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ANARTHA


 

ANARTHA, ostacoli nel servizio devozionale
Lezione sullo Srimad-Bhagavatam Primo Canto Capitolo 2 verso 18
di SRILA VALIHARA PRABHU
24 e 31 maggio 2020
nasta prayesv abhadresu
nityam bhagavata-sevaya
bhagavaty uttama-sloke
bhaktir bhavati naisthiki
TRADUZIONE
Ascoltando regolarmente lo Srimad-Bhagavatam e servendo i puri devoti del
Signore, tutto ciò che turba il cuore è completamente distrutto, e il servizio
d’amore al Signore Supremo, glorificato con inni trascendentali, vi si stabilisce in
modo irrevocabile (SB 1.2.18)
Questo verso è l’inizio di una serie di sloka del Bhagavatam molto importanti, che
bisognerebbe imparare a memoria, descrive gli effetti che la pratica della bhakti ha
sull’anima condizionata, su ognuno di noi, fino ai livelli più alti di realizzazione
spirituale. Se noi analizziamo attentamente la spiegazione, Prabhupada ci dice:
“Ecco il modo per eliminare dal cuore tutti gli elementi sfavorevoli, che sono di
ostacolo sul sentiero della realizzazione spirituale: rimanere a contatto con i
bhagavata”. Quali sono gli ostacoli nel servizio devozionale? Quelli che vengono
chiamati anartha, ostacoli materiali che impediscono l’avanzamento spirituale.
Anartha è composto da una parola e da una negazione: artha vuol dire valore, cose
che hanno valore, elementi che sono necessari e ana è una particella negativa che
significa non, quindi anartha sono tutti quegli elementi che non hanno alcun
valore, che tolgono, negano valore, non necessari
, in sostanza sono tutti quegli
elementi negativi che albergano nel nostro cuore, che vengono dalla nostra
identificazione con questo corpo materiale. Nel momento in cui abbiamo deciso di
entrare in questa atmosfera materiale, ci siamo identificati con gli elementi
materiali, abbiamo accettato un corpo e lì sono nati tutta una serie di elementi che
vengono definiti anartha, che sono parte dell’avidya, dell’ignoranza, di maya.
Quando noi siamo in maya siamo soggetti all’avidya, all’ignoranza, dimentichiamo
quindi la nostra reale identità e cerchiamo di provare felicità, perché noi per natura
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siamo fatti per la felicità. Come i Veda dicono: “Voi venite dal nettare e ritornate al
nettare”, nel senso che siamo, per natura, pieni di felicità, ma nel momento in cui
entriamo in contatto con l’energia materiale, con l’ignoranza, ci identifichiamo con
questo corpo, e quindi poi la gioia la cerchiamo non più nella nostra stessa natura,
sat, cit, ananda, noi siamo pieni di eternità, conoscenza e felicità, ma nelle cose di
questo mondo materiale. Rupa Gosvami spiega i vari livelli del servizio
devozionale, citando anche anartha nivritti, diminuzione degli anartha. In che cosa
consistono questi anartha? C’è una descrizione di questi anartha fatta dai nostri
acarya precedenti anche nel Bhagavatam, lungo tutto il Bhagavatam. Se leggiamo
attentamente Srila Rupa Gosvami si può comprendere che gli anartha si possono
riassumere definendoli papa, cioè peccato, iniziando da avidya, che vuol dire
ignoranza. Quando l’entità vivente è coperta dall’ignoranza e quindi viene attratta
dall’energia materiale, si dimentica di Krishna, ecco che deve subire tutta una serie
di problematiche. Quindi c’è avidya, ignoranza, questa tendenza ad andare verso il
godimento materiale viene chiamato bija papam, seme che causerà il peccato e poi
c’è il peccato stesso. Allora avidya, bija papam, papa, quindi uno è attratto
dall’energia materiale a causa dell’ignoranza ed entra nel ciclo di nascite e morti, è
soggetto al falso ego, sviluppa desideri materiali e questo lo porta, per soddisfare i
