ragione la sua mente rimane sovracca­rica di desideri materiali e per conseguenza non può entra­re nel regno spirituale con un corpo spirituale. I devoti, in­vece, sviluppano un sentimento di amore per Dio con la pratica del servizio devozionale offerto al Signore. Anche se al momento della morte il devoto non ricorda il suo ser­vizio al Signore, il Signore non lo dimenticherà. Questa preghiera ha il fine di ricordare al Signore i sacrifici del devoto, ma anche se questo ricordo non è presente, il Signore non dimenticherà il servizio che il Suo puro devoto Gli ha reso.

II Signore descrive chiaramente la Sua relazione intima coi Suoi devoti nella Bhagavad-gita (9.30-34): “Anche se commettesse gli atti peggiori, colui che è impegnato nel ser­vizio di devozione deve essere considerato un santo perché è situato sulla via perfetta. Rapidamente si corregge e ottiene una pace duratura. Proclamalo pure con forza, o figlio di Kunti, il Mio devoto non perirà mai. O figlio di Prtha, coloro che prendono rifugio in Me, anche se sono di bassa nascita – donne, vaisya o sudra – possono raggiungere la destina­zione suprema. Che dire allora dei brahmana, dei giusti, dei devoti e dei re santi che in questo mondo temporaneo e pieno di sofferenza Mi servono con amore e devozione? Pensa sempre a Me, diventa Mio devoto, offrimi i Tuoi omaggi e adorami. Perfettamente assorto in Me, certamen­te Mi raggiungerai”.

Srila Bhaktivinoda Thakura spiega questi versi nel modo seguente: “Si dovrebbe pensare che un devoto di Krsna è situato sulla giusta via dei santi, sebbene questa persona possa sembrare un su-duracara, “una persona dal carattere debole”. Si dovrebbe capire il vero significato del termine su-duracara. Un’anima condizionata deve agire su due binari – cioè per il mantenimento del corpo e per la realizzazione spirituale. Lo stato sociale, lo sviluppo mentale, la pulizia, l’austerità, il nutrimento e la lotta per l’esistenza sono tutte destinate al mantenimento del corpo. La parte delle pro­prie attività destinata alla realizzazione spirituale è compiuta nel corso della propria occupazione come devoto del Signo­re, e si compiono attività anche in quel contesto. Si devono compiere parallelamente queste due differenti funzioni perché un’anima condizionata non può tralasciare il man­tenimento del corpo. Comunque, in proporzione alla crescita del servizio devozionale, le attività per il mantenimen­to del corpo diminuiscono. Finché la proporzione del ser­vizio devozionale non arriva al punto giusto è possibile un’occasionale esibizione di mondanità. Ma si deve notare che tale esibizione non può durare a lungo perché, per la grazia del Signore, tali imperfezioni arriveranno in breve tempo alla fine. Perciò la via del servizio devozionale è la sola via giusta. Se ci si trova su quella via, anche un occasio­nale verificarsi di qualche atteggiamento mondano non cre­erà ostacoli nell’avanzamento della realizzazione spiritua­le”.

Le facilitazioni del servizio devozionale sono negate agli impersonalisti perché essi sono attratti dall’aspetto brah­majyoti del Signore. Essi si dedicano maggiormente alla speculazione mentale e ai giochi di parole. Per conseguenza gli impersonalisti compiono una fatica inutile, com’è con­fermato nel quinto verso del dodicesimo capitolo della Bhagavad-gita.

Tutte le facilitazioni suggerite in questo Mantra possono essere facilmente ottenute nel costante contatto con l’aspet­to personale della Verità Assoluta. Il servizio devozionale offerto al Signore consiste essenzialmente di nove attività trascendentali:

1) ascoltare le glorie del Signore;

2) glorificare il Signore;

3) ricordarsi del Signore;

4) servire i piedi di loto del Signore;

5) adorare il Signore;

6) offrire preghiere al Signore;

7) servire il Signore;

8) legarsi d’amicizia col Signore;

9) abbandonarsi totalmente al Signore.

Prese singolarmente o nel loro insieme, questi nove princìpi aiutano il devoto a rimanere sempre in contatto col Signore, in modo che al momento della morte gli sia facile ricordarsi di Lui. Molti grandi devoti raggiunsero la perfe­zione più alta mettendo in pratica anche uno solo di questi princìpi:

1) Maharaja Pariksit, l’eroe dello Srimad-Bhagavatam, ascoltando le glorie del Signore;

2) Sukadeva Gosvami, il narratore dello Srimad-Bhagavatam, glorificando il Signore;

3) Akrura, pregando il Signore;

4) Prahlada Maharaja, ricordandosi sempre del Signore;

5) Laksmi, la dea della fortuna, servendo i piedi di loto del Signore;

6) Prthu Maharaja, adorando il Signore;

7) Hanuman, offrendo un servizio personale al Signore;

8) Arjuna, legandosi d’amicizia col Signore;

9) Bali Maharaja, abbandonando tutto ciò che aveva al Signore.

La spiegazione di questo Mantra, come del resto di quasi tutti i mantra degli inni vedici, è sintetizzata nel Vedanta-­sutra e adeguatamente commentata nello Srimad-Bhagavatam. Lo Srimad-Bhagavatam è il frutto maturo dell’albero della conoscenza vedica. Il significato di questo particolare mantra dello Srimad-Bhagavatam emerge dal dialogo in forma di domande e risposte tra Maharaja Pariksit e Sukadeva Gosvami, proprio all’inizio del loro incontro. Ascolta­re e cantare la scienza di Dio è il principio fondamentale della vita devozionale. L’intero Bhagavatam fu ascoltato da Maharaja Pariksit e cantato da Sukadeva Gosvami. Maharaja Pariksit interrogò Sukadeva Gosvami perché Sukadeva era un maestro spirituale più grande di qualsiasi altro yogi o trascendentalista del suo tempo.

La domanda principale di Maharaja Pariksit fu: “Qual è il dovere di ogni uomo, in particolare al momento della morte?” Sukadeva Gosvami rispose:

tasmàd bhàrata sarvàtma

bhagavan isvaro harih

srotavyah kirtitavyas ca

smartavyas cecchatàbhayam

“O discendente di Bharata, colui che desidera liberarsi da ogni sofferenza deve ascoltare ciò che riguarda il Signore, glorificarLo e ricordarsi di Lui, che è l’Anima Suprema, Colui che tutto controlla e che ci libera da ogni sofferenza”. (S.B. 2.1.5)

La cosiddetta società umana generalmente si impegna a dormire ed avere rapporti sessuali durante la notte, e di giorno occupa il tempo a guadagnare quanto più danaro è possibile e a spenderlo in acquisti per il mantenimento del­la famiglia. Ben poco tempo resta per parlare di Dio o per informarsi su di Lui. Tuttavia nella letteratura vedica – le Upanisad, il Vedànta-sútra, la Bhagavad-gita e lo Srimad­-Bhagavatam – è dichiarato che il Signore è un essere senziente ed è il Supremo. Le Sue gloriose attività e Lui Stesso si equivalgono. Non si dovrebbe quindi indulgere nel parlare di attività inutili come quelle dei politici di questo mondo o di grandi personalità sociali; dovremmo invece modellare la nostra vita in modo da poterci impegnare in attività divine, senza sprecare un momento.

Se non ci abituiamo alla pratica devozionale, che cosa ricorderemo al momento della morte, quando le funzioni del corpo saranno sconvolte? Come potremo pregare il Si­gnore affinché Si ricordi dei nostri sacrifici? Sacrificio signi­fica negazione dell’interesse dei sensi. Si deve apprendere l’arte di impiegare i sensi al servizio del Signore durante tutto il corso della vita. I risultati di tale pratica possono essere utilizzati al momento della morte.

MANTRA 18

agne naya supathàràye asmàn

visvàni deva vayunàni vidvàn

yuyodhy asmaj juhurànam eno

bhúyistham te nama-uktim vidhema

agne: o mio Signore, potente come il fuoco; naya: gentil­mente conduci; supathà: sul giusto cammino; ràye: per rag­giungerTi; asmàn: noi; visvàni: tutte; deva: o mio Signore; vayunàni: le azioni; vidvàn: Colui che conosce; yuyodhi: gentilmente rimuovi; asmat: da noi; juhurànam: tutti gli osta­coli sulla via; enah: tutti i vizi; bhúyisthàm: molto numero­si; te: a Te; namah-uktim: parole di omaggio; vidhema: of­fro.