desideri a compiere delle attività che non soddisfano la volontà del Signore
Supremo. Papa vuol dire peccato nel senso che è contrario alla volontà divina,
quindi lussuria, avidità, collera……non sono altro che nemici, elementi, semi che
poi ti portano a commettere delle attività negative. La maggioranza delle persone
fanno attività pazzesche dovuto a questo seme del peccato, alcuni arrivano anche
ad uccidere altre persone, a fare guerre, avere tutti quegli elementi, la crudeltà,
l’invidia, la collera che poi ti porta a tutta una serie di problemi, la violenza, questi
sono anartha. I nostri acarya precedenti, sempre sulla base degli sastra, hanno
definito quattro tipi di questi anartha. Il primo è hrdaya daurbalyam, che significa
debolezza di cuore (B.G. 2.3), il secondo anartha è aparadha, sono tutti quei tipi di
offese che si fanno nella pratica del servizio devozionale, poi asat trishna, sete per
ciò che non è spirituale, non è sat ma è asat, cioè, materiale, desideri materiali, per
ciò che è temporaneo e poi il quarto viene definito tattva vibrahma, illusione o
ignoranza riguardo la conoscenza spirituale, chi siamo, cosa non siamo, lo scopo
della vita spirituale. Questi anartha conducono alla schiavitù materiale sempre di
più e quindi alla sofferenza. Analizzandoli possiamo comprendere le dinamiche
degli anartha, sono così sottili, noi magari pensiamo che anartha significa solo
desideri materiali, ma c’è tutto un insieme, un coacervo di anartha nel nostro cuore
che creano tutta una serie di problemi e impediscono l’avanzamento spirituale.
Partiamo da tattva vibrahma, che vuol dire illusione relativa alla conoscenza
spirituale, quell’illusione, quell’ignoranza riguardo la tattva, la Verità Assoluta. 1) La
prima illusione è il fatto di non conoscere la nostra vera identità, tutti nel mondo
soffrono di questo anartha, nel senso che non sanno chi sono, se voi chiedete a
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qualcuno chi sei? “Sono il dottor Bianchi”, un nome a caso, questo dimostra di
essere illuso, di essere sotto questo anartha. Inoltre non sa da dove viene o qual è
lo scopo della vita, perché soffre di sva tattva brahma, il primo anartha che
riguarda l’illusione rispetto alla Verità, Sva, vuol dire che riguarda l’individuo,
l’illusione che riguarda noi stessi. Il dottor Bianchi non sa che non è quel corpo
materiale, donna, uomo, bensì è un’anima spirituale, vive in base alle necessità del
corpo e non dell’anima, infatti se chiedi a qualcuno che non ha una visione
spirituale, chi sei? Ti risponde: “Sono il corpo”, oppure “Sono la mente e il
corpo”, uno molto intelligente risponderà: “Siamo anime spirituali.” Questo
dimostra che c’è una grande confusione, una grande illusione riguardo alla nostra
vera identità. La nostra vera identità, le Scritture lo dicono: noi siamo energie
spirituali, siamo coscienze individuali, spirituali, che non hanno niente a che fare né
con la mente, né con il corpo e la vita esiste se c’è vita in noi, perché c’è la
coscienza, senza questa coscienza individuale, jiva, non ci può essere vita. Questo è
uno degli anartha frequenti che sono radicati nel nostro cuore. Chi soffre di sva
tattva brahma, cioè illusione riguardo la propria identità è confuso, non sa queste
cose e quindi è un anartha che impedisce a questa persona di comprendere chi
siamo in realtà, se stessi e gli altri. 2) Para tattva brahma, Brahma vuol dire
illusione, Para tattva significa la Verità Suprema, quindi ci si riferisce all’ignoranza,
all’illusione che riguarda la Suprema Personalità di Dio, chi è Dio, com’è fatto,
dove vive, come Si manifesta, qual è la Sua forma originale? Questa è una grande