TRADUZIONE

O mio Signore onnipotente, Tu che sei come il fuoco, mi prosterno ai Tuoi piedi e Ti offro i miei omaggi. Signore, Tu che conosci le mie azioni passate, guidami Ti prego, sul sentiero che conduce a Te e liberami dalle conseguenze delle mie azioni affinché il mio progresso non incontri ostacoli.

SPIEGAZIONE

L’appello alla misericordia assoluta del Signore e la pra­tica del bhakti-yoga conducono progressivamente il devoto verso l’abbandono totale al Signore e verso la piena realiz­zazione della sua identità spirituale. Il Signore è paragona­to qui al fuoco perché può ridurre tutto in cenere, comprese le colpe di chi si abbandona a Lui. Com’è stato affermato nei Mantra precedenti, il vero supremo aspetto dell’Assoluto è quello della Persona Suprema, mentre il Suo aspetto impersonale, il brahmajyoti, è solo la radiosità abbagliante che vela il Suo vero volto. Le attività interessate, ossia il sentiero di realizzazione del karma-kanda, è il grado più basso in questo raggiungimento. Non appena queste attività deviano anche solo leggermente dai princìpi regolatori dei Veda, si trasformano in vikarma, ossia azioni contrarie all’interesse di colui che le compie. Questo vikarma è com­piuto dall’essere vivente illuso solo per la gratificazione dei sensi, e quindi queste attività diventano ostacoli sul sentie­ro della realizzazione spirituale.

La realizzazione spirituale è possibile nella forma di vita umana, ma non in altre forme. Esistono 8.400.000 specie viventi, ma tra queste soltanto la forma umana, quando è qualificata dalla cultura brahminica, conosce la via della realizzazione spirituale e può raggiungere la Trascendenza. L’educazione brahminica ha lo scopo di sviluppare nell’uo­mo le qualità del brahmana: veridicità, semplicità, control­lo di sé, pazienza, conoscenza e piena fede in Dio. Come il fatto di essere nato come figlio di un uomo ricco offre l’op­portunità di diventare un uomo ricco, così nascere come figlio di un brahmana dà l’opportunità di diventare un brahmana. Ma tale nascita non è tutto perché si devono ottenere le qualità brahminiche a livello individuale. Appe­na ci si inorgoglisce della propria nascita in quanto figlio di un brahmana, si trascura l’acquisizione delle vere qualità di un brahmana; così, subito ci si degrada e ci si allontana dal sentiero della realizzazione spirituale. In questo modo la missione della propria vita di essere umano va perduta.

Nella Bhagavad-gita (6.41-42) il Signore ci assicura che gli yoga-bhrasta (coloro che deviano dal sentiero della rea­lizzazione spirituale) riceveranno l’opportunità di nascere in una famiglia di veri brahmana o in una famiglia di ricchi mercanti. Tale nascita offre un’ulteriore opportunità per la realizzazione spirituale. Ma se, a causa dell’illusione, si perde questa occasione concessa dal Signore, la preziosa vita umana sarà nuovamente sprecata.

I princìpi regolatori prescritti nei Veda sono tali da permettere agli uomini che li seguono di elevarsi dal livello delle attività interessate al livello della conoscenza spirituale.

Dopo moltissime vite trascorse a coltivare la conoscenza trascendentale si ottiene la perfezione e ci si abbandona completamente al Signore. Ma quando ci si arrende fin dal­l’inizio, secondo la raccomandazione di questo Mantra, si completano subito gli stadi preliminari, semplicemente adottando l’attitudine devozionale. Com’è detto nella Bhagavad-gita (18.66), il Signore Si prende immediatamen­te cura di queste anime arrese e le libera da tutte le conse­guenze dei loro peccati. Chi segue la via del karma-kanda rischia di essere coinvolto nelle reazioni di queste attività, chi segue la via del jnana-kanda, il sentiero dell’evoluzione filosofica, sarà soggetto a un numero inferiore di atti colpe­voli; ma chi si trova sulla via della bhakti è libero dal peri­colo di reazioni colpevoli. Chi è devoto del Signore ottiene tutte le qualità del Signore stesso, che dire delle qualità brahminiche. Un devoto può raggiungere automaticamen­te le qualità di un brahmana esperto, autorizzato a compie­re i sacrifici, anche se non è nato in una famiglia di brahmana. Tale è l’onnipotenza del Signore. Egli può trasformare un uomo nato in una famiglia di brahmana nel più basso tra i mangiatori di cani e può anche trasformare il più basso tra i mangiatori di cani in un brahmana qualificato solo con la potenza del sevizio devozionale.