illusione. Ci sono molti che pensano che Dio è come la figura nel meraviglioso
dipinto fatto da Michelangelo nella Cappella Sistina, un vecchio con la barba lunga,
oppure qualcuno pensa che la Suprema Persona, causa di tutte le cause è il
Brahman, qualcuno dice che Dio è Siva, oppure Allah, Dio è Geova, i vaisnava
dicono che la Suprema Personalità di Dio è Krishna Bhagavam, Narayana e così
via. Quando uno non sa veramente che la causa di tutte le cause, la Verità
Suprema è fatta in una certa maniera, consiste di elementi particolari, vuol dire che
non conosce veramente la Verità Assoluta, oppure la conosce in parte. Questa è
una grande illusione, un anartha che impedisce la vera comprensione di chi è Dio e
l’Assoluto. Gli impersonalisti dicono che l’Assoluto, Dio è solo il Brahman
impersonale, un aspetto della Verità Assoluta, in Dio c’è anche un altro aspetto, la
Sua Personalità, con una forma ben precisa, con la varietà spirituale. 3) Sadhana
brahma, l’ignoranza riguardo una pratica spirituale, relativa al processo del sadhana,
vuol dire pratica per raggiungere l’Assoluto, Dio. Ci sono tante persone le quali
pensano che attraverso lo yoga di Patanjali, attraverso altri metodi di jnana yoga, si
possa vedere l’Assoluto, Dio. Confusione riguardo il metodo per raggiungere Dio
(abhidheya), lo strumento che ci permette di entrare in piena relazione d’amore
con il Signore Supremo. Anche questa è un’illusione. Sadhana brahma vuol dire
illusione che riguarda il processo reale per raggiungere questa para tattva, questa
Realtà Suprema, cioè Dio. 4) Sadhya brahma, sadhya vuol dire lo scopo
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(prayojana), l’ultimo raggiungimento, la conclusione, quindi sadhya bhrama è
l’illusione che riguarda il processo della prema-bhakti. Ci sono persone che
pensano che amare Dio significhi distribuire cibo, vestire gli ignudi, altre pensano
che significhi qualcos’altro, oppure dicono che il supremo scopo è amare Dio, però
poi non ti sanno spiegare in che cosa consiste, perché non hanno una chiara
visione di che cos’è questo supremo e futuro raggiungimento, la conclusione, il
livello più elevato, che è l’amore per Dio, prema, amore per il Signore, sei in
relazione con l’Assoluto. Ignoranza riguardo la relazione che abbiamo con Dio, su
cosa si basa l’amore per Dio. Sadhya è il livello in cui un devoto pratica puramente
e vive puramente la relazione con Dio e quindi è arrivato alla meta, a prema-bhakti,
all’amore per Dio.
Conoscendo bene queste cose, noi possiamo vedere, sulla base dei bhakti sastra,
dove ci troviamo; per esempio quando uno ha una visione impersonale di Dio, la
sua conoscenza riguardo la Verità Assoluta, para tattva, è limitata, oppure uno
dice:” Amo Dio in questa maniera, per esempio, sadhana brahma, la pratica,
facendo del bene alle persone, dar da mangiare ai poveri è una forma di sadhana
che ti porta da Dio, ma non è così assolutamente, è un’anartha pensare così, cioè
avere questa illusione, questa ignoranza riguardo la vera pratica, il vero sadhana. E
poi anche l’amore per Dio, come si ama Dio, cosa vuol dire amare Dio? Questo è il
livello sadhya, cioè quel livello che raggiungiamo quando noi pratichiamo
adeguatamente. La conclusione finale che è l’amore per Dio, è prema bhakti, che si
manifesta in una certa maniera. Non esiste alcuna manifestazione filosofica,
religiosa che ha la capacità di descrivere in modo particolare queste cose; certe
persone hanno sempre una limitata comprensione riguardo a questa Verità, perché
soffrono di questi anartha, che riguardano la Verità, gli anartha che abbiamo
analizzato riguardano la Verità Assoluta, che è Dio.
Il secondo anartha è asat trishna. Trishna vuol dire sete, oppure bramosia, in
questo caso di ciò che non è spirituale (asat), sat riguarda lo spirito, asat ciò che va
contro lo spirito, ciò che è temporaneo, non è eterno. Nel mondo materiale sono
tutti bramosi, desiderosi di cose materiali, oggetti, corpi maschili, femminili,
progetti materiali, famiglia, figli, macchine. Anche questo anartha è diviso in
quattro parti. 1) Desiderio per gli oggetti materiali. 2) Desiderio per i piaceri
celestiali. Desiderio di andare nei pianeti superiori, a godere per migliaia di anni di
una totale felicità materiale. Oltre questo universo esistono livelli di vita superiori e
anche inferiori. Superiori sono i pianeti paradisiaci, celestiali, dove si può godere di
piaceri materiali molto elevati., dove c’è un godimento sottile, molto profondo,
non grossolano come al nostro livello. Gli esseri celesti, cioè coloro che vanno in
questi pianeti fanno una vita incredibile da un punto di vista materiale, sono esseri
bellissimi, con corpi sani, non esiste la malattia, ma esiste la morte, hanno un solo
figlio prima di lasciare il corpo, alla fine della vita hanno un figlio, lo lasciano, poi
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muoiono e ritornano sulla terra, perché sulla terra? Perché la terra si trova a livello
mediano di questo universo e di solito attraverso certe pratiche, che troviamo
anche all’interno del varnashrama-dharma attraverso atti di virtù, come dar da
mangiare alle persone che hanno bisogno, fare sacrifici agli esseri celesti, come
Indra o altri esseri celesti, servire i saggi, uno può raggiungere di nuovo i pianeti
celestiali. Lì si può vivere in maniera materiale, per lungo tempo, materialmente
con una certa soddisfazione, ma anche loro devono soffrire, perché quando
arriverà il momento in cui le reazioni alle loro attività terminano, devono ritornare
giù, devono lasciare quel luogo. Anche questo è un grande anartha, perché le
attività che tu fai per raggiungere i pianeti superiori ti allontanano dal servizio
devozionale. Gli adoratori degli esseri celesti non sono adoratori di Krishna, o di
Narayana o di Dio, la grande personalità del Signore. Sono lontani dalla bhakti,
anche se esteriormente possono magari adorare il Signore, ma questa adorazione è
soltanto uno strumento che purifica per raggiungere i pianeti superiori. Sulla terra
siamo nel regno di maya, nel regno dei tre guna, basta un errore, basta una
compagnia sbagliata, la persona, invece di andare su, può andare giù; se ti associ
con uno sotto l’influsso della passione o dell’ignoranza, anche tu sei coinvolto e
perdi la possibilità di rimanere sempre a livello della virtù. 3) Desiderio per i poteri
mistici. Ci sono diciotto poteri mistici, le cosiddette siddhi, descritti nel canto 11
dello Srimad Bhagavatam. Questi sono anartha perché anche lo stesso Patanjali
dice che quando una persona pratica la meditazione, l’ashtanga-yoga, lo yoga delle
otto anga, le otto parti, si troverà di fronte un momento in cui vedrà in sé stesso
questi poteri mistici e lì deve stare attento, perché facilmente può essere attratto da
queste cose e dimentica lo scopo supremo della vita, quello di conoscere
l’Assoluto. Quindi sono un anartha, ci portano a deviare dal vero scopo
dell’esistenza che è l’amore per Dio, quella è una meta incredibile, che non è così
facile da raggiungere. 4) Desiderio per la liberazione. Anche questo è un anartha,
moksa. I devoti non desiderano la liberazione da questo mondo materiale, perché
sanno che ovunque essi possono andare, l’importante è che ci sia la possibilità di
servire Krishna, di amare Krishna. I devoti hanno chiara la visione che i dolori, ma
anche le gioie materiali sono mandate da Dio stesso e sono degli incentivi, delle
spinte per andare avanti nel processo della devozione e quindi non chiedono niente
a Krishna. La regina Kunti diceva: “Benvenute le disgrazie perché nelle disgrazie io
posso ricordarmi di Te Signore Krishna, perché se non ho un po’ di disgrazie, la
mia mente vuole altre cose, si rivolge ad altri oggetti dei sensi”. Lei era un’anima
completamente liberata, noi non possiamo pregare così, è solo un esempio per far
capire che il devoto maturo non chiede la soluzione ai problemi del mondo
materiale, anche perché ha realizzato che sono un’illusione. Questo desiderio si
trova in quelle persone che dicono:” Che sofferenza questo mondo!” Sono coloro
che hanno una visione negativa, ma i devoti non hanno questa visione. Queste
persone cercano moksa o mukti, la liberazione dalle sofferenze di questo mondo
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materiale, perché hanno capito che questo mondo è sofferenza e allora dicono:”
Basta, fermo tutto, non faccio più niente, vado in una caverna, mangio quel poco
che posso trovare, cerco di stare lontano dai meccanismi materiali, cerco di
liberarmi del karma attraverso la rinuncia, l’austerità”.