Poiché è situato nel cuore di ogni essere, il Signore onni­potente può dare ai Suoi devoti sinceri le direttive, grazie alle quali essi possono trovare il giusto sentiero. Tali direttive sono offerte soprattutto al devoto, anche se egli nutre anco­ra qualche desiderio materiale. Per quanto riguarda gli altri esseri, Dio concede loro di usare la loro limitata indipenden­za, ma sempre a loro rischio e pericolo. Quando si tratta di un devoto, invece, il Signore lo dirige in modo tale che egli non possa agire in modo errato. Nello Srimad-Bhagavatam (11.5.42) è affermato:

sva pàda-múlam bhajatah priyasya

tyaktànya-bhàvasya harih paresah

vikarma yac cotpatitam kathancid

dhunoti sarvam hrdi sannivistah

“Il Signore è così gentile col devoto completamente arreso ai Suoi piedi di loto che sebbene egli talvolta cada impigliandosi nel vikarma – agendo cioè in contrasto con le direttive dei Veda – il Signore subito corregge i Suoi errori dall’in­terno del cuore. La ragione di ciò è che i devoti sono molto cari al Signore”.

In questo Mantra della Sri Isopanisad il bhakta chiede al Signore di purificarlo dall’interno del cuore. Errare, come si dice, è umano. L’essere condizionato è molto spesso incline a commettere errori anche senza volerlo, e l’unica misura da adottare contro queste colpe non intenzionali consiste nell’abbandonarsi completamente ai piedi di loto del Signo­re; solo Lui può guidarci in modo da farci evitare queste trappole. II Signore Si incarica fino in fondo delle Sue ani­me arrese. In altre parole, tutti i problemi dell’esistenza si risolvono quando ci abbandoniamo al Signore e ci compor­tiamo secondo le Sue istruzioni. Sri Krsna guida i bhakta sinceri in due modi: attraverso i saggi, le Scritture e il maestro spirituale, ma anche in modo più diretto, guidandoli attra­verso il cuore dove il Signore Stesso risiede. Così, illumina­to dalla conoscenza vedica, il devoto non ha più niente da temere.

La conoscenza vedica è trascendentale e nessun metodo educativo materiale può farcela acquisire. Soltanto per la grazia del Signore e del maestro spirituale i mantra vedici possono essere compresi (yasya deve para bhaktir yathà deve tathà gurau). Chi ha preso rifugio in un maestro spirituale autentico ha ricevuto la grazia del Signore. Infatti il Signore appare al Suo devoto nella forma del maestro spirituale. Perciò il maestro spirituale, le ingiunzioni vediche e il Si­gnore Stesso dall’interno – tutti guidano il devoto a forze riunite. Così non esiste per il devoto il pericolo di cadere nuovamente nell’illusione materiale. Il devoto, protetto da ogni parte, è sicuro di raggiungere la suprema destinazione della perfezione. L’intero metodo è suggerito in questo Mantra, e lo Srimad-Bhagavatam (1.2.17-20) lo spiega ulte­riormente.

L’ascolto e il canto delle glorie del Signore costituisce in se stesso un atto virtuoso. Il Signore vuole che tutti ascolti­no le Sue glorie perché è il benefattore di tutti gli esseri viventi. Ascoltando e cantando le glorie del Signore ci si purifica da ogni cosa indesiderabile e la devozione al Signore si stabilizza definitivamente. A questo stadio il devoto ac­quisisce le qualità brahminiche e gli effetti delle influenze più basse della natura (passione e ignoranza) si dileguano completamente. I devoti diventano pienamente illuminati in virtù del proprio servizio devozionale, e vengono a cono­scenza della via che porta al Signore e del modo di raggiungerLo. Tutti i dubbi svaniscono e così essi ottengo­no la devozione pura.

Così terminano i commenti di A. C. Bhaktivedanta Swa­mi Prabhupada alla Sri Isopanisad, la conoscenza che ci av­vicina a Krsna, Dio, la Persona Suprema.