Il terzo anartha è aparadha, sono le offese, che si dividono in nama aparadha, le
dieci offese al Santo Nome e seva aparadha, le trentadue offese nell’adempimento
del servizio al Signore Supremo. La più pericolosa è vaisnava aparadha, le offese ai
devoti, quindi dobbiamo stare molto attenti, dobbiamo essere rispettosi verso tutti
i vaisnava, quindi cercare di non offendere, non giudicare i vaisnava, non insultarli.
Sapete come si fa, se si offende un devoto? Dovreste leggere
Sri Harinama
Cintamani
,
bisogna andare dal devoto e chiedere perdono, Krishna non perdona
l’offesa ad un vaisnava. I devoti sono molto cari a Krishna, c’è una parzialità nei
confronti di chi, come le gopi, è disposto ad andare all’inferno, pur di servirlo.
Quando uno si abbandona completamente a Krishna, diventa la persona più
fortunata, Krishna non guarda neanche gli errori che qualche volta può fare in
maniera accidentale. I devoti sono i cani del Signore Supremo, quindi se siamo
completamente abbandonati a Dio, siamo come i cani, gli esseri più fedeli.
Il quarto anartha è
hrdaya daurbalyam, debolezza di cuore. 1) Attaccamento agli
oggetti non in relazione a Krishna, perché il devoto del Signore non si attacca a
cose che non hanno niente a che fare con il Signore Supremo, ma egli agisce
unicamente per soddisfare Krishna. Un devoto, con la scusa che metterà tutto al
servizio di Krishna, in realtà, potrebbe avere un attaccamento per un determinato
oggetto. Nel bhakti yoga bisogna offrire direttamente ogni cosa a Krishna, a
differenza del Karma yoga, in cui si offrono i risultati di un’attività a Krishna, ma
non direttamente a Lui. Il puro devoto dedica ventiquattro ore al giorno al servizio
di Krishna. Suddha bhakti vuol dire questo, impegnare ventiquattro ore al giorno,
tutte le nostre energie, la mente, le parole, le azioni, ogni cosa al servizio di
Krishna, non solo una parte. 2) Falsità e critica, falsità vuol dire duplicità, critica, è
tipico dei devoti che sono influenzati dalla politica, parlano in una certa maniera,
però poi nel cuore pensano diversamente, oppure ti fanno un sorriso, “che bravo
che sei”, ma poi dentro di loro, del proprio cuore c’è invidia, per esempio. È una
debolezza interiore che si trova soprattutto nei devoti neofiti. 3) Invidia, è un
sentimento che è parte del nostro essere. Quando vediamo qualcuno che ha
qualcosa di più, che può essere anche capacità devozionale, oppure una posizione,
noi sviluppiamo subito invidia. Anche questa è considerata debolezza di cuore. 4)
Il desiderio di fama, “Voglio essere considerato un devoto erudito, il migliore, tutti
mi seguono, ho tantissimi discepoli e vado in giro con i miei discepoli per mostrare
la mia grandezza, ma la grandezza non è in queste cose, la grandezza è nell’amore
per Dio, nella purezza di cuore, però purtroppo il desiderio di fama ci accompagna
sempre, finché non sradichiamo questa tendenza, non riusciremo ad essere
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completamente puri. Anche se abbiamo eliminato tutti gli altri anartha che
abbiamo descritto in precedenza, questi elementi che sono ancora più sottili dei
precedenti, distruggono la pianticella del servizio devozionale, che viene soffocata,
diciamo dalle erbacce, sono gli anartha più difficili da eliminare perché sono molto
sottili e radicati nel nostro cuore, gli altri sono più evidenti, grossolani, ma questi
talvolta sono difficili da individuare. Annaffiando la pianticella del servizio
devozionale si annaffiano anche le erbacce che sono di ostacolo sul sentiero della
realizzazione spirituale e quindi vanno estirpate